«Tra
l'8 e il 9 gennaio nell’area di Bozoum, la Seleka ha bruciato più
di 1.300 case e ucciso almeno una dozzina persone. E fare questo in
un contesto di tensioni, è un suicidio».
La denuncia è di padre
Aurelio Gazzera, missionario carmelitano che opera a Bozoum
nell’Ovest della Repubblica Centrafricana.
Il Paese è lacerato
dagli scontri tra gli ex ribelli Seleka e le milizie anti-balaka, che
hanno costretto alla fuga circa un milione di civili.
I
Seleka si sono ora ritirati da Bozoum, lasciando dietro un carico di
odio e di risentimenti nei confronti della popolazione musulmana,
considerata come sostenitrice dei ribelli.
Padre Gazzera continua
incessantemente a fare la spola tra le diverse comunità per cercare
di placare gli animi, portando nel contempo carichi di viveri. Nel
corso dei suoi spostamenti il missionario è stato testimone oltre
che di saccheggi e violenze anche di episodi di aiuto tra persone di
fedi diversa, come in un villaggio, dove diverse donne musulmane sono
state protette dai cristiani.
A
Bozoum sono arrivati i soldati della Misca (Missione degli Stati
dell’Africa Centrale), ma padre Aurelio dice che «è chiaro che ci
vuole una forza militare più significativa. La Misca ha lasciato
solo 11 soldati nell’area che non sono sufficienti per garantire la
sicurezza e avviare le urgenti operazioni di disarmo».
Quello
che segue è il diario pressoché quotidiano della drammatica
escalation bellica di dicembre scorso.
Padre Aurelio Gazzera, missionario a Bozoum, Centrafrica.
Diario di Bozoum
Il 6
dicembre 2013 c'è stato un attacco degli anti balaka qui a Bozoum.
Ci sono stati spari per tutto il pomeriggio, e la maggior parte della
gente è fuggita, chi in foresta e chi alla Missione, dove alla fine
5.700 persone hanno trovato rifugio, per una dozzina di giorni.
Questo
è il diario di questi giorni, con le speranze e le paure. Non è
solo il racconto solo dei rifugiati, ma anche degli sforzi fatti per
portare la pace, e far incontrare i ribelli della Seleka, che da
marzo controllano la città, con violenze, uccisioni, furti, i
cristiani, i musulmani, gli anti balaka (gente semplice, esasperata
da mesi di violenze gratuite).
Sfollati a Bozoum.
6 dicembre 2013
Ieri
giornata di fuoco a Bangui, con spari e molti morti (oltre 300,
pare).
Anche
qui a Bozoum molta tensione. In serata ci sono stati un paio di
spari, e subito un po' di gente dei quartieri più vicini è venuta
qui alla Missione a passare la notte.
Dopo
una notte calma, questa mattina verso le 9,30 ci sono stati degli
spari. I bambini della scuola elementare e i ragazzi della media
erano molto agitati. Sono passato in classe, abbiamo preso le dovute
precauzioni. Poi, dopo aver avuto conferma che era un falso allarme,
i ragazzi sono andati a casa.
Alle
12,45 altri spari. Ma questa volta sono tanti, in varie direzioni, e
anche colpi di armi pesanti. Gli anti-balaka, milizie di gente che ha
perso quasi tutto a causa della Seleka, hanno attaccato la città.
Subito c'è un fuggi-fuggi, e tanta gente arriva alla Missione.
Verso
le 16,00 facciamo una riunione per dare qualche direttiva ed
organizzare la permanenza (sicurezza, igiene, acqua, sistemazione per
la notte, ecc).
Sono
almeno 3.000 persone qui, e non so se ne arriveranno altre in serata…
Purtroppo
ci sono stati dei morti e alcuni feriti…
Speriamo
e preghiamo che la situazione si calmi e che la pace possa tornare.
7 e 8 dicembre
Sabato
e domenica "da rifugiati".
La
situazione a Bozoum continua ad essere tesa e difficile.
Sabato
è stata una giornata quasi calma, che ci ha permesso di organizzare
un po' le cose: bisogna occuparsi della sistemazione (in 35 sale
della Missione, scuole comprese), dell'igiene, del cibo, della
sicurezza. Ma nell'insieme c'è una bella atmosfera. Per i bambini è
un po' una gita, mentre gli adulti, al di là dei sorrisi, sono
preoccupati.
