Emergency resta fedele alla missione di Gino Strada e continua a presidiare con i suoi ospedali, spesso unica presenza occidentale, i paesi in cui si vivono condizioni sanitarie drammatiche a causa della guerra. In risposta alla guerra scoppiata in Sudan il 15 aprile scorso è stata raddoppiare la sua presenza a Khartoum dove nel compound del Centro Salam di Emergency, oltre alla cardiochirurgia, è stato appena aperto un ospedale di chirurgia di urgenza e traumatologia per curare le persone che non hanno altri presidi chirurgici disponibili. Emergency, attiva nel Paese dal 2003, è rimasta anche dopo lo scoppio della guerra portando avanti le proprie attività del Centro Salam di cardiochirurgia di Khartoum e dei suoi Centri pediatrici a Port Sudan (Stato del Mar Rosso) e Nyala (Sud Darfur).
«Conosciamo bene il Sudan, ci lavoriamo da 20 anni. Quando il Paese è diventato teatro di un nuovo conflitto ad aprile abbiamo deciso di rimanere, pur dovendo rimodulare le attività, per non abbandonare i nostri pazienti» commenta Rossella Miccio, presidente di Emergency. «Con il protrarsi della guerra sono aumentati anche i bisogni e per questo abbiamo deciso di ampliare le attività: oltre a sostenere con materiali sanitari vari ospedali abbiamo riadattato una parte del nostro ospedale dove prima ospitavamo pazienti provenienti altri Paesi africani, creando un centro chirurgico per l’emergenza. Qui curiamo feriti di guerra, traumi civili ed emergenze chirurgiche».
All'interno della guest house che solitamente ospita 40 pazienti del programma regionale, infatti, sono state realizzate due sale operatorie, una sala di risveglio, un pronto soccorso (fino a 7 posti letto), una terapia sub intensiva (8 posti letto), spogliatoi dedicati, magazzini per il materiale sterile e pulito, uno spazio di decontaminazione per il materiale che deve essere sterilizzato, e in un altro edificio è stato creato un reparto da 30 posti letto.
«Fino ad ora abbiamo ricevuto 77 pazienti di cui 44 con ferite da guerra e 2 morti all’arrivo» racconta Gina Portella, coordinatrice medica del Centro. «Sono stati ricoverati in 27, e i restanti sono stati gestiti in ambulatorio». Tra le problematiche più frequenti ferite da guerra, ma anche traumi legati a incidenti stradali e casi chirurgici urgenti: pazienti che essendo il sistema sanitario sudanese completamente al collasso non possono curarsi e sono a rischio vita. «Siamo in zona di guerra, una guerra attiva, anche se i combattimenti sono un po’ distanti rispetto all’ospedale» continua Portella. «Le persone fanno fatica a muoversi. Quindi i pazienti arrivano in condizioni gravi se non estreme, ed è ciò che vediamo ormai dall’inizio del conflitto anche nell’ospedale cardiochirurgico».
A essere impiegati nel nuovo centro sono circa 50 dipendenti sudanesi e internazionali: chirurghi e medici specializzati in chirurgia d’urgenza e in ortopedia, anestesisti, infermieri. Oltre a tutti coloro che lavorano in ambito non sanitario. Parallelamente dei team sanitari saranno operativi in cinque cliniche al di fuori della capitale (negli ospedali governativi di Atbara, Gedaref, Kosti, Shendi, Wad Madani) per garantire visite pre-operatorie a pazienti che necessitano dell’intervento e visite di follow up e somministrazione della terapia anticoagulante ai pazienti già operati al Centro Salam così da poter garantire la continuità delle cure a chi non può spostarsi e raggiungere a Khartoum.