Fa un po' sorridere il Beppe Grillo che esce da una delle sue ville (quella di Sant'Ilario, il quartiere chic di Genova, o forse quella in Costa Smeralda o chissà, quella di Marina di Bibbona, sulla riviera degli Etruschi) e marcia su Assisi inneggiando a San Francesco. Ma il poverello di Dio ha sempre esercitato un fascino straordinario sulle persone di ogni ceto, dalle persone semplici ai capitani d'industria. Anche Luca Cordero di Montezemolo mi disse in un'intervista di essere affascinato dal santo, aggiungendo che si recava in pellegrinaggio ad Assisi almeno una volta all'anno. Il paradosso del poverello d'Assisi è proprio questo: San Francesco è per tutti, ricchi e poveri.
Quel che conta è la proposta del leader dei Cinque Stelle, che ha il merito di riportare al centro del dibattito politico un problema concreto. Sostenere chi non ha un reddito di sussistenza dignitoso è ormai da anni un’emergenza assoluta. Ci sono milioni di persone che non riescono a rientrare nel mercato del lavoro e sono destinate a non rientrarci per varie cause (l'età, la mancanza di specializzazione adeguata, le condizioni fisiche, psichiche etc.). Dopo l’approvazione da parte del Senato della legge delega sul reddito di inclusione il Governo sta provvedendo a fissare un minimo garantito per una fascia della popolazione che rientra nei parametri della povertà. Si tratta però di una fascia ristretta, per vie delle risorse messe a disposizione: circa due miliardi di euro. Secondo l’Alleanza contro la povertà, che raggruppa vari soggetti sociali (dalle Acli all’Azione Cattolica, dalla Sant’Egidio ai sindacati, da Save the Children al Forum del Terzo settore) per sollecitare politiche adeguate, di miliardi ne occorrerebbero almeno sette.
Il punto è capire cosa intenda Grillo quando parla di reddito di cittadinanza. In ballo vi sono questioni cruciali come l’etica del lavoro da contrapporre alla logica assistenzialista. Il concetto non è chiaro, potremo definirlo un mistero grillino, e probabilmente non è un caso, poiché spesso la politica gioca intorno all’indeterminatezza dei concetti per attrarre il massimo consenso possibile. Se per reddito di cittadinanza si intende un reddito a disposizione di qualunque cittadino nato sul suolo italiano allora le perplessità sono molte. A parte la copertura economica irrealizzabile, perché mai chi dispone già di un reddito dovrebbe essere anche foraggiato dallo Stato? Grillo dichiara di ispirarsi a San Francesco, ma i francescani sono stati i massimi artefici di un’economia al servizio dell’uomo: accanto ai Monti di Pietà hanno creato modelli economici per incrementare la produzione e favorire il lavoro. Un’assistenzialismo esasperato finirebbe per deprimere il ciclo produttivo e farci diventare ancora più poveri di quel che siamo, soprattutto nel Mezzogiorno. Ci metteremmo tutti intorno al tavolo a mangiare la pastasciutta, secondo una battuta efficace della Fornero.
Perché un conto sono quei soggetti sociali che non rientreranno più nel circuito produttivo a causa dell’età o della mancanza di specializzazione, un altro i milioni di giovani spesso diplomati o laureati ancora disoccupati. Per loro serve un lavoro, non un sussidio. E il lavoro si trova incrementando la produzione, abbassando il cuneo fiscale, favorendo le politiche di occupazione. Vi è poi il problema delle coperture finanziaria. Grillo calcola 17 miliardi di euro, ma non si capisce, in un momento di vacche magre come l’attuale , dove si possano trovare quei soldi pubblici. L’elenco dei tagli indicati dai Cinque Stelle è quanto meno discutibile: se è pienamente condivisibile un aumento della tassazione contro il gioco d’azzardo l’aumento dei costi delle trivellazioni, della pubblica amministrazione e delle indennità parlamentari (vecchia solfa) suonano “farlocche”, demagogiche o insufficienti, come è stato detto, per non parlare delle detrazioni fiscali per le famiglie (si vogliono eliminare anche quelle sulle spese mediche?).
Marciando per 19 chilometri i Cinque Stelle hanno fatto un passo avanti su un dibattito più che mai necessario, ma è venuto il momento di essere più espliciti e di giocare a carte scoperte, svelando il mistero grillino. Tenendo sempre presente che per San Francesco il lavoro, simbolo di onestà e nemico dell'ozio, era il valore supremo, prioritario rispetto all'elemosina. Scrive infatti nel suo Testamento: "Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati si adoperino nel lavoro, il quale conviene all’onestà. E quelli che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l’esempio e tener lontano l’ozio. Quando poi non ci fosse data la ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore, chiedendo l’elemosina di porta in porta". Più chiaro di così. San Francesco è il patrono d'Italia, che è una Repubblica fondata sul lavoro (che non c'è), non è il patrono dell'assistenzialismo.