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mercoledì 06 novembre 2024
 
il caso
 

Welcome to Padova!

17/05/2015  Non c'è pace in città sull'emergenza profughi. Il 15 maggio è scesa in piazza la Padova che accoglie. E' stata rinviata invece la fiaccolata, appoggiata dal sindaco Bitonci, di chi è contro l'arrivo di nuovi migranti e di coloro che li ospitano in casa. Ecco le voci della Padova solidale.

Niente fiaccolata contro l’arrivo dei migranti. Alla fine la “sfida” tra le due anime di Padova, quella che non vuole i profughi  e quella solidale con chi arriva da luoghi di morte, non c’è stata. Così, rinviato per motivi di sicurezza il corteo “no profughi”, sostenuto dal sindaco Massimo Bitonci e voluto dai commercianti del centro storico, a scendere in piazza la sera del 15  maggio è stata solo la  Padova che dice sì all’accoglienza “senza se e senza ma”. Quella, per fare un solo nome per tutti, di nonna Mara che, dopo aver visto in tv le immagini della tragedia che ha coinvolto 800 immigrati in Mediterraneo,  ha messo a disposizione la propria villetta a un gruppo di migranti.

don Albino Bizzotto alla manifestazione
don Albino Bizzotto alla manifestazione

Ma al di là del rinvio in extremis della fiaccolata, Padova sembra davvero essere una città senza pace sulla questione dell’accoglienza e dei migranti. I profughi, in un capoluogo  di oltre 200 mila residenti, sono 250  e 35  sono invece i rifugiati. Sembra, però, che tutto il malessere e i problemi del capoluogo veneto derivino da queste nuovi arrivati e da chi apre loro le case.  

       E’ di pochi giorni fa l’ordinanza  “anti-profughi” del sindaco leghista, già noto per iniziative simili,  che ha messo sotto controllo i privati che offrono in affitto i propri alloggi ai migranti in arrivo in città o alle cooperative che se ne occupano.  A provocare la clamorosa reazione dell’amministrazione patavina la notizia che nel centro di Padova una signora aveva osato ospitare sei africani in un suo appartamento, tramite la cooperativa  “Percorso Vita”  di don Luca Favarin, che lo gestisce in comodato d’uso. Un bel gesto di solidarietà, si direbbe.  Come quello  di molti altri padovani, riconosciuto, tra gli altri, dallo stesso Prefetto di Padova, che ha ringraziato i singoli cittadini per la collaborazione.
  
    Eppure a qualcuno non è piaciuto, sindaco e commercianti del centro in testa. Il ragionamento è più meno questo:  “Questa non è solidarietà ma assistenzialismo. Non siamo contro gli immigrati, ma contro chi specula su questa emergenza, oltretutto danneggiando il vicinato. E poi in questi anni abbiamo già dato. E il degrado è evidente. Prima diamo la casa ai padovani, poi agli altri, semmai”. Da qui l’indizione di una fiaccolata  e una raccolta di firme contro l’accoglienza degli stranieri.

la manifestazione del 15 maggio a Padova
la manifestazione del 15 maggio a Padova

Chissà cosa potranno pensare quei reietti che sono fuggiti dalla morte sicura, perdendo tutto e tutti e hanno affrontato l’inferno del deserto e del mediterraneo per arrivare nella civile Italia, nella città del Santo, che fu immigrato egli stesso. Chissà cosa staranno pensando nonna Mara e quella donna che ha alloggiato i sei africani. Pare che quest’ultima se ne sia andata da Padova per il clima intimidatorio che la circondava in questi giorni.  

   Proprio sul clima d’intolleranza si interroga don Favarin, organizzatore della manifestazione “Padova accoglie” che s’è svolta venerdì scorso in piazza Garibaldi. “Mi chiedo come si possa arrivare a dire che sei ragazzi africani portano il degrado. A portarlo è piuttosto una politica malata e cancerogena.   Ospito giovani che la notte non riescono a dormire perché assaliti dai peggiori incubi: dalle immagini di quanto vissuto nel viaggio dall’Africa al nostro Paese. Sono loro lo sporco della nostra città? Com’è possibile che  ci facciano sentire dei criminali se accogliamo questa gente bisognosa? Com’è possibile che una donna mentre venivo alla manifestazione mi abbia urlato in faccia ‘prete di m…? Maledetto il giorno in cui sei nato!’ Ma l’accoglienza non è l’imperativo etico del cristiano?”.    

      Don Luca non si ferma certo davanti a queste intimidazioni, come la Padova presente alla manifestazione, quella dell’associazionismo, dalla Casa dei diritti Don Gallo, a Beati i Costruttori di Pace di don Albino Bizzotto che ha iniziato uno sciopero della fame per tenere desta l’attenzione su questa emergenza; da Amnesty International a Legambiente. Tra le centinaia di persone scese in piazza al grido “Welcome to Padova” molti i cittadini e volontari provenienti dal mondo cattolico impegnati sul fronte dell’accoglienza. Come suor Loredana, religiosa delle Francescane dei poveri (presenti a Padova da 20 anni con due comunità),  scesa in piazza per “dire  sì all’accoglienza dei profughi”; come Giovanni Piva, pensionato 76 anni, volontario Caritas e collaboratore della prima ora di Banca Etica (“il primo pensionato ad avere un contratto a progetto con la Banca”, dice con orgoglio): “Le scelte di questa giunta mi scandalizzano”, afferma; come Federico Cinetto, 21 anni, cofondatore delle Ronde della Carità e della Solidarietà di Padova che ogni mercoledì sera assieme ad altri quindici amici va alla stazione ad offrire una pasta, un the caldo e una parola a chi bivacca nei dintorni. “Ascoltare questa gente è già qualcosa. A un problema complesso non si possono dare risposte semplici. E chiudere le porte della città, che è stata la culla del pre-umanesimo, è solo segno di ignoranza del fenomeno e di disinformazione”.

   In piazza Garibaldi manifesta per l’accoglienza anche Cadigia Hassan, di Ridim (Rete italiana donne immigrate), padovana,  48 anni, nata da padre somalo e madre italiana: “Questa città sta andando alla deriva per colpa di un clima esasperato che ha fatto emergere l’intolleranza che s’annida tra di noi. La differenza col passato? Oggi chi ragiona in questo modo si sente legittimato da questa amministrazione leghista a fare la voce grossa. Eppure continuo a pensare che Padova non sia quella che raccontano i giornali, solo pervasa dalla paura dell’invasione, quella dei ghetti e dei muri di filo spinato, e ancor più dei muri mentali  che sono i pregiudizi. Credo ci sia una Padova più forte di tutto ciò”.  Almeno fino alla prossima fiaccolata di chi dice “no ai profughi”.  

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