«Anche io mi inginocchio sulle strade del Myanmar e dico: “Cessi la violenza”. Anche io stendo la mia mano e dico: “Prevalga il dialogo. Il sangue non risolve niente, prevalga il dialogo”». Papa Francesco ricorda le tante persone «soprattutto giovani, che stanno perdendo la vita per offrire speranza al loro Paese». Una situazione «drammatica» che il Papa vive con «grande tristezza» e per la quale chiede dialogo. Al termine dell’udienza del mercoledì, tutta dedicata allo Spirito Santo, il Pontefice sente «l’esigenza» di tornare a parlare del Paese asiatico che gli sta a cuore. A invocare pace e democrazia.
Nella ricerca di pace ci sorregge lo Spirito Santo, il dono più grande che Dio ci ha fatto. «Non è uno dei tanti doni, ma il Dono fondamentale», ricorda il Papa. «Senza lo Spirito non c’è relazione con Cristo e con il Padre. Perché lo Spirito apre il nostro cuore alla presenza di Dio e lo attira in quel “vortice” di amore che è il cuore stesso di Dio». È lo Spirito che ci dà la gioia di comprendere di essere amati come figli. Lo Spirito è la nostra memoria, «ci “ricorda” Gesù e lo rende presente a noi, possiamo dire che è la nostra memoria trinitaria, è la memoria di Dio in noi e lo fa presente in noi perché non si riduca a personaggio del passato, cioè lo Spirito porta al presente Gesù nella nostra coscienza». E continua: «Se Cristo fosse solo lontano nel tempo, noi saremmo soli e smarriti nel mondo, è lo spirito che lo porta oggi, adesso, nel nostro cuore». E, invece, lo Spirito fa sì che possiamo davvero incontrare Cristo, «non ricordarlo soltanto come personaggio storico. Lui attira Cristo nei nostri cuori e fa l’incontro con Cristo. Lui non è distante, è con noi: ancora educa i suoi discepoli trasformando il loro cuore, come fece con Pietro, con Paolo, con Maria di Magdala. Ma perché è presente Gesù? Perché è lo Spirito a portarlo in noi». Una esperienza che non è solo dei mistici o dei monaci, tante persone comuni dialogano con Dio attraverso lo Spirito. «Questi testimoni umili hanno cercato Dio nel Vangelo, nell’Eucaristia ricevuta e adorata, nel volto del fratello in difficoltà, e custodiscono la sua presenza come un fuoco segreto. Il primo compito dei cristiani è proprio mantenere vivo questo fuoco, che Gesù ha portato sulla terra, e qual è questo fuoco? L’amore di Dio, lo Spirito Santo, lo Spirito Santo. Senza il fuoco dello Spirito le profezie si spengono, la tristezza soppianta la gioia, l’abitudine sostituisce l’amore, il servizio si trasforma in schiavitù».
Tante volte, ricorda papa Francesco, «succede che non preghiamo, non abbiamo voglia di pregare, non sappiamo, o preghiamo come pappagalli, con il cuore lontano. È il momento di invocare lo Spirito Santo: “Insegnami a pregare, insegnami a guardare il Padre, a guardare il Figlio, insegnami come amare e soprattutto insegnami ad avere un atteggiamento di speranza”». Dobbiamo «chiamare lo Spirito continuamente perché sia presente nella nostra vita».
Non dobbiamo dimenticarlo, conclude il Papa: «Lo Spirito è presente, è presente in noi, ascoltiamo lo Spirito, chiamiamo lo Spirito, il dono, il regalo che Dio ci ha fatto. Lo Spirito Santo, io non so com’è la tua faccia, non conosciamo, ma so che sei la forza, che sei la luce, che sei capace di farmi andare e di insegnarmi come pregare. Vieni Spirito Santo. Una bella preghiera questa: Vieni Spirito Santo».