Papa Francesco sul sagrato di San Pietro per l'udienza generale (Ansa)
Si conclude la catechesi sul Padre Nostro con la parte più impegnativa della preghiera che Gesù ha insegnato: quella che spiega come il perdono ricevuto da Dio debba essere dato anche ai fratelli. Dio, infatti, perdona sempre e perdona tutto, ma, spiega il Padre nostro, nella misura in cui, «come», noi rimettiamo ai nostri debitori. «Abbiamo visto che è proprio dell’uomo essere debitore davanti a Dio», dice Bergoglio, «La nostra vita non solo è stata voluta, ma è stata amata da Dio. Davvero non c’è spazio per la presunzione quando congiungiamo le mani per pregare. Non esistono nella Chiesa “self made man”, uomini che si sono fatti da soli. Siamo tutti debitori verso Dio e verso tante persone che ci hanno regalato condizioni di vita favorevoli. La nostra identità si costruisce a partire dal bene ricevuto. Primo la vita».
E allora quando preghiamo dobbiamo innanzitutto dire «grazie». E ricordare che «per quanto ci sforziamo, rimane sempre un debito incolmabile davanti a Dio, che mai potremo restituire: Egli ci ama infinitamente più di quanto noi lo amiamo. E poi, per quanto ci impegniamo a vivere secondo gli insegnamenti cristiani, nella nostra vita ci sarà sempre qualcosa di cui chiedere perdono: pensiamo ai giorni trascorsi pigramente, ai momenti in cui il rancore ha occupato il nostro cuore… e così via. Sono queste esperienze, purtroppo non rare, che ci fanno implorare: “Signore, Padre, rimetti a noi i nostri debiti. Rimetti a noi i nostri debiti”. Chiediamo perdono a Dio».
Ma poi, «il Dio buono ci invita a essere tutti quanti buoni. Le due parti dell’invocazione si legano insieme con una congiunzione impietosa: chiediamo al Signore di rimettere i nostri debiti, i nostri peccati come noi perdoniamo ai nostri amici, alla gente che vive con noi, ai nostri vicini, alla gente che ti ha fatto qualcosa non bella».
Tutti sappiamo che esiste il perdono dei peccati, «nulla nei Vangeli lascia sospettare che Dio non perdoni i peccati di chi è ben disposto e chiede di essere riabbracciato. Ma la grazia di Dio, così abbondante, è sempre impegnativa. Chi ha ricevuto tanto deve imparare a dare tanto e non trattenere per se, per se solo quello che ha ricevuto. Chi ha ricevuto tanto deve imparare a dare tanto». Il Papa ricorda il Vangelo di Matteo che «subito dopo averci regalato il testo del “Padre nostro”, tra le sette espressioni usate si soffermi a sottolineare proprio quella del perdono fraterno: “Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”». Il Pap ricorda un aneddoto di quando era a Buenos Aires e un suo sacerdote lo interpellò angosciato perché era andato a dare i sacramenti a un’anziana signora in punto di morte, una signora che non riusciva a pralre, ma solo ad annuire. E quando il sacerdote le chiede se si pente dei peccati, lei fa cenno di sì e quando chiede se perdona gli altri lei fa cenno di no e quel «padre era angosciato». «Io penso», dice Francesco, «ad alcune volte che ho sentito gente che ha detto: io non perdonerò mai a quella persona, quello che hanno fatto non lo perdonerò mai, ma se tu non perdoni Dio non ti perdonerà, tu chiudi la porta».
E se non ce la facciamo a perdonare, «perché perdonare è una grazia», dobbiamo cheidere al Signore di aiutarci, «di darti la forza per farcela. “Signore aiutami a perdonare».
Perché «l’Amore chiama amore, perdono chiama perdono». Ancora il Papa invita ad ascoltare la parabola che racconta Matteo del servo debitore al quale il re condona un grosso debito, ma che poi, a sua volta, non condona i pochi spiccioli che l’altro deve a lui. Il re lo fa chiamare e lo condanna. «Perché se non ti sforzi di perdonare, non verrai perdonato; se non ti sforzi di amare, nemmeno verrai amato». Francesco insiste parlando della «forza del perdono. Nella vita non tutto si risolve con la giustizia. No. Soprattutto laddove si deve mettere un argine al male, qualcuno deve amare oltre il dovuto, per ricominciare una storia di grazia. Il male conosce le sue vendette, e se non lo si interrompe rischia di dilagare soffocando il mondo intero».
Gesù ha sostituito alla «legge del taglione – quello che tu hai fatto a me, io lo restituisco a te –, la legge dell’amore: quello che Dio ha fatto a me, io lo restituisco a te!».
In questa settimana di Pasqua il Papa ricorda che «con una parola, un abbraccio, un sorriso, possiamo trasmettere agli altri ciò che abbiamo ricevuto di più prezioso. Cosa è prezioso che abbiamo ricevuto? Il perdono e che noi siamo capaci di dare agli altri il perdono».