Michael ha fretta di andare all’allenamento
di rugby. Giocherella
con una palla ovale mentre
aspetta che papà Jonas rientri
dal lavoro. Scene di ordinaria
vita quotidiana. Una famiglia così – lui
africano del Benin, lei milanese d’origine
calabrese – non fa più notizia
nell’Italia che multietnica lo è già da un
pezzo. Quasi quasi si meravigliano, Jonas
Amoussou, 48 anni e Felicia Lustrì,
50 anni, di quest’attenzione. Si sono
sposati nel 1995, hanno tre figli: Lucia,
17 anni, Jean, 14, e Michael, 10. Vivono
a Salerano sul Lambro, nel Lodigiano,
a mezz’ora d’auto da Milano, dove
Jonas si è candidato alle elezioni comunali
nel 2009 e ora è assessore alla Famiglia.
«Ai nostri figli», spiega Felicia,
«abbiamo dato il secondo nome africano:
Lucia Senami, “dono di Dio”, Jean
Seglà, “Dio è potente”, e Michael Defodji,
“sulle orme dei padri”. Abbiamo voluto
dare un segno della loro appartenenza
a due famiglie e due popoli diversi,
ma non incompatibili». L’amore, si sa,
soffia dove vuole. E nell’estate del ’93 si
posa su Jonas e Felicia. Si incrociano
per caso al Centro di orientamento educativo
di Barzio (Lecco) dove lui era di
passaggio per salutare il fratello e lei seguiva
dei corsi di formazione per volontari.
«Jonas non conosceva per niente
l’italiano, io lo aiutavo a tradurre», ricorda
Felicia. «Mi stava molto vicina»,
sorride lui. L’incontro cambia i progetti:
Jonas, dopo la laurea in Ingegneria
meccanica conseguita in Cecoslovacchia
grazie a una borsa di studio Unesco,
doveva andare in Svizzera per lavorare.
Ci va, ma solo per un mese: torna
subito in Italia. «Ci telefonavamo sempre
dalle cabine», ricorda Jonas. E Felicia
chiosa: «Di lui mi colpì subito la giovialità,
l’allegria contagiosa. Imparò in
fretta l’italiano».
È il prologo per il viaggio
insieme in Benin, a Natale del ’94.
«Volevo far conoscere a Felicia i miei genitori
e la mia grande famiglia dove siamo
13 fratelli», racconta Jonas. Un incontro
che rafforza il legame tra i due.
«Mi colpì molto», dice Felicia, «l’attenzione
per gli anziani, l’unità della famiglia
allargata con zii e cugini a far compagnia.
Mi ricordava l’atmosfera della
mia famiglia. Io venni accolta benissimo.
Nelle coppie miste è fondamentale
l’accoglienza che le rispettive famiglie
d’origine riservano ai due fidanzati».
Il matrimonio è lo sbocco naturale.
Felicia e Jonas si sposano il 14 settembre
del ’95, un anno dopo nasce la primogenita Lucia, che ora frequenta il quarto anno di liceo scientifico e
gioca a rugby, passione che ha contagiato
anche il fratellino piccolo.
La vita della famiglia Amoussou
scorre felice. Papà Jonas lavora come
ingegnere meccanico in un’azienda di
Trezzano sul Naviglio che produce giunti
rotanti, mamma Felicia, che è traduttrice,
si dedica ai figli. A Salerano si sono
integrati benissimo. Entrambi cattolici,
frequentano la parrocchia dove
ogni anno, per la festa patronale della
Candelora, viene presentata la cultura
di un Paese straniero.
Ma lei si sente
africano o italiano? «Entrambi», risponde
Jonas. I loro figli non hanno mai avuto
problemi di razzismo con i loro coetanei,
racconta Felicia. Visto da qui, il dibattito
sulla cittadinanza italiana per i
figli di stranieri nati in Italia dovrebbe
essere più realistico.
«È giusto», dice Jonas, «concedere la
cittadinanza dopo qualche anno di residenza
stabile in Italia. Il presidente Napolitano
ha sollecitato il Parlamento a
muoversi, ma finora non è stato fatto
nulla». L’ultima volta che sono stati in
Benin tutti insieme è stato quattro anni
fa. Suona il campanello. È l’amico di
Michael che è arrivato per andare insieme
all’allenamento di rugby.