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domenica 23 marzo 2025
 
 

Un letto e un pasto per salvare la dignità

24/12/2014  Una giornata nel centro di accoglienza di via Saponara, a Milano, insieme con tanti padri di famiglia scivolati nell’indigenza

C’è una fila di auto davanti alla Casa della solidarietà di via Saponara nel quartiere Gratosoglio, periferia a sud di Milano. Sono occupate quasi tutte da uomini che cercano di trovare il coraggio per entrare a chiedere un pasto caldo e un letto dove passare la notte. Non è per niente facile.
Avevano un bel lavoro, una famiglia, degli amici e ora sono qui, soli e infreddoliti. «Ne vedo tanti con la giacca blazer blu, pantaloni fumo di Londra, cravatta e valigetta 24 ore. Arrivano qui dopo una giornata passata a cercare un nuovo lavoro. Ogni tanto provo ad avvicinarli, ma non parlano con nessuno: si vergognano troppo ». Walter, 61 anni, è uno di loro.

Bruciati

Ex dirigente di un’azienda leader nel settore dell’edilizia, guadagnava 7 mila euro al mese e viveva con sua moglie in una bella casa. Poi, a catena: il licenziamento, la separazione, un ictus che lo ha molto debilitato, lo sfratto.
Dal 2012 mangia e dorme qui: «Ho bruciato 240 mila euro in un anno e mezzo tra spese mediche per me e per mia moglie e altre che avrei potuto evitare. E ora chi mi prende più a lavorare?». La maggior parte delle sue giornate le passa leggendo su una panchina: «Prima i quotidiani perché per me è vitale sapere cosa accade nel mondo e poi qualche classico come Delitto e castigo o Moby Dick».
Quando ha finito, aggiunge con ironia citando Nanni Moretti, «faccio cose e vedo gente. Soprattutto frequento la mia parrocchia, dove partecipo a un gruppo di ascolto. Ogni tanto il parroco, don Marcellino, mi dà qualcosa. Ma io, ogni primo del mese, restituisco sempre tutto: è un fatto di dignità».

Walter passerà il Natale e il Capodanno a Lavagna, in Liguria, a casa di un amico conosciuto alla Casa della solidarietà. In attesa di prendere quella di vecchiaia, tira avanti con 502 euro di pensione di invalidità e ha fatto domanda per una casa popolare. «Ma so che c’è molta gente che sta messa peggio di me». Per il futuro ha due soli desideri: «Ricucire i rapporti con mio fratello e tornare a sentirmi utile mettendo a disposizione degli altri le mie competenze. Mi piacerebbe, per esempio, organizzare un corso di educazione civica per gli stranieri che vengono qui».

È arrivata l’ora di cena. Nando, 58 anni, registra gli ingressi. Anche lui è separato e ha una figlia di 31 anni che vive con la madre. «Ho fatto per una vita il camionista e me la passavo bene. Il camion era mio e riuscivo a tirar su anche 2.500 euro al mese. Nel 2006 ho avuto un infarto e da allora ho vissuto praticamente in ospedale finché, nel 2012, un angelo mi ha donato un cuore nuovo. Quando sono uscito, però, non avevo più né una casa, né il mio camion che ho dovuto vendere per curarmi. Mi sono rimasti 286 euro al mese di invalidità: se anche dovessero assegnarmi una casa popolare, come farei a pagarla e a vivere? Spero di trovare un lavoro perché ancora non sono da buttare via. Intanto, do una mano qui e comunque mi considero un uomo fortunato, anche perché ho una figlia che adoro e, quando posso, la aiuto».

Salutiamo Nando e andiamo da Luca, 52 anni. Ci chiede di non essere fotografato, se non di spalle. «Ho una ex moglie, un figlio di 11 anni, un padre e due fratelli: nessuno, a parte pochi amici fidati, sa che vivo qui. Loro abitano fuori Milano e vado sempre a trovarli io». Anche la sua esistenza è stata travolta dalla crisi. «Nel 2009 mi sono separato e poi la cooperativa dove lavoravo è fallita. Non sono più riuscito a pagare l’affitto e così mi sono ritrovato in mezzo a una strada». Ma non si è mai arreso: «Ho accettato qualsiasi lavoro, anche a giornata, finché sono riuscito a entrare in un’altra cooperativa. Ogni mese mi entrano circa 800 euro: 300 li do a mio figlio per il mantenimento, che è la cosa a cui tengo di più, e il resto lo metto da parte finché potrò permettermi un’altra casa in affitto. Così, finalmente, potrò di nuovo ospitare mio figlio e passare più tempo con lui».

Da cinque anni

Mentre fervono i preparativi per organizzare la “merendata” di Natale, arriva Lorenzo, 55 anni, vestito con molta cura. «Sono stato tutto il giorno in giro a lasciare il mio curriculum, ma purtroppo il lavoro non c’è. L’ultimo colloquio l’ho avuto un mese fa». Pure lui ha una ex moglie e una figlia. «Ho vissuto tanti anni felice con loro: gestivamo una portineria. Poi c’è stata la separazione, ho perso l’alloggio e per un po’ ho vissuto nella casa da mia madre. Ma quando si è trasferita in un ospizio, ho dovuto arrangiarmi con i dormitori. Faccio questa vita da cinque anni».
Oltre a lasciare curriculum, Lorenzo si arrabatta con qualche lavoretto per le parrocchie della zona. «Non mi lamento: ho conosciuto tante persone che mi vogliono bene. E poi tre anni fa mi sono innamorato di una donna. Mangiamo insieme, il nostro sogno è trovare una casa tutta per noi e sposarci». La storia di Lorenzo non è l’unica. Uscendo, incontriamo un italiano e una straniera con una bellissima bambina nel passeggino. «Ci siamo conosciuti qui e ora siamo diventati in tre». Fuori, intanto, la fila di auto si è ridotta, ma in quelle rimaste non c’è più nessuno: la mensa anche stasera è piena.

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