Sabato
sera la Fomac (la Forza Multinazionale dell'Africa Centrale) mi aveva
detto che probabilmente sarebbero venuti, invece niente.
Domenica
mattina abbiamo celebrato la Messa, poi verso le 11 c'è stata una
fuga generale: girava voce dell'arrivo dei ribelli della Seleka qui
alla missione...
I
rifugiati stamattina sono circa 3.000, ma ne arrivano continuamente
altri dalla città e dai villaggi. Domenica mattina ci sono stati
scontri sulla strada di Bocaranga, a 15 km, con 2 seleka morti. Ci
sono molti peuls che sono arrivati. Sono nomadi che si
occupano di allevamento. Sono oltre 2.200, e stiamo organizzando per
portare loro dei viveri nei 3 siti dove sono rifugiati.
Sempre
domenica, verso le 12,45 sento qualche colpo. Corro a vedere, la
gente è tranquilla: ho saputo in seguito che in centro avevano
sparato a un giovane...
Alle
15 sono partito per la seconda volta con la Croix Rouge, e siamo
andati a recuperare 7 cadaveri per poi portarli in una fossa comune.
Con quelli del giorno prima fanno 12 persone: a parte un ribelle
degli anti-balaka, gli altri sono civili che si nascondevano in casa
per paura...
Passando
in città si vedono solo musulmani e peuls con fucili, archi,
coltellacci, machettes... C'è molta tensione e paura, e temo che
possa degenerare in un massacro.
Qui
alla Missione abbiamo messo un paio di barriere, e non lasciamo
girare nessuno con machettes o bastoni...
Una vittima degli scontri nella zona di Bozoum.
Lunedì 9 dicembre
Oggi,
lunedì, ci sono state ancora minacce, e la vigilanza è più forte.
Speriamo in un intervento dei militari della Fomac o dei francesi…
Questa
mattina, passando, incontro alcuni alunni musulmani del nostro Liceo.
Sono contento di vederli e loro anche. Sono molto dispiaciuti di
questa tensione. Li invito a venire in pomeriggio per una partita…
Un piccolo segno di speranza.
In
serata arrivano i nostri! Sono i militari camerunesi della Fomac: 20
soldati, molto professionali.
Mettono
in sicurezza la concessione della Missione, che accoglie ormai 4.500
rifugiati. Poi partono a vedere i ribelli della Seleka. Li informano
che faranno delle pattuglie in città, e la Seleka non è d'accordo.
La Fomac dice che non importa: loro faranno la pattuglia ugualmente.
Allora la Seleka pretende di fare le pattuglie insieme, e la Fomac
dice di no. Alla fine la Seleka deve accettare.
Martedì 10 dicembre
La
mattina vado all'aeroporto a portare una donna ferita dalla Seleka
venerdì: l'aereo della Croce Rossa la porta a Paoua, dove Medici
senza Frontiere se ne occuperà.
Nel
frattempo la Fomac fa una riunione con le autorità, l'Imam e la
Seleka. La Seleka pretende che la gente rifugiata alla Missione
rientri nei quartieri. E loro assicurerebbero la sicurezza (!).
Vogliono
incontrare la popolazione alle 14,00. Io rifiuto di farli entrare in
Missione, e non voglio che parlino alla popolazione, ma che la
popolazione parli loro… Accetto di fare un incontro con una dozzina
di rappresentanti dei rifugiati, in una casa dall'altra parte della
strada.
Alle
14,00 siamo tutti presenti. Ma la Seleka non arriva. Aspettiamo un
po' poi ci mettiamo d'accordo di non aspettare oltre le 14,30. Alle
14,25 il "colonnello" telefona, dicendo che si era
addormentato, e che adesso può venire. Gli diciamo di no, perché
ormai noi siamo partiti, e che può venire l'indomani alle 8,30. I
delegati dei rifugiati, quando sentono che rifiutiamo di aspettare il
colonnello, applaudono! È importante che la gente inizi a prendere
coscienza della propria dignità, e che esiga il rispetto.
