Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
martedì 10 settembre 2024
 
racket prostituzione
 

Un network europeo dona una nuova vita alle vittime della tratta

26/10/2021  Cinque Paesi europei coinvolti, 18 mesi di lavoro e oltre 200 vittime di tratta accolte sul solo territorio nazionale. Sono questi alcuni numeri presentati nella due giorni finale del progetto europeo LifeReborn from the Ash cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito dell’Asylum, Migration and Integration Fund

Favorire l’accoglienza e l’inserimento di vittime di tratta provenienti da paesi terzi nelle società degli Stati membri dell’Unione Europea e lavorare sui sistemi di integrazione delle società ospitanti. Nasce con questi obiettivi il progetto europeo Lirea - LIfeisREborn from the Ash, cofinanziato dall'Unione Europea nell'ambito dell'Asylum, Migration and Integration Fund. Un percorso iniziato a fine 2019 e durato diciotto mesi, che ha visto coinvolti i paesi europei più colpiti dal fenomeno della tratta come Malta, Cipro, Grecia, Austria e Italia. Quest’ultima, capofila del programma ha coinvolto diversi enti attivi nell’ambito di ricerca, come l’Università di Sassari, ma anche onlus che si occupano di accoglienza e integrazione come La Rosa Roja di Cagliari, Maendeleo for Children di Roma e il Cisme (Cooperativa per l’Innovazione e lo Sviluppo del Meridione) di Reggio Calabria.

Un progetto di grande respiro sociale che si è sviluppato a più livelli e concluso con successo, considerato il faticoso biennio in cui si è svolto a causa di una emergenza sanitaria globale per Covid19. Dallo scambio di buone pratiche, all’identificazione di modelli di intervento riabilitativi, dalla formazione degli operatori, fino alla fase più concreta di integrazione socio-economica delle vittime favorendo l’incontro con gli stakeholder e l’inserimento delle vittime di tratta, in particolare le donne, in un diverso tessuto sociale dando loro la possibilità di aviare una nuova vita. «Gli obiettivi dei paesi coinvolti sono gli stessi mentre i risultati sono stati diversi -, ci racconta la dott.ssa Maria Daniela Rossi, presidente del Cisme cooperativa capofila dell’intero progetto - l’importanza di questo percorso è stato quello di stimolare un confronto europeo per studiare insieme il fenomeno e trovare strade comuni. Questi progetti ci aiutano a capire le sfide che siamo chiamati ad affrontare in relazione al fenomeno della tratta di esseri umani, cerando di migliorare sia il network europeo sia le relazioni con i paesi di provenienza delle vittime».

I Numeri

In Italia il progetto ha coinvolto 212 vittime, di cui 112 donne e 101 uomini. Mentre sono stati formati 281 operatori, attraverso corsi formativi per la riabilitazione socio-psichica e percorsi mirati all'empowerment per affrontare traumi psicologici subiti dalle vittime, con un focus sulla violenza sessuale. Un percorso che dopo una fase iniziale, di progettazione e scambio di buone pratiche, ha delineato un modello da perseguire e da attuare su ciascun territorio nazionale, al fine di poter comprendere, gestire e prevenire il fenomeno della tratta. Una formazione che ha coinvolto le persone accolte nel progetto attraverso a laboratori sperimentali che hanno spaziato dalla musicoterapia, fino alla meditazione. Parallelamente i partner coinvolti hanno attivato 11 percorsi, tra corsi di lingua a programmi di apprendistato, sia in modalità e-learning sia de visu, finalizzati all’inserimento lavorativo.

«È necessario lavorare toccando diversi aspetti mettendo sempre al centro la persona-, ci spiega la dott.ssa Rossi – le donne che abbiamo seguito hanno subìto violenze inenarrabili. Loro spesso vengono illuse e maltrattate a partire dal proprio paese di provenienza, non solo durante il viaggio. Ognuna di loro necessita di percorsi mirati e molte sono seguite da psicologi, perché non tutte riescono a reagire ugualmente ai terribili traumi che hanno subito. Inoltre il ruolo dei paesi di provenienza è fondamentale per disinnescare un sistema che mira ad attaccare la parte più vulnerabile di quella società».

Integrazione: nuovi modelli da seguire

Dunque focalizzare il problema e creare percorsi orientati ad un'inclusione economica sostenibile, ma anche riabilitativa ed educativa, è il primo passo per una reale integrazione nel nostro paese, seppure, ci spiega la presidente del Cisme: «Esiste un modello da seguire ma credo sia ancora una utopia. Per fare passi avanti su questa strada è necessario ancora lavorare sulla mentalità presente nelle nostre comunità andando oltre la prima accoglienza ed arrivare ad una vera integrazione dei rispettivi modelli socio-culturali di appartenenza. Un percorso possibile, solo libero da preconcetti, non solo da parte di chi accoglie ma anche da chi viene accolto».

Un’accoglienza che passa attraverso il lavoro, spesso punto debole per il Sud dell’Italia, per restituire dignità a queste vittime. E proprio nell’ambito lavoro la risposta è stata positiva, nonostante il periodo storico difficile, che ha visto coinvolti piccole e medie imprese, artigiani, fino al partenariato con la Camera di Commercio nazionale per l’inserimento lavorativo, concluso con successo, di 14 persone.

I dati finali del progetto sono stati presentati in streaming nel corso di una due giorni (25-26 ottobre), consultabile sul sito www.lireaproject.eu/lireafinalconference

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo