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domenica 20 aprile 2025
 
 

Un incontro di pace contro le violenze in nome della religione

17/01/2016  Calorosa accoglienza nella sinagoga di Roma per papa Francesco. Per il rabbino capo Riccardo Di Segni, ormai la visita del pontefice agli ebrei romani diventa "consuetudine fissa".

Benvenuto papa Francesco”. Quando Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, comincia il suo discorso davanti a papa Francesco, il sorriso non è solo sul suo volto, ma anche nella sua voce. Il saluto, cordialissimo, sembra fare eco al “buonasera” con il quale papa Francesco si presentò al mondo subito dopo la sua elezione. E nel Tempio Maggiore scroscia uno dei tanti applausi che hanno accompagnato l'incontro fra il papa e gli ebrei romani.
In una giornata fredda e ventosa, con l'aria trasparente come il vetro, papa Francesco arriva alla sinagoga percorrendo in auto il Lungotevere. Prima di entrare nel Tempio Maggiore il papa depone una corona di fiori presso la lapide in ricordo della deportazione degli ebrei romani verso i campi di sterminio nazisti, nell'ottobre del 1943. Subito dopo papa Francesco viene accompagnato davanti alla lapide in memoria di Stefano Gaj Tachè, il bimbo ucciso dai terroristi palestinesi il 9 ottobre 1982.
Poco dopo il papa entra nella sinagoga insieme al rabbino Di Segni. Mentre risuona il canto del salmo 98 accompagnato dalle note dell'organo, il papa si intrattiene a salutare le persone della comunità. Stringe mani, scambia abbracci, si sofferma con giovani e anziani, infine saluta i sopravvissuti dei campi di sterminio nazisti. Poi il papa e il rabbino salgono in Tevà, la tribuna del Tempio Maggiore. Alle loro spalle una tenda celeste ricopre l'Aròn, l'armadio che contiene i rotoli del Pentateuco.
È il momento dei discorsi ufficiali. Ruth Dureghello, da pochi mesi presidente della Comunità ebraica di Roma, dice “oggi scriviamo un'altra volta la storia” e aggiunge “abbiamo la responsabilità di rendere il mondo in cui viviamo un posto migliore per i nostri figli”. Il discorso tocca i temi caldi della politica internazionale. Dureghello sottolinea il “rapporto identitario” della comunità ebraica romana con Israele, cita gli agguati con i coltelli in mano che stanno seminando il terrore in molte città israeliane, sottolinea che il terrorismo è “anche quello che colpisce tutti i giorni Israele”. Dureghello aggiunge che oggi ebrei e cattolici “lanciano un messaggio nuovo rispetto alle tragedie che hanno riempito le cronache di questi mesi”, poi auspica “la collaborazione anche dell'Islam” e dei “tanti musulmani che condividono con noi la responsabilità di migliorare il mondo in cui viviamo”.
Renzo Gattegna, presidente dell'UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) esprime a Francesco “lo spirito di profonda stima” delle ventuno comunità ebraiche italiane”, elogia il “legame forte e profondo” di Francesco con il popolo ebraico e sottolinea che i terreni comuni su cui lavorare sono “il rispetto della vita e la ricerca della pace”. Gattegna conclude: La salvezza per tutti può venire solo dalla formazione di una forte coalizione che sia in grado di vincere questa sfida camminando fianco a fianco, nel rispetto delle diversità, ma al tempo stesso consapevoli dei molti valori e principi che ci uniscono”.
Risuona il Salmo 15 Mizmor le David, poi è il turno di Rav Di Segni. Ricordando le visite dei papi precedenti, Di Segni dice a Francesco che “secondo la tradizione giuridica rabbinica, un atto ripetuto tre volte diventa chazaqà, consuetudine fissa”. Il papa sorride e allarga le mani, in segno di assenso, come per dire “io ci sto”. Il rabbino ricorda il Giubileo della misericordia e sottolinea le origini bibliche dell'evento per dire: “E' un segno di come le strade divise e molto diverse dei due mondi religiosi condividono comunque una parte di patrimonio comune che entrambe considerano sacro”.
Poi il rabbino indica i due segnali principali dell'evento di oggi: la continuità con i gesti dei precedenti pontefici e l'incontro di pace fra comunità religiose “che si oppone all'invasione e alla sopraffazione delle violenze religiose”. Di Segni conclude dicendo che “dobbiamo avere la consapevolezza della nostra forza e la fiducia nella bontà dei nostri valori. E procedere insieme per affermarli, in pace”.
Segue il discordo di Francesco, quindi lo scambio di doni. Poi il coro intona l'inno Ani Maamin. Il papa e il rabbino raggiungono una sala attigua per un incontro privato. Fuori si è si è fatto buio e le strade dell'ex ghetto si animo della folla che sciama dalla sinagoga. E' stata una bella giornata.

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