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mercoledì 25 giugno 2025
 
Natura violata
 

Un mondo di trivelle, dall'Africa all'Artico

05/01/2014  In prima linea ci sono compagnie come la Shell ma soprattutto la russa Gazprom, che dovrebbe essere la prima capace di operare operare in condizioni estreme come il territorio artico, sempre più "interessante" per le trivellazioni petrilifere perché via via libero dai ghiacci a causa dei cambiamenti climatici.

Una stazione di estrazione del petrolio a Gudong, in Cina (Ansa).
Una stazione di estrazione del petrolio a Gudong, in Cina (Ansa).

Fino all'ultima goccia. Che sia nel cuore dell'Africa o al Polo Nord, la corsa all'oro nero prosegue senza sosta. Per l'Artico sempre più libero dai ghiacci a causa dei cambiamenti climatici si annuncia un futuro di trivellazioni petrolifere. In prima linea ci sono compagnie come la Shell o la russa Gazprom. La Gazprom, in particolare, dovrebbe essere la prima compagnia a riuscire ad operare in queste condizioni estreme.

I 30 attivisti di Greenpeace che hanno tentato di scalare la sua piattaforma petrolifera nel mare di Pechora, nella zona nord-occidentale della Russia, sono rimasti per 100 giorni bloccati in Russia, prima in carcere – con accuse gravissime e ingiustificate, dal vandalismo alla pirateria – e poi bloccati nel Paese, fino alla liberazione avvenuta il 26 dicembre, nonostante le mobilitazioni internazionali (tra le quali la manifestazione pacifica di 30 attivisti di Greenpeace che hanno protestato, vestiti da orsi polari, alla Conferenza su petrolio e gas artico di Oslo: hanno interrotto la riunione mostrando le foto dei compagni – allora ancora in carcere – e chiesto di smetterla di mettere a rischio aree del pianeta fragili per le trivellazioni petrolifere).

Mentre le norme per la regolamentazione delle trivellazioni sono attualmente in fase di definizione, altre concessioni sono state rilasciate: la compagnia norvegese Statoil ha dichiarato di essere pronta a iniziare le trivellazioni nel 2015, mentre la Conoco Phillips ha sospeso le trivellazioni previste in attesa di una più chiara normativa. Anche il più antico parco nazionale africano, quello dei Monti Virunga, rischia di essere trivellato per un po' di petrolio. Una follia, se si pensa che potrebbe valere 1,1 miliardi di dollari all'anno se venisse sfruttato in modo sostenibile, secondo un rapporto pubblicato dal Wwf.

Il Parco Nazionale dei Virunga ha la potenzialità di generare 45 mila posti di lavoro a tempo indeterminato attraverso gli investimenti in energia idroelettrica, l'industria della pesca e dell'ecoturismo, secondo l'analisi condotta da una società di consulenza indipendente. L'85% delle concessioni petrolifere si trova all'interno del parco, che è Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Dopo le proteste dell'Unesco, la Total si è impegnata a rispettare l’attuale confine del Virunga, lasciando la britannica Soco come unica compagnia petrolifera con piani di esplorazione petrolifera all’interno del parco.

«Le ricche risorse naturali del Virunga devono essere a disposizione del popolo congolese, e non rapinate dalle multnazionali e dai cercatori di petrolio stranieri», ha dichiarato Isabella Pratesi, direttrice del Programma Conservazione del Wwf Italia. «Il futuro e il riscatto di questo Paese che è stato teatro di uno dei conflitti più drammatici degli ultimi decenni con più di 4 milioni di morti dipende dallo sviluppo economico sostenibile e duraturo alimentato dalle proprie risorse naturali. Le condizioni di vita di oltre 50 mila persone dipendono dalla conservazione e dall’economia verde creata dal Parco. L'estrazione di petrolio in quest’area potrebbe avere conseguenze devastanti per le comunità locali che si basano sul Virunga per le risorse generate dal turismo, la pesca, l'acqua potabile e l’utilizzo delle altre risorse naturali».

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