In
città c'è un po' meno di tensione e un po' meno armi…
Parto
con la Croce Rossa per recuperare un altro cadavere. Rientrando,
incrocio dei giovani armati di bastoni e machete. Mi fermo, e chiedo
loro perché vanno in giro armati. Mi dicono che hanno paura degli
anti-balaka (milizie spontanee che attaccano la Seleka e i
musulmani). Gli dico di restare tranquilli e di non circolare armati.
Alle
20,30 mi informano che ci sono gli anti-balaka in città…
Prendiamo
qualche precauzione, e poi andiamo a dormire, e finalmente la notte
scorre tranquilla.
Mercoledì 11 dicembre
Questa
mattina avevamo la riunione alle 8,30. Sorpresa: il “colonnello”
Yahaya della Séléka arriva 5 minuti prima… Ha capito la lezione
di ieri. Arriva con il “colonnello” Ibrahim, e con “10/15”
(il suo nome di battaglia…), e la scorta (armata più di gris-gris
(amuleti) che di armi…
Le
persone sono molto numerose e i delegati cominciano a parlare.
Manifestano la loro paura, i timori e la mancanza di sicurezza.
Questa notte stessa, i Seleka hanno bruciato due case e rubato un
telefono…
Le donne sono molto più coraggiose degli uomini! Una
donna parla: i Seleka hanno ucciso suo marito venerdì scorso… lei
ha 7 figli piccoli, e più niente! La sua testimonianza fa scendere
molte lacrime…
Dopo,
prendo la parola io. Finalmente! Sono mesi che aspetto il momento di
gridare e denunciare quello che fanno quelli della Seleka. In più ho
del pubblico, e mi lancio.
I
Seleka pretendono che i rifugiati (che sono ormai 4.500) rientrino a
casa. Ma non c’è alcuna garanzia. Dico che il problema non sono i
mussulmani, ma loro, quelli della Seleka. Sono loro che uccidono, che
buttano i cadavere nei fiumi, che sono perfino arrivati a denunciare
me e la Croce Rossa perché siamo andati a cercare i cadaveri per
seppellirli. È la Selekà che arresta la gente, che la tortura. È
la Seleka che minaccia (e dico a “10/15”: «Sei tu che in
Municipio hai urlato contro il padre, che denuncia i vostri crimini,
e tu hai detto che saresti venuto ad abbattermi»). È la Seleka che
picchia e che ruba. Che mette le barriere, sotto il pretesto di
proteggere la gente: «La verità è che voi taglieggiate la gente,
voi rubate, e voi non proteggete altro che le vostre tasche».
Gli
ho detto pure che, dopo aver fatto fuggire le persone – che si sono
rifugiate a Bozoum da agosto (sono più di 8.000) – pretendono
soldi dai camion con i viveri del Pam (il Programma alimentare
mondiale dell’Onu), che sono obbligati a pagare per entrare in
città… Ho detto: «Voi volete che loro rientrino a casa, ma questa
notte avete bruciato due case, avete rubato un telefono… come
potete pensare che le persone si fidino?».
Ho
spiegato loro che noi abbiamo aperto le porte a tutti, ai cristiani
come ai mussulmani. Che noi diamo i viveri alle persone che sono alla
Missione ma anche ai 2.200 peuls che sono rifugiati nella Moschea.
Noi non abbiamo problemi con i mussulmani. Il problema… siete voi
della Seleka.
I
Seleka hanno risposto «vedremo».
Dopo la riunione mi sono
trattenuto con loro, e mi sembra abbiano capito… vedremo!
Parto per andare a trovare i peuls che sono fuggiti dai villaggi
e dai quartieri. Erano 2.200, ma ce ne sono altri che stanno
arrivando… Sono contenti di vederci, e condividiamo la loro
sofferenza. Hanno paura perché gli anti-balaka li hanno attaccati
(ci sono dei feriti), ed è per questo che sono armati.
Incontriamo
anche l’Imam, un amico, e ci salutiamo con gioia. Ne approfitto per
dire a tutti che noi non abbiamo niente contro i mussulmani, che
abbiamo bisogno di vivere insieme nella pace. È un bel momento….
Invito l’Imam alla missione per parlare ai rifugiati. Accetta e si
farà.
