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sabato 26 aprile 2025
 
udienza generale
 

«Che il Signore ci dia una pace duratura»

26/10/2022  Francesco prega per l'Ucraina e per la Repubblica Democratica del Congo e chiede a tutti di non smettere di pregare, anche con il rosario, perché tacciano le armi

«Assistiamo inorriditi agli eventi che continuano a insanguinare la Repubblica Democratica del Congo». Papa Francesco saluta i pellegrini di lingua italiana ricordando l’uccisione della religiosa impegnata nell’assistenza sanitaria e le violenze che da troppo tempo insanguinano la comunità cristiana. E poi chiede di non smettere di pregare per la martoriata Ucraina. «Il Signore ottenga per quella gente e per noi tutti che possiamo andare sulla strada di una pace duratura», dice sottolineando l’importanza della recita del rosario soprattutto in questo mese di ottobre.

Prima aveva esortato ad andare avanti, con coraggio, in mezzo alle tentazioni. Cercando di capire, di discernere, cosa la tristezza ci sta dicendo. Se dobbiamo rivedere la nostra vita, oppure se dobbiamo insistere. Abbiamo bisogno di una guida, della preghiera, dell’analizzare a fondo noi stessi per capire cosa il momento di desolazione, che tutti prima o poi viviamo, significa nella nostra vita. Papa Francesco, in una Roma quasi primaverile, tiene la consueta udienza del mercoledì in piazza San Pietro. Incentra la sua meditazione proprio sul tema “La materia del discernimento. La desolazione” partendo da un testo del Siracide. «Il discernimento, dice il Pontefice, «non è principalmente un procedimento logico; esso verte sulle azioni, e le azioni hanno una connotazione affettiva, che va riconosciuta, perché Dio parla al cuore». E parla anche attraverso la desolazione. Essa, come la definisce sant’Ignazio di Loyola, è «l’oscurità dell’anima, il turbamento interiore, lo stimolo verso le cose basse e terrene, l’inquietudine dovuta a diverse agitazioni e tentazioni: così l’anima s’inclina alla sfiducia, è senza speranza e senza amore, e si ritrova pigra, tiepida, triste e come separata dal suo Creatore e Signore». Non dobbiamo avere fretta di liberarci dalla desolazione, ma dobbiamo imparare a leggerla. Certo, sottolinea Francesco, nessuno vuole essere triste. Eppure questa tristezza può, per esempio, indurci al cambiamento da una vita orientata al vizio. Il cambiamento può cominciare proprio dalla desolazione, dal rimorso, cioè dalla «coscienza che morde, che non dà pace». Bergoglio cita Manzoni e il dialogo tra il cardinale Federico Borromeo e l’Innominato, nei Promessi Sposi, quando proprio la notte d’inferno di quest’ultimo gli apre la porta della conversione e della pace. «Dio tocca il cuore, ti viene qualcosa dentro, la tristezza, il rimorso per qualche cosa, è un invito a iniziare qualcosa. L’uomo di Dio sa notare in profondità ciò che si muove nel cuore», dice il Papa. Ed è importante saper leggere questi momenti. «Tutti conosciamo cosa sia la tristezza. Tutti, tutti, ma sappiamo leggerla?», si chiede il Pontefice. «Sappiamo capire cosa significa per me questa tristezza di oggi? Nel nostro tempo, essa è considerata per lo più negativamente, come un male da fuggire a tutti i costi, e invece può essere un indispensabile campanello di allarme per la vita, invitandoci a esplorare paesaggi più ricchi e fertili che la fugacità e l’evasione non consentono. San Tommaso definisce la tristezza un dolore dell’anima: come i nervi per il corpo, essa ridesta l’attenzione di fronte a un possibile pericolo, o a un bene disatteso». È indispensabile per la nostra salute, «ci protegge perché non facciamo del male a noi stessi e ad altri. Sarebbe molto più grave e pericoloso non avvertire questo sentimento e andare avanti. La tristezza delle volte lavora come un semaforo: fermati, è rosso».

A volte, però, la tristezza ci impedisce di fare del bene, ci distoglie dai nostri propositi di preghiera, «è un ostacolo con il quale il tentatore vuole scoraggiarci. In tal caso, si deve agire in maniera esattamente contraria a quanto suggerito, decisi a continuare quanto ci si era proposto di fare». Il Papa pensa alle diverse situazioni: al lavoro, allo studio, alla preghiera, a un impegno assunto. «Se li lasciassimo appena avvertiamo noia o tristezza, non concluderemmo mai nulla. È anche questa un’esperienza comune alla vita spirituale: la strada verso il bene, ricorda il Vangelo, è stretta e in salita, richiede un combattimento, un vincere sé stessi. Inizio a pregare, o mi dedico a un’opera buona e, stranamente, proprio allora mi vengono in mente cose da fare con urgenza per non pregare e per non fare cose buone. È importante, per chi vuole servire il Signore, non lasciarsi guidare dalla desolazione. “questo non ho voglia, è noioso”, stai attento». Ricorda una regola importante, quella di non fare cambiamenti mentre si è nella desolazione. «Sarà il tempo successivo, più che l’umore del momento, a mostrare la bontà o meno delle nostre scelte». È quello che fa anche Gesù quando resiste alle tentazioni. «Le situazioni di prova gli giungono da varie parti, ma sempre, trovando in Lui questa fermezza, fermezza decisa a compiere la volontà del Padre, vengono meno e cessano di ostacolare il cammino. Nella vita spirituale la prova è un momento importante». La Bibbia stessa dice che «se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione». Ci saranno ostacoli «tentazioni, momenti di tristezza. È come quando un professore esamina lo studente: se vede che conosce i punti essenziali della materia, non insiste: ha superato la prova». Se riusciamo a superare la desolazione ne usciamo con maggiore consapevolezza, più forti. E ce la possiamo fare perché, come ricorda San Paolo, «nessuno è tentato oltre le sue possibilità». E se non ce la facciamo subito, vinceremo la tentazione domani. Non bisogna «rimanere vinti per un momento di tristezza e desolazione. Andate avanti e che il Signore ti benedica in questo cammino coraggioso».

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