Del povero Giorgios Katidis, giovane calciatore greco destinato l Novara in serie B, ormai sappiamo tutto: ha fatto il saluto nazista in campo, cosa che prima lo ha fatto mettere fuori rosa dall'Aek di Atene e poi lo ha fatto radiare, lui che era stato capitano della Under 21, da tutte le nazionali elleniche. Cosa abbastanza comprensibile se pensiamo che a suo tempo la Grecia fu occupata dai nazisti con innumerevoli morti e distruzioni, e che per quell'occupazione il Governo greco ha aperto una procedure per chiedere 108 miliardi di euro di danni alla Germania.
Anche di Fabrizio Miccoli sappiamo più o meno tutto: è indagato per estorsione, era amico di un boss e parlando con lui insultava il magistrato Falcone, martire civile della lotta alla mafia. Così, il centravanti che era l'isolo di Palermo è diventato un reprobo: spuntano su Facebook pagine che ne chiedono la cacciata dalla Sicilia, il suo presidente Zamparini l'ha rinnegato e gli ha consigliato di andarsene, il ministro della Funzione Pubblica Gianpiero D'Alia chiede alla Federcalcio di esaminare l'idea di radiarlo.
Se di Katidis e di Miccoli sappiamo tutto, non altrettanto si può dire di noi. Potremmo, domani, fare il tifo per loro? La loro attività pubblica (giocare al calcio) può dipendere dalla correttezza e dalla regolarità dei comportamenti privati? E a quale livello di scorrettezza e irregolarità poniamo l'asticella, il limite da non sorpassare mai pena, appunto, la radiazione o la revoca di un contratto? Oppure tutto è affidato al senso del limite e del pudore dei singoli, in questo caso Katidis e Miccoli? Il calcio non ha mai voluto discutere seriamente di casi come questi. E ora rischia che sia il resto della società a emettere un giudizio.