Dopo
la visita, rientro e spero che da qui a domani si possa invitare la
gente a ripartire…. se i Selekà rispetteranno le condizioni:
smettere le estorsioni e le violenze…
Alle
16,00 parto per incontrare il “colonnello” Yahaya della Seleka,
con il Segretario della prefettura. È un tipo calmo, e riprendo la
discussione di questa mattina: le persone non rientreranno fino a che
la Seleka continuerà a rubare, uccidere, torturare… Si discute
bene, e spero che ascolti. Vedremo se vorranno cambiare o no.
Passo
a cercare l’Imam, e con lui torniamo alla missione per incontrare
i rifugiati. Lo presento e spiego alla gente la paura dei nostri
fratelli mussulmani, attaccati dagli anti-balaka e insisto sulla
volontà di rispettare tutti e ciascuno e di tornare a vivere insieme
nella pace. Dò la parola all‘Imam che invita a tornare nei
quartieri. Ma le persone hanno ancora paura… Ci vorrà del tempo,
molto tempo e molto lavoro per tornare alla pace vera.
Venerdì 13 dicembre
Questa
mattina prima delle 6,00, ho preso la strada per andare a Bocaranga,
nel villaggio di Tatale (a 50 km) a prendere i feriti dell'attacco
degli anti-balaka di Sabato 7 dicembre .
A
meno di 15 km da Bozoum, mi sono fermato perché ci sono gli
anti-balaka e mi stanno aspettando. Li saluto: è la gente nei
villaggi della strada, ci sono studenti, giovani, adulti. Sono oltre
80.
Iniziamo
a parlare. Esprimono la loro disperazione per le esazioni dei Seleka
e le loro disgrazie avvenute da marzo in poi.
Io
dico loro che la risposta all’estorsione e la lotta per difendere
le loro famiglie e il loro villaggio è una buona cosa, ma non
dovrebbero confondere i musulmani e i Seleka. I criminali sono la
Seleka. Ci sono mussulmani e Mbororos che ne hanno approfittato, ma
è fuori questione attaccare i civili come hanno fatto a Bozoum,
provocando la reazione della Seleka (con più di 20 civili innocenti
uccisi) e dei mussulmani che ora sono tutti armati.
Capiscono,
e chiedo se accettano di partecipare a un incontro col colonnello
Seleka. Accettano.
Continuo
la strada, e in ogni villaggio ci sono anti-balaka. A Tatale, mentre
prendiamo i feriti, incontro il comitato di autodifesa, che aveva
reagito contro gli anti-balaka che sabato hanno attaccato i musulmani
del villaggio. L'atmosfera è buona , ma il Colonnello Yahaya
(Bozoum) ha venduto kalashnikov ai Mbororos. Questo complica le cose.
Torniamo
con venti feriti.
Cercherò
di convincere il colonnello a venire domani, disarmato , in occasione
della riunione... speriamo , e speriamo che questo lavoro porti dei
frutti di pace...
Sabato 14 dicembre
Questo
è il grande giorno della riunione con gli anti-balaka (semplici
contadini che hanno costituito comitati di vigilantes per proteggere
le loro famiglie e beni, esasperati dalle esazioni dei Seleka).
Alle
8,00 vado in città col segretario della Prefettura, la Provveditore
agli Studi e miei colleghi di Giustizia e Pace. Il colonnello Yahaya
di Seleka chiama il suo "Stato maggiore" e mi porge il
telefono. Dopo aver spiegato il problema, e aver assunto la
responsabilità per la sicurezza, si conviene che il colonnello può
venire senza scorta (è la condizione che ho richiesto).
Intanto
posso convincere alcuni leader musulmani (due Imam, un capo Mbororo e
un delegato dei trasportatori). Faccio fatica a convincerli, ma poi
sono determinati e fortemente motivati (e molto coraggiosi
considerando che gli anti-balaka sono piuttosto ostili nei confronti
dei mussulmani e degli Mbororos, perché alcuni di loro hanno
collaborato e approfittato della presenza della Seleka).
Partiamo.
Arrivati in paese c'è una linea impressionante di uomini armati.
Sono più di 500! Hanno fucili artigianali, fatti con tubi
dell'acqua, machete, bastoni.
