Una scena del film il GGG, diretto nel 2016 da Steven Spielberg
La polemica sulla censura dei test di Roald Dahl che ha fatto indignare autori per ragazzi e non solo (tra questi Salman Rushdie) potrebbe sembrare di stretta pertinenza della letteratura per l’infanzia ma è invece uno degli ennesimi esempi di cancel culture, la tendenza cioè a modificare i testi letterari per uniformarli alla sensibilità dei giorni nostri. Confondendo così l’arte, il contesto storico, le peculiarità di un autore, con la tutela dei diritti e delle sensibilità contemporanei. Torniamo al caso Dahl: il suo editore inglese, Puffin books, in accordo con gli eredi dell’autore degli Sporcelli, Le Streghe, il GGG e tanti altri racconti, ha deciso di epurare i suoi testi togliendo termini come nano, brutto, cattivo, grasso, ma anche il ruolo delle parrucche delle Streghe, o il libro che legge Matilda, protagonista dell’omonimo libro (ovvero il libro della giungla di Kipling), o ancora cambiare professione a un personaggio una scienziata famosa è decisamente preferibile alla cassiera del supermercato o alla segretaria. I libri di Dahl, morto nel 1990, restano tra i preferiti dei giovani lettori di tutto il mondo, proprio perché irriverenti, a volte cinici, ma sempre dalla parte dei bambini, che spesso sono vittime di adulti ottusi, prevaricatori. Che quelle storie così come sono abbiano riscosso e continuino a riscuotere interesse e piacere della lettura lo testimoniano le tante versioni cinematografiche tratte dai libri di Dahl, spesso dirette da grandi registi come Spielberg, Robert Zemeckis e Tim Burton. Volerli edulcorare in nome di un polically correct che appiattisce tutto, stravolge il racconto, lo decontestualizza rispetto all’epoca in cui è stato scritto è un’azione lesiva dell’autore stesso, che in questo caso non può difendersi, ma anche dei bambini lettori. Secondo Marco Balzano, che a breve esordirà anche nella letteratura per ragazzi con un albo illustrato edito da Feltrinelli «si sta confondendo la battaglia dei diritti con l’omologazione dell’arte. E eliminare i personaggi sgradevoli e malvagi inoltre toglie ai ragazzi la capacità di distinguere il bello dal brutto, il buono dal cattivo, che sono sempre stati elementi fondanti delle fiabe classiche. È un grave errore anche a livello pedagogico e apre la strada alla censura anche verso le opere dei grandi autori della storia della letteratura, ma anche della pittura in un certo senso. Mi viene da pensare a Caravaggio: le sue opere sono immense, ma lui era un assassino. Occorre saper distinguere l’arte universale dalle circostanze biografiche, storiche, personali degli artisti». Icwa, l’associazione italiana degli scrittori per ragazzi, ha da tempo lanciato un allarme sul tema della censura nei libri, dedicandole un sito. Inoltre nella Carta dei diritti degli scrittori e una dei lettori di Icwa si legge tra l’altro: "Gli autori di narrativa detengono il diritto morale sulle loro opere anche dopo il loro decesso. Nessuno, in nessun caso, può arrogarsi il diritto di modificare, tagliare, rimaneggiare o censurare i loro testi per motivi ideologici. Modificare un testo di un autore defunto per scopo di revisionismo storico o per soddisfare le necessità ideologiche di gruppi politici o religiosi, dovrebbe essere considerato un reato grave… Il lettore ha il diritto a non essere manipolato nelle opinioni e nei giudizi attraverso censure, omissioni ideologiche, ritiro di opere dal libero accesso. Questo diritto include anche i bambini e i ragazzi".
Uno dei più noti scrittori italiani per ragazzi, Pierdomenico Baccalario, ha lanciato un petizione su charge.org subito rimbalzata sui social da altri grandi nomi della scrittura e da professionisti dell’editoria per ragazzi e non.
Il coro è dunque unanime: Dahl non si tocca. Un conto sono le riduzioni dei classici, un conto è mettere mano all’originale. Pensate se volessero fare la stessa cosa con le opere di Gianni Rodari o con Pinocchio.