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martedì 13 maggio 2025
 
SCUOLA
 

La frustrazione dello studente che da ripetizioni

16/03/2016  Ci scrive un universitario che offre ripetizioni a ragazzi delle superiori. Quando non migliorano si sente in colpa. La nostra esperta ci ricorda che un serio lavoro di recupero parte dalla scuola.

Cara prof., sono uno studente universitario che dà ripetizioni private a studenti delle scuole superiori. Il mio dispiacere è quando non riesco a far raggiungere quei risultati che i ragazzi e le famiglie si aspetterebbero da me. È soprattutto frustrante quando, nonostante mi sembra si siano fatti tutti gli esercizi e i ragazzi sappiano risolverli, le veriche continuano ad andare male. Mi chiedo se sia la mancanza di un metodo mio o se le difficoltà dei ragazzi sono talmente serie che anche il mio intervento non basta.

FRANCESCO

Caro Francesco, tu fai parte di quel variegato mondo delle ripetizioni private: studenti universitari, professori in pensione, e anche in servizio, che ogni anno aiutano milioni di studenti a rimediare una promozione, se va bene, o evitare una bocciatura. Nel nostro Paese il 35-40% degli studenti delle scuole superiori va a ripetizione, molto gettonate quelle in matematica, inglese, fisica, latino e greco. Ma già alla scuola media e, a volte, alle elementari si ricorre a un aiuto pomeridiano nei compiti. Se ci pensi è anche un giro d’affari non da poco. Quindi prima di risponderti pongo una domanda: com’è possibile che ci siano così tanti studenti che devono ricorrere a un insegnante di ripetizione quando nel corso degli ultimi vent’anni si sono introdotti proprio all’interno della scuola strumenti come i corsi di recupero e gli sportelli di aiuto allo studio? E ancora: chi si dovrebbe far carico di analizzare le ragioni dell’insuccesso e proporre una cura? La domanda è forse retorica e la risposta insita in sé stessa: la scuola deve promuovere il successo scolastico e formativo.
So bene anche quali risposte riceverei da parte di molti colleghi sulla mancanza di risorse finanziarie che non permettono il raggiungimento di questo obiettivo. Però credo che noi insegnanti potremmo e dovremmo interrogarci di più sul nostro operato quando magari un terzo e più della classe presenta delle insufficienze. A volte, invece, ho come la sensazione che non teniamo conto degli studenti che abbiamo davanti, seguiamo un metodo, magari solo quello da vent’anni, e se il ragazzo non riesce, beh, vada a ripetizione. So che farò arricciare qualche naso di miei colleghi e dei tuoi, ma è per dirti che non ti devi far carico da solo degli insuccessi dei ragazzi che segui. È possibile che tu di fronte a situazioni complesse sia metodologicamente impreparato, ma questo non solo per la giovane età. Un lavoro vero e serio di recupero quantomeno dovrebbe prevedere una relazione tra il docente e chi svolge il lavoro di sostegno, per condividere informazioni sull’alunno, sulle sue difficoltà, su quali siano i contenuti su cui lavorare e magari riflettere sui metodi e per un efficace e serio lavoro di recupero.

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