Iniziamo
l'incontro, e diamo la parola ai leader. È impressionante ascoltare
le loro grida di angoscia e sofferenza. Non possono viaggiare, hanno
problemi con gli allevatori Mbororos (che sono armati e minacciano),
sono stati feriti, torturati, violentati, derubati. Hanno perso dei
familiari, uccisi dalla Seleka (uno è stato ucciso e il corpo è
stato gettato nel fiume). Sono molto determinati, e lanciano un
ultimatum di tre giorni perché la Seleka deponga le armi e lasci
Bozoum. In caso contrario, vogliono entrare a Bozoum e attaccare i
Seleka.
E
così sarà il disastro e la strage (in quanto identificano la Seleka
e gli arabi... sarebbe un massacro della popolazione mussulmana, e in
risposta un massacro di cristiani).
Cerchiamo
di far capire che, anche se alcuni mussulmani e alcuni mbororos hanno
collaborato con la Seleka, la maggior parte dei musulmani e mbororos
sono innocenti.
I
mussulmani che abbiamo portato sono molto saggi, per fortuna. A volte
dalla folla ci sono grida contro i mussulmani, ma rimangono
tranquilli. Parlano, e in primo luogo chiedono perdono per il male
che i musulmani hanno fatto e dicono di voler aiutare a far partire
la Seleka in modo che possiamo tornare a vivere insieme in pace.
Abbiamo
terminato l'incontro con l'obiettivo di disarmo e di partenza dei
Seleka: ci sono 3 giorni di tempo... Non sarà facile, ma ci
proveremo insieme. Altrimenti, che Dio ci aiuti!
Il
numero di anti-balaka in questa zona è probabilmente più di mille
elementi. Ci sono altri due gruppi principali, e stimiamo il numero
totale tra 2.500 e 3.000 persone armate, come minimo.
Se
riusciamo a disarmare Seleka, gli anti-balaka sono pronti a lasciare
le armi. potrebbe essere un modello, e facilitare la pacificazione
del Paese.
Alle
15,00: riunione con le persone che sono venute questa mattina
(segretario della Prefettura, 5 musulmani e io). Siamo d'accordo per
leggere l'ultimatum al colonnello, e gli diamo 2 scelte:
•
La Seleka lascia Bozoum
• I
Seleka, se vogliono restare, devono essere confinati in un unico
luogo, e non uscire per le strade con le armi.
Chiamiamo
il colonnello, che arriva. Gli spieghiamo la gravità della
situazione. Gli leggiamo l'ultimatum degli anti-balaka, e presentiamo
le nostre proposte. È chiaro che non sono troppo contenti...
Chiediamo
loro di prendere sul serio le proposte, perché attualmente gli
anti-balaka sono molto numerosi e più potenti, e se la Seleka
resiste, può essere un massacro per tutti.
Ci
penseranno e alle 11 di domani ci daranno una risposta.
Domenica 15 Dicembre
I
militari non sono arrivati... né i francesi né i camerunesi della
Fomac...
C'era
tanta speranza, perché è il momento giusto, con gli anti-balaka
fuori e i Seleka bloccati nella loro base, ma niente.
I
rifugiati della Missione sono più di 5.700. Il processo di
riconciliazione continua.
I
mussulmani stanno organizzando il disarmo, e infatti non vediamo
molte persone con il machete in città.
Ieri
abbiamo presentato l'ultimatum al colonnello della Seleka, e doveva
dare una risposta alle 11,00, poi alle 15,00, e alle 16,00. Infine
ha detto che accetta la seconda alternativa, cioè di consegnare gli
uomini nella base e non farli uscire armati in città...
Ho
sottolineato la necessità di un disarmo fatto da militari
professionisti, e hanno risposto che sono d'accordo. Mi sembrano più
calmi di ieri, in particolare rispetto al problema dei 3 giorni di
ultimatum.
L'incontro
di ieri con i mussulmani ha dato frutti, perché sono meno violenti
verso di loro. Ho promesso di tornare domani nel pomeriggio.
Domani
cercherò di entrare in contatto con altri gruppi anti-balaka... e
vedremo.
Lunedi 16 dicembre
Intorno
alle 8,30 del mattino vado in città, per andare con quelli della
Croce Rossa a recuperare ancora un cadavere e seppellirlo. Tornando
trovo 9 Seleka armati, a piedi in città. Eppure il colonnello Yahaya
aveva accettato di bloccarli nella loro base.
