Esami di maturità senza commissari esterni, eccetto il presidente,
solo con i docenti della classe dietro alla cattedra. Una proposta, questa del
ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che se da una parte toglie non
poche inquietudini da attesa in chi la prova dovrà sostenere, dall’altra
scatena il dissenso degli addetti ai
lavori. «Parere negativo, per tante ragioni», tuona Giorgio Rembado, presidente
dell’Anp, l’Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola.
E spiega: «Intanto per il fatto che una commissione composta esclusivamente da
docenti interni all’istituto, quindi alla classe, verrebbe chiamata a un
doppione: a valutare gli studenti prima come consiglio di classe, poche settimane dopo dalla fine del quadrimestre
come commissione dell’esame di stato. Le stesse identiche persone si
trasformerebbero così in commissari che
valutano loro stessi e sarebbero portate quanto meno a ripetere
un’identica valutazione, nel bene e nel
male».
Quale invece la sorte del presidente, unico corpo estraneo? «Ne
cambierebbero il profilo e la competenza, avrebbe una funzione di puro controllo
di legittimità, di tipo notarile. Tradizionalmente, invece, il presidente entra
nella valutazione dei candidati, insieme alla commissione stessa». Quindi, alle
porte, un esame più formale. «Mentre avremmo sempre più bisogno di una
valutazione che, alla conclusione degli studi, faccia da passaporto per
l’università e l’orientamento. Già oggi c’è un clima che tendenzialmente
svaluta gli esiti della maturità: il 98% degli studenti viene promosso, le
principali facoltà a numero chiuso ripropongono test d’ingresso perché non danno
credito ai risultati, con danno economico per il paese». Quindi bisognerebbe
andare nella direzione opposta? «Decisamente: dare più credibilità e avvalersi
dei risultati anche per il proseguimento degli studi».
Infine un aspetto, tutto interno al corpo docente. «Quando la commissione
era interamente esterna, salvo il membro interno, c’era possibilità di confronto
e scambio di esperienze tra docenti di tutta Italia, si veniva a conoscenza di
altre modalità metodologiche, era una sorta di corso di aggiornamento per i
commissari». Una trasformazione, quella proposta dal ministro, che in fondo avrà un suo perché. «Risponde solo alla logica dei tagli,
snaturando un esame che invece è utile, importante, che per tutte le
generazioni ha rappresentato una prova significativa, l’ingresso alla vita
adulta. Ma se l’esame non dà garanzie, tanto vale che si tagli davvero. Che si
tagli proprio l’esame di maturità stesso».