Cannes, spiaggia del Midi
Una ragazza in burkini gioca col suo cellulare ultima generazione sotto l'ombrellone, ogni tanto lancia un'occhiata al suo bambino che armeggia con secchiello e paletta. Poco più in là, il marito chiacchiera con due amici o fratelli, tutti e tre in shorts, tatuaggi ben in vista in contrasto con la barba islamica: una scena diventata piuttosto ordinaria sui lidi del sud francese. «Non é conforme ai nostri valori», ha tuonato Manuel Valls. Da qualche settimana in Francia il costume integrale delle donne musulmane è protagonista della cronaca nazionale e occupa buona parte dei telegiornali locali. Da quando il sindaco di Cannes David Lisnard ha bandito il costume integrale islamico dalle spiagge della Croisette, non passa giorno senza che un nuovo eletto con la fascia tricolore si mobiliti per vietare l'uso dei burkini nel suo municipio.
Da Cannes il divieto si é cosí esteso a Villeneuve Loubet, a Sisco in Corsica, dove la presenza di alcune donne in burkini ha scatenato una violenta rissa tra i famigliari delle ragazze e la gente del luogo, fino ad arrivare ai lidi del nord, in prima fila Le Touquet, stazione balneare chic diventata famosa durante la Belle Epoque, quando le donne di allora si rifugiavano nelle cabine da spiaggia per uscirne coperte da voluminosi costumi che lasciavano in vista solo le caviglie. Cent'anni dopo, si torna a parlare di pudore e di tenute che destano scandalo, ma lo scandalo è di segno contrario, a scandalizzare oggi sono le donne di fede islamica che hanno deciso di andare in spiaggia coperte dalla testa ai piedi adottando il famoso burkini, spesso accompagnate da madri o sorelle in costume da bagno ordinario.
Ciò che non si dice abbastanza infatti è proprio questo. Si usa e si abusa della parola "tradizione", ma ad indossare il burkini sono nella stragrande maggioranza dei casi delle donne giovani, giovanissime, spesso figlie di mamme vestite all'occidentale. Il burkini sulle spiagge di Cannes diventa cosí una sorta di rivoluzione al contrario. Una sorta di Sessantotto di segno negativo. Valls parla di "provocazione", e a sentire alcune ragazze in burkini intervistate dai microfoni dell'antenna locale di France 3, non gli si può dare tutti i torti: "Accetto già di non portare il velo a scuola, almeno in spiaggia voglio fare ciò che voglio" dice una. Difficile per taluni accettare i valori di una République laica, difficile comprenderli e praticamente impossibile farli propri.
Missione complicatissima anche per chi ha deciso di firmare il divieto, spiegare che una delle ragioni di quest'ultimo é che il burkini é visto in Occidente (e non solo) come simbolo di asservimento femminile, di fronte a ragazze che dicono apertamente di indossarlo per libera scelta. Mentre in Iran la campagna #meninhijab su Internet fa sì che ragazzi e ragazze rischino la prigione e i colpi di frusta per poter liberarsi da un simbolo di oppressione, qui lo stesso oggetto cambia radicalmente significato, diventa sinonimo di appartenenza identitaria e per questo esibito. Là si lotta per levarlo, qui si lotta per indossarlo. A Cannes sulle spiagge del Midi la popolazione è diversa dai lidi rutilanti della Croisette. Là la clientela araba del Golfo che scende dai lussuosi hotel del lungomare, qui molti cittadini francesi di origine maghrebina, tunisini, algerini.
Fra la maggior parte di questi ultimi i burkini sono rari e le ragazze indossano vestiti da bagno ordinari. «Se tutte cominciano a portare il burkini, non oserò più mettermi in bikini», dice una bruna quarantenne di origine tunisina. "Quando ero piccola" continua, "a Tunisi si vedevano poche donne velate integralmente, oggi sono numerosissime, e adesso anche questa storia del burkini, stiamo tornando indietro!". Molte donne maghrebine dalla cinquantina in su hanno assistito e talvolta partecipato in Francia alle lotte per la liberazione femminile. Hanno letto George Sand e Flora Tristan, hanno visto i film di Vadim e Truffaut, hanno sfilato in piazza per una società più aperta e meno patriarcale. In Europa, la Francia é sempre stata in prima linea nella lotta per i diritti femminili. E molte col burqini proprio non ci stanno. "Mia nipote lo indossa" dice una signora in pareo seduta a uno dei piccoli bar da spiaggia, le famose "paillottes". Suo marito ordina un panino, lei rinuncia perché dentro c'é il prosciutto. "Sono musulmana, ma non una fanatica, molte ragazze che portano il burqini sono condizionate da internet, dai movimenti radicali, spesso l'idea di indossarlo non viene nemmeno dalle famiglie..." dice scuotendo la testa.
Da parte sua, il sindaco di Cannes, Lisnard, rivendica ragioni essenzialmente pratiche legate all'ordine pubblico. L'anno scorso, su una delle spiagge della Croisette era scopppiata una rissa tra vicini d'ombrellone irritati dalla presenza di burkini. Nel 2014, la stessa situazione incendiaria si era verificata in una piscina comunale. Che la situazione dopo l'attentato di Nizza sia tesa e che questa tensione sia palpabile, é la verità. L'altro ieri, quaranta persone sono state ferite in seguito a un movimento di folla in panico per alcuni petardi esplosi sul lungomare di Juan Les Pins. Su una Croisette che ad agosto conta meno della metà dei turisti che in genere affluiscono in questo periodo da tutto il mondo, qua e là i cartelli neri e rossi del piano "Vigipirate" anti-terrorismo appaiono appesi alle palme del lungomare o alle vetrine dei negozi e dei caffé, invitando i bagnanti a fare attenzione ad ogni comportamento sospetto. Una settimana fa, il Comune di Mandelieu ha organizzato uno spettacolo pirotecnico:.tutto il traffico sulla costa é stato deviato fin dalle cinque del pomeriggio, creando ingorghi incredibili. A nessun mezzo era consentito transitare sul lungomare, nemmeno alle biciclette. La gente sembra non parlare che di minaccia terrorista, ma tutti sembrano tuttavia fare bene la differenza tra comunità islamica, che qui in Costa Azzurra é numerosissima e perfettamente integrata da decenni, e giovani che hanno scelto la via dell'Islam radicale e ne esibiscono i simboli.
Il professore parigino di diritto Jean Louis Harouel, autore di diversi libri sulla società contemporanea e i suoi cambiamenti, intervistato da Le Figaro, ha risposto cosí alle accuse di islamofobia che fioccano da parte delle associazioni che difendono il burkini: «L'Islam é per sua natura politico un sistema che mescola le questioni religiose, politiche, giuridiche, civili. E' un codice di diritto che pretende rimpiazzare il diritto del Paese d'accoglienza. [...] Di fronte all'Islam radicale, la laicità concepita come posizione neutra rispetto alle religioni, non basta. Non é come con il cattolicesimo. La nostra laicitâ si é fondata in accordo con i fondamenti del cristianesimo: dare a Cesare quel che é di Cesare e a Dio ciò che é di Dio. L'Islam é al contrario, l'anti-laicità per eccellenza».
In questa polemica, gli animi si infuriano, c'è chi ne discute persino in spiaggia, e il bagnasciuga è diventato un paesaggio un po' meno spensierato rispetto ai tempi della Nouvelle Vague.