Benvenuto
papa Francesco”. Quando Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma,
comincia il suo discorso davanti a papa Francesco, il sorriso non è
solo sul suo volto, ma anche nella sua voce. Il saluto,
cordialissimo, sembra fare eco al “buonasera” con il quale papa
Francesco si presentò al mondo subito dopo la sua elezione. E nel
Tempio Maggiore scroscia uno dei tanti applausi che hanno
accompagnato l'incontro fra il papa e gli ebrei romani.
In una giornata fredda e ventosa, con l'aria trasparente come il vetro,
papa Francesco arriva alla sinagoga percorrendo in auto il
Lungotevere. Prima di entrare nel Tempio Maggiore il papa depone una
corona di fiori presso la lapide in ricordo della deportazione degli
ebrei romani verso i campi di sterminio nazisti, nell'ottobre del
1943. Subito dopo papa Francesco viene accompagnato davanti alla
lapide in memoria di Stefano Gaj Tachè, il bimbo ucciso dai
terroristi palestinesi il 9 ottobre 1982.
Poco dopo il papa entra nella sinagoga insieme al rabbino Di Segni. Mentre
risuona il canto del salmo 98 accompagnato dalle note dell'organo, il
papa si intrattiene a salutare le persone della comunità. Stringe
mani, scambia abbracci, si sofferma con giovani e anziani, infine
saluta i sopravvissuti dei campi di sterminio nazisti. Poi il papa e
il rabbino salgono in Tevà, la tribuna del Tempio Maggiore. Alle
loro spalle una tenda celeste ricopre l'Aròn, l'armadio che contiene
i rotoli del Pentateuco.
È il momento dei discorsi ufficiali. Ruth Dureghello, da pochi mesi
presidente della Comunità ebraica di Roma, dice “oggi scriviamo
un'altra volta la storia” e aggiunge “abbiamo la responsabilità
di rendere il mondo in cui viviamo un posto migliore per i nostri
figli”. Il discorso tocca i temi caldi della politica
internazionale. Dureghello sottolinea il “rapporto identitario”
della comunità ebraica romana con Israele, cita gli agguati con i
coltelli in mano che stanno seminando il terrore in molte città
israeliane, sottolinea che il terrorismo è “anche quello che
colpisce tutti i giorni Israele”. Dureghello aggiunge che oggi
ebrei e cattolici “lanciano un messaggio nuovo rispetto alle
tragedie che hanno riempito le cronache di questi mesi”, poi
auspica “la collaborazione anche dell'Islam” e dei “tanti
musulmani che condividono con noi la responsabilità di migliorare il
mondo in cui viviamo”.
Renzo
Gattegna, presidente dell'UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane) esprime a Francesco “lo spirito di profonda stima”
delle ventuno comunità ebraiche italiane”, elogia il “legame
forte e profondo” di Francesco con il popolo ebraico e sottolinea
che i terreni comuni su cui lavorare sono “il rispetto della vita
e la ricerca della pace”. Gattegna conclude: La
salvezza per tutti può venire solo dalla formazione di una forte
coalizione che sia in grado di vincere questa sfida camminando fianco
a fianco, nel rispetto delle diversità, ma al tempo stesso
consapevoli dei molti valori e principi che ci uniscono”.
Risuona il Salmo 15 Mizmor le David, poi è il turno di Rav Di Segni.
Ricordando le visite dei papi precedenti, Di Segni dice a Francesco
che “secondo la tradizione giuridica rabbinica, un atto ripetuto
tre volte diventa chazaqà, consuetudine fissa”. Il papa
sorride e allarga le mani, in segno di assenso, come per dire “io
ci sto”. Il rabbino ricorda il Giubileo della misericordia e
sottolinea le origini bibliche dell'evento per dire: “E' un segno
di come le strade divise e molto diverse dei due mondi religiosi
condividono comunque una parte di patrimonio comune che entrambe
considerano sacro”.
Poi il rabbino indica i due segnali principali dell'evento di oggi: la
continuità con i gesti dei precedenti pontefici e l'incontro di pace
fra comunità religiose “che si oppone all'invasione e alla
sopraffazione delle violenze religiose”. Di Segni conclude dicendo
che “dobbiamo avere la consapevolezza della nostra forza e la
fiducia nella bontà dei nostri valori. E procedere insieme per
affermarli, in pace”.
Segue il discordo di Francesco, quindi lo scambio di doni. Poi il coro
intona l'inno Ani Maamin. Il papa e il rabbino raggiungono una
sala attigua per un incontro privato. Fuori si è si è fatto buio e
le strade dell'ex ghetto si animo della folla che sciama dalla
sinagoga. E' stata una bella giornata.