Nel
frattempo troviamo un elemento Seleka nella concessione della
Missione. Lo carico la macchina e lo portiamo fuori, e lui dice che è
venuto innocentemente, bla, bla, bla. Abbiamo verificato e abbiamo la
conferma che ha minacciato una persona. È venuto a estorcere altro
denaro.
Alle
11,00 quello che abbiamo chiamato "Comitato di negoziazione"
si riunisce. Si verifica la situazione e siamo d'accordo di chiamare
il colonnello e rimproverarlo per il non rispetto delle condizioni di
consegnare gli uomini nella base. Arriva alle 11,30, ed esprimiamo il
nostro rammarico per il comportamento dei suoi uomini, che non
rispettano l'accantonamento e continuano a fare esazioni. Dev’essere
consapevole della gravità della situazione e del pericolo in cui
mette tutta la popolazione agendo così.
Alle 16,00 iniziamo
l'incontro con gli anti-balaka, e spieghiamo loro la situazione,
l'accantonamento proposto e altre proposte per porre fine agli abusi,
in attesa dell'arrivo dei militari francesi e Fomac.
Martedì 17 dicembre
Questa
mattina intorno alle 8,30 noi (segretario della Prefettura, io e
quattro mussulmani) facciamo un giro in città per verificare se i
Seleka sono nella loro base o in giro. Li troviamo in riunione e
continuiamo fin fuori città perché qualcuno ci ha detto che ieri la
Seleka ha messo una barriera e che chiedevano i documenti a qualche
auto. Significa... chiedere soldi.
Ma dopo due ore, il colonnello
Seleka è arrivato per farli partire, e alcuni elementi sono fuggiti.
Alle
12,00 comincia a diffondersi la notizia dell'arrivo dei militari
francesi, che alle 12,30 vediamo entrare in città con dei carri
blindati. Mezz’ora dopo arrivano qui nella missione. Sono accolti
come liberatori dai nostri rifugiati!
Il
capitano mi chiede di presentare la situazione, e gli spiego tutta la
storia, con il processo di riconciliazione e di pacificazione. Lui è
stupito per il lavoro, ed è contento perché corrisponde esattamente
all'obiettivo della sua missione.
Dopo
una visita per identificare il sito per l'installazione, alle 15,00
partiamo con lui, e arriviamo al punto d'incontro con gli
anti-balaka. Loro sono contenti di vedere i due blindati, e il
capitano spiega che il suo obiettivo è quello di fermare i crimini
della Seleka, e disarmare tutti.
Gli
anti-balaka sono molto felici, e decidono di deporre le armi, poiché
il loro scopo (disarmo della Seleka, dei mussulmani e dei peuls) è
raggiunto.
Al
ritorno alla Missione chiamo i rifugiati in Chiesa, e dò loro la
buona notizia. Spiego l'intero processo, e il lavoro della missione
militare francese. Dico che le esazioni dei Seleka sono finite, e se
succede qualcosa, devono segnalare e denunciare rapidamente. Dò
qualche consiglio, e chiedo alle persone di aspettare e partire
domani.
Terminiamo l'incontro con un grande “Gloria”, cantato e
ballato.
Stasera
c'è un'atmosfera molto allegra: è come se fosse Natale!
Mercoledì 18 dicembre
Molti
dei profughi vengono a messa per ringraziare per la tutela di questi
giorni, per la pace e la riconciliazione. Subito dopo, la gente
inizia a preparare i bagagli e partono.
In meno di due ore, la
missione è vuota, e la quarantina di saloni occupati dai rifugiati
non è solo vuota, ma tutto è pulito: i profughi hanno lasciato
tutto in ordine! Un piccolo miracolo, e un bel gesto di riconoscenza!
Più
tardi vado in centro e trovo la gente tranquilla, il mercato
riaperto: la vita continua!
I
soldati francesi sono in città con carri blindati e camion, ben
visibili: stanno visitando i ribelli della Seleka per spiegare loro
che d'ora in avanti non possono più uscire dalla loro base con le
armi.
Poi
passo nel quartiere mussulmano, e la gente mi saluta con gioia: è
una piccola festa oggi. Anche se spesso disturbata da voci di
attacchi degli anti balaka e dal timore che i ribelli della Seleka e
altri nascondano le armi altrove.
