Dopo un ventennio esuberante
di eccessi, ostentazioni
indecorose, improvvisazioni
e strappi istituzionali,
la ricreazione è finita. Finalmente.
Così ci sembra dai
primi segnali. Il suono della campanella,
dal più alto colle della politica, annuncia il ritorno a una normalità
disciplinata.
La convergenza degli
elettori su un uomo delle istituzioni,
con un passato limpido e coerente ai
valori della democrazia, rinnova la
fiducia nella politica. In questi tempi
non è cosa di poco conto. E riavvicina
i cittadini allo Stato.
Parliamo di una
politica “alta”, quella che è servizio al
bene comune, lontana anni luce dagli
affarismi, spartizioni di interessi e
privilegi di una “casta” che non sa più
cos’è il Paese reale, avendo smarrito la
vicinanza con la gente e i bisogni concreti
delle famiglie e dei cittadini.
In tempi di politica “urlata”, da
spettacolo, fatta all’insegna dei sondaggi
e degli umori della gente, l’elezione
di Sergio Mattarella a nuovo
presidente della Repubblica è una
lezione di stile, nella sobrietà delle
parole e dei gesti. Dalla sua prima dichiarazione,
scarna e concisa come un
tweet («Il pensiero va soprattutto e
anzitutto alle difficoltà e alle speranze
dei nostri concittadini»), è tracciata la
linea che segnerà il settennato di presidenza.
Sarà un arbitro imparziale,
come dimostra un passato di politico a schiena dritta, rispettoso del dialogo e
delle idee altrui, ma senza cedimenti a
intrighi e compromessi al ribasso.
Ai “professionisti del fango” e a
quelli che “pescano sempre nel torbido”,
che sono già all’opera, non li inganni
la mitezza, che non è debolezza.
Sarà difficile scalfire la “fermezza
silenziosa” e lo spessore morale
di un uomo temprato da una seria
formazione cristiana, dagli insegnamenti
del Vaticano II e della dottrina
sociale della Chiesa, che ha a fondamento
la dignità e l’uguaglianza di
ogni persona, nonché l’attenzione agli
ultimi e ai più svantaggiati. Ma è un
uomo temprato anche da una vicenda
familiare, l’uccisione del fratello Piersanti
dalla mafia, che ha segnato la sua
vita, spingendolo all’impegno diretto
nella politica e alla lotta contro la
corruzione e la malavita organizzata.
C’è da augurarsi che la tensione morale
suscitata da questa elezione abbia
un seguito nel Paese. E che la politica
smetta, finalmente, il teatrino cui ci
ha abituati, con le aule del Parlamento
trasformate spesso in curve da stadi. E
ci sia un ritorno alla serietà, alla dignità
e al decoro, che deve caratterizzare i
rappresentanti delle istituzioni, a ogni
livello, chiamati a servire il Paese e i
propri concittadini, e non altro.
Infine, se è lecito, una raccomandazione:
«Caro presidente, non
dimentichi la famiglia, soprattutto
con più figli; imiti papa Francesco che
ne ha fatto tema di riflessione di due
Sinodi. In un Paese che ha smarrito
l’anima, ridia speranza e futuro alle
famiglie e alle nuove generazioni. La
ringrazio, assieme a tutti i nostri lettori,
per il servizio che renderà al Paese».