L'arcivescovo monsignor Cesare Nosiglia all'uscita dal Duomo di Torino durante la visita di papa Francesco alla città della Sindone il 21 giugno 2015. Bergoglio si recherà in Toscana martedì 10 novembre. Prima tappa a Prato, dove incontra il mondo del lavoro. Poi, a Firenze, per intervenire al quinto Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana. In alto, da sinistra: don Vinicio Albanesi, mons. Nunzio Galantino, don Maurizio Patriciello, don Luigi Ciotti, don Gino Rigoldi.
Dimmi come respiri e ti dirò che Paese sei. «Non è una battuta. Fede e cultura sono due polmoni distinti, ma che insieme danno ossigeno tanto ai singoli quanto alla società. Fuor di metafora: cristianesimo e vita quotidiana di donne, uomini e giovani d'ogni tempo e d'ogni luogo traggono vigore a vicenda. In Gesù Cristo il nuovo umanesimo: il tema scelto per il quinto Convegno ecclesiale nazionale convocato a Firenze lo ricorda con affetto, senza spocchia o presunzione, a una Nazione sfiatata, che gli indicatori statistici raccontano sempre più ripiegata su se stessa, in cui non a caso, il 31,15 per cento della popolazione (sono dati Istat) vive da solo, chi per scelta, chi per necesssità , chi per naufragio esistenziale».
Monsignor Cesare Nosiglia ha da poco compiuto 71 anni. Biblista, esperto di catechesi, dal 2010 è arcivescovo di Torino. Ha presieduto il Comitato preparatorio del Convegno. «Abbiamo fatto tesoro dell'esperienza passata», spiega. «La Chiesa italiana ha già celebrato altri Convegni ecclesiali nazionali. Quattro per l'esattezza, dal 1976 ad oggi, più o meno uno ogni dieci anni. Ci si è mossi volendo tradurre nel nostro tessuto sociale il Concilio». Nel frattempo l'Italia è cambiata. E con lei la Chiesa. «Dobbiamo individuare i segni dei tempi, evidenziando le criticità , ma anche cogliendo quanto di bello, di buono e di giusto esiste, dentro e fuori la Chiesa. Perchè Dio semina ovunque. E occhi allenati scorgono le sue tracce anche in situazioni apparentemente non "battezzate"».
Tutto ciò presuppone una bussola. E un metodo. «Ci siamo lasciati guidare dall'Evangelii Gaudium, l'esortazione apostolica di papa Francesco del novembre 2013. E' un documento che rimotiva la nostra azione. E la orienta, rammentandoci che "il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l'entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio"».
Il metodo, prosegue monsignor Nosiglia, è la "sinodalità", «ovvero il camminare insieme: solo una Chiesa che si rende vicina alle persone - compagna di strada e non giudice, teologicamente sicura, certo, ma concreta, non accademicamente astratta e astrusa - pone le condizioni per l'annuncio e la comunicazione della fede». A Firenze («la città di Giorgio La Pira, il sindaco santo come lo chiamavano i "suoi" poveri di San Procolo») si è arrivati con un capillare ascolto della base. «Abbiamo sollecitato le 226 diocesi nonchè le associazioni e i movimenti a indicarci storie vere di Vangelo. Siamo stati sommersi dalle segnalazioni, dall'impegno in campo economico (cito ad esempio Compralavoro, a Pavia, e l'Emporio della solidarietà che caratterizza gli 8 Comuni che danno vita alla diocesi umbra di Città di Castello) a quello al fianco di separati, divorziati e risposati (da Milano ad Albano, dall'Anello perduto, di Fossano, in provincia di Cuneo, ai gruppi di preghiera attivi a Bologna). Per tacere delle tante iniziative a favore delle nuove generazioni. O di altre realtà originali, come Casa Betania, di Caltanisetta, nata come luogo d'incontro per famiglie e giovani, diventata scuola d'arte».
«Da Firenze», conclude monsignor Cesare Nosiglia, «vogliamo ripartire più impegnati che mai in almeno tre ambiti: famiglia, giovani ed "ecologia umana", cioè tutela dell'ambiente, sì, ma pure difesa dei diritti, più equa distribuzione dei beni, cura dei deboli».