Non esiste più assistenza sanitaria per almeno 16 milioni di persone e l'unica Ong che abbia mantenuto sul terreno staff internazionali di soccorso è
Medici Senza Frontiere.
Bombardamenti indiscriminati su ospedali, mercati, scuole, industrie, abitazioni, moschee, insomma sulla popolazione civile, sono all'ordine del giorno
come hanno denunciato praticamente tutte le organizzazioni internazionali per i diritti umani.
Crimini di guerra
Si bombarda a casaccio, da grandi altezze, e quindi con scarsissima precisione, perché l'aviazione saudita e degli Emirati arabi uniti ha scarso addestramento al combattimento ed è terrorizzata dalla contraerea yemenita, nonostante tutti i piloti impegnati nelle operazioni abbiano ricevuto in dono una costosissima auto Bentley da parte di un membro della famiglia reale.
Migliaia di incursioni aeree hanno avuto un unico risultato: una strage con migliaia di vittime che ha colpito in gran parte donne e bambini, anche con l'uso delle famigerate cluster bombs (bombe a grappolo). La capitale San'a (1.700.000 abitanti), un gioiello di architettura millenaria protetta dall'Unesco, è continuamente oggetto di incursioni aeree. Sada'a, capitale dei ribelli sciti Houti, è ormai rasa completamente al suolo. Taiz e Marib sono città fantasma assediate sulla linea del fronte tra resistenti e invasori e l'intero Paese è in ginocchio. Una catastrofe umanitaria di proporzioni colossali.
L'invasione via terra, dal porto di Aden.
Affari miliardari Viene praticato sistematicamente il Double Tap: una pratica che consiste nel bombardare e poi ribombardare in modo da colpire i soccorritori.
Migliaia di tonnellate di ordigni sono state fornite dai sostenitori di questa campagna: gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l'Italia. Aerei cisterna dell’aviazione statunitense riforniscono in volo gli aerei impegnati nei bombardamenti, mentre militari inglesi partecipano alla direzione della sala operativa da cui vengono indicati gli obiettivi ai cacciabombardieri F-16, F-15 e Eurofighter Typhoon, venduti, come le bombe, da Usa, Gran Bretagna, Italia e Germania. Un affare multi-miliardario.
Una strage insensata il cui unico risultato, come affermato da Peter Maurer, presidente del comitato della Croce Rossa Iternazionale, è stato quello di ridurre in pochi mesi il Paese allo stesso stato in cui è stata ridotta la Siria in cinque anni di guerra. Ma non basta. Alla fine dell'estate, la guerra che avrebbe dovuto essere di contenimento della guerra civile yemenita, a tutela delle frontiere saudite, è diventata un’invasione. Militari degli Emirati Arabi Uniti, del Qatar e del Sudan, rinforzati da mercenari arruolati dalle note agenzie “private” occidentali (prima la Blackwater poi sostituita dalla DynCorp), hanno invaso lo Yemen con forze pesantemente armate sbarcate ad Aden, il più importante porto del Paese, nel sud: un'area le cui tendenze indipendentiste hanno profonde radici storiche.
Nuova linfa per Al Qaeda
Una conquista importante, ma che a distanza di qualche mese ha mostrato come l'intera area meridionale sia ormai senza nessun controllo, abbandonata a se stessa o in mano a milizie di Al Qaeda, la cui bandiera sventola su molti uffici pubblici della città portuale. Non certo una sorpresa. La delegazione filo-saudita dell'ex presidente Hadi, che nel luglio scorso ha preso parte ai falliti colloqui di pace di Ginevra, aveva tra i suoi esponenti Abdel-Wahab Humayqani, qualificato dagli Usa come “terrorista globale” e indicato come uno dei maggiori finanziatori di Al Qaeda.
Per le prossime settimane è stato concordato con le Nazioni Unite un nuovo cessate il fuoco e l'avvio in Kwait di nuove trattative di pace. I precedenti non sono incoraggianti. Non solo quelle sin qui svolte non hanno sortito alcun risultato, ma le diverse sospensioni dei combattimenti e, sopratutto dei bombardamenti, sono sinora state sempre violate nel giro di pochi minuti.
Forze armate saudite in Yemen.
Una tragica farsa Lo scorso agosto poi il carattere farsesco di questa tragedia è emerso in tutta la sua gravità quando il presidente Usa Barak Obama ha rivelato, in una conferenza stampa, di aver sempre saputo, fin dall'inizio della guerra civile yemenita, che l'Iran ha cercato in tutti i modi di scoraggiare un’escalation del conflitto tra i guerriglieri Houti (sciiti come gli iraniani) e i sostenitori del dimissionario ed esiliato (a Ryhad) ex presidente Hadi, appoggiato economicamente, politicamente e militarmente dai sauditi.
«Quando gli Houthi nel 2014 hanno cominciato a muoversi», ha detto il Presidente Usa, «non era per ordine di Soleimani (Qasim Soleimani, capo della Guardia rivoluzionaria iraniana, ndr). Quella rivolta era un'espressione del tradizionale antagonismo Houthi verso Sana’a, e delle macchinazioni dell'ex presidente, Ali Abdullah Saleh, che stava facendo causa comune per convenienza con gli Houthi» .
Un’ammissione della inconsistenza delle motivazioni saudite per l'intervento in Yemen, giustificato dalla presunzione di un Iran impegnato a destabilizzare il Paese, a insediarsi militarmente nell'area e a minacciare il tracciato dei confini tra Yemen e Arabia Saudita: una prospettiva che consigliava alla comunità internazionale di sostenere la leadership dello screditato – e per nulla amato dagli yemeniti – ex presidente filo-saudita Hadi. Insomma, non esiste e non è mai esistita la giustificazione per la violenta interferenza straniera nella guerra civile yemenita e lo Yemen non è mai stato il trampolino di Teheran per un confronto armato diretto tra sciiti e sunniti.