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domenica 13 ottobre 2024
 
 

Ultimo appello per Robert

18/09/2013  Ispanico, 29 anni, il giovane Gene Garza il 19 settembre sarà il 24° “dead man walking” di quest’anno negli Stati Uniti. Un ennesimo omicidio di Stato. Un ennesimo processo con troppi dubbi e irregolarità. L’appello della Comunità di Sant’Egidio. Buone notizie invece da Pakistan e Polonia.

Robert Gene Garza è un dead man walking, un “uomo morto che cammina”, come negli Usa chiamano il condannato che percorre il corridoio per entrare nella camera della morte. La data della sua esecuzione è fissata per il 19 settembre.

Robert, ispanico, padre di due figli, si trova nel braccio della morte in Texas dal 2003
, quando venne arrestato all’età di 19 anni dopo un’indagine per la morte di sei persone. Era una storia di scontri tra bande legata al traffico di droga per cui anche altri uomini erano accusati dello stesso omicidio. Del resto, Robert è stato incriminato in base alla “Law of Parties”, secondo la quale in Texas si può essere uccisi anche solo per aver partecipato all’azione di un omicidio, senza esserne gli autori materiali.

Robert si è sempre proclamato innocente. La Comunità di Sant’Egidio, nell’appello urgente che ha lanciato per fermare questa morte di Stato, ha spiegato come in ogni caso il suo processo sia stato ingiusto: «Durante i primi interrogatori, aveva chiesto più volte di avvalersi di un avvocato, possibilità però che gli fu negata senza alcuna spiegazione. In seguito gli fu estorta una confessione falsa, con un sotterfugio in cui venivano coinvolti i suoi familiari. Un presunto complice lo scagionò, nessun testimone ha mai potuto comprovare la sua colpevolezza. Tutto inutile. Il suo avvocato, inesperto e inadeguato, adottò una linea difensiva molto rinunciataria».

Cattive notizie dal Vietnam, buone dal Pakistan

E così il 19 settembre potremmo assistere al ventiquattresimo “omicidio legalizzato” del 2013 negli Stati Uniti. Il precedente era stato quello di John Ferguson in Florida. Morte di Stato per iniezione letale per un uomo di 65 anni condannato per sei assassini commessi 35 anni fa e riconosciuto affetto da gravi disturbi mentali diagnosticati anche prima dei crimini.

Una brutta notizia nella lotta contro la pena di morte arriva anche dal Vietnam. Il 6 agosto, è stato giustiziato un giovane di 27 anni, Nguyen Anh Tuan, dopo un’interruzione di due anni delle pene capitali. Nel 2011, il Vietnam aveva abbandonato il metodo della fucilazione optando per l’iniezione letale, ma non ha mai potuto importare i prodotti grazie al divieto di esportazione dell’Unione Europea. Nel mese di maggio, tuttavia, la legge è stata modificata permettendo di effettuare esecuzioni con prodotti chimici locali: attualmente sono 586 i prigionieri nel braccio della morte e almeno 117 rischiano l’esecuzione immediata.

Sempre in Asia, una buona notizia arriva invece dal Pakistan: il Governo ha sospeso ufficialmente 468 esecuzioni capitali, confermando la moratoria che vige nel Paese da cinque anni. A inizio agosto, il Governo aveva invece prospettato una ripresa delle esecuzioni per combattere i terroristi in modo più efficace.

La Polonia abolisce la pena capitale

  

La marcia indietro sarebbe stato il frutto delle pressioni delle organizzazioni per i diritti umani e in particolare dell’Unione Europea, che ha minacciato di cancellare il Pakistan dalle nazioni che hanno “linea preferenziale” negli scambi commerciali con la Ue.

Nel complesso, nelle diverse carceri pakistane ci sono circa 8.000 detenuti che hanno esaurito tutti i gradi giudizio e si trovano nel braccio della morte. Secondo il Codice penale pakistano, 27 reati, tra i quali quello di “blasfemia”, sono punibili con la pena capitale. Fra i detenuti vi è anche la cristiana Asia Bibi, condannata a morte appunto per blasfemia da un tribunale di primo grado nel 2010 e in attesa di un processo di appello.

Infine, il 31 agosto anche dalla Polonia è arrivata una buona notizia: il presidente Komorowski ha firmato la legge che prevede l’abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, come stabilito dal protocollo 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. La Polonia era infatti uno dei pochi paesi appartenenti al Consiglio d’Europa in cui era ancora ammessa la pena di morte per i condannati in caso di guerra.

Per firmare l’appello della Comunità di Sant’Egidio per Robert Gene Garza: http://nodeathpenalty.santegidio.org/it/appelli-urgenti/appello-urgente-per-robert-garza-texas--us-ispanico-e-nel-braccio-della-morte-dal-2003-151-151-151-151-151-151-151-151.aspx.

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