Per
queste due ragioni, devo scendere più volte in città.
Alle
15,30 arriva un elicottero con il generale Soriano, capo delle truppe
francesi. Incontra il piccolo comitato di mediazione, e ascolta la
storia del nostro lavoro e le preoccupazioni, ma anche la nostra
soddisfazione di avere le forze francesi a Bozoum.
Dopo
la sua partenza vado a 5 km con il Segretario della Prefettura,
perché gli anti-balaka sono lì, e hanno messo una barriera per
evitare la fuoriuscita di armi. Parliamo a lungo, e diciamo loro di
rimuoverla in modo che la gente di Bozoum sia tranquilla e non abbia
paura. Accettano.
Il
disarmo inizia, ma non è così semplice... Ci vuole la
partecipazione di tutti!
Giovedi 19 dicembre
Notte
tranquilla: la prima senza profughi, senza rumori, colpi di tosse,
pianto di bambini...
L'Imam
mi ha chiesto di aiutarlo con la sepoltura di una donna, ha paura
degli anti-balaka. Chiedo ai militari francesi, e partiamo insieme a
seppellirla. Dopo, vado in ospedale a prendere un ferito e lo porto
al piccolo aeroporto in terra battuta, dove un aereo della Croce
Rossa lo prende e trasporta fino a Paoua dove Msf (Medici Senza
Frontiere) se ne occuperà.
Alle
14,30 parto con il Segretario generale della Prefettura per andare
all'incontro con gli antibalaka. Li troviamo tranquilli: praticamente
non ci sono più armi. Discutiamo, e le cose procedono.
Al
ritorno andiamo rapidamente su una strada dove troviamo dei peuls
che, secondo le informazioni ricevute, stanno nascondendo delle
armi...
Passando in città, troviamo la macchina dei ribelli Seleka,
e uno degli elementi è armato, cosa che non dovrebbe succedere.
Arrivo
alla missione, ma devo ripartire per andare a incontrare degli
anti-balaka di un altro gruppo. Sono contento di vederli, e parlare
un po' con loro, ascoltarli e dare loro consigli, e invitarli alla
pazienza in attesa del disarmo effettivo di tutte le parti.
Il
lavoro di mediazione e riconciliazione sta procedendo molto
lentamente, ma procede.
Venerdì 20 dicembre
In
mattinata parto con il Segretario della Prefettura verso Kosso, un
villaggio a 9 km di strada orribile. Sono accompagnato dai militari
francesi.
Qui
facciamo una riunione con uno dei gruppi di anti-balaka che non
abbiamo ancora incontrato: gente semplice, che esprime la propria
rabbia dopo mesi di soprusi e di violenze da parte della Seleka.
Li
ascoltiamo, e spieghiamo il lavoro di riconciliazione di questi
giorni. Il Capitano francese spiega il suo ruolo e la sua missione.
Prima
di rientrare passiamo a vedere l'Imam, per calmare la gente, che è
ancora in preda alla psicosi di un attacco da parte degli
anti-balaka.
Inoltre, ci sono persone che inventano incidenti, come
un giovane la cui auto sarebbe stata fermata dagli anti-balaka che
gli avrebbero rubato i soldi (e la cifra, ogni volta che racconta il
fatto, aumenta!). Dopo aver verificato, appuriamo che non l'hanno mai
fermato.
Nel
pomeriggio lunga riunione del Comitato di mediazione. Cerchiamo di
riflettere e invitare tutti alla calma e a verificare bene le voci
che si spargono. Durante la riunione arriva una macchina con sette
elementi della Seleka tutti armati. Li rimprovero, perché non
possono uscire dalla loro base con le armi… Faccio qualche foto, e
se ne vanno brontolando.
Finalmente
i militari iniziano a recuperare alcune armi, nascoste. Ma resta
molto lavoro da fare!
Sabato 21 dicembre
I
militari francesi se ne vanno! Dovrebbero essere rimpiazzati dai
camerunesi, ma quando? Già in mattinata riprendono a fare le loro
solite nefandezze. Alle 9 devo scendere alla loro base perché hanno
arrestato un giovane…
Quanto durerà la pace?