Il grado di civiltà di un Paese si misura su come
sono curate le persone più fragili. Se la
collettività scarica la loro assistenza su famiglie,
parenti, beneficenza privata, quel Paese è
sulla via dell’imbarbarimento e della progressiva
ingiustizia. Dove i potenti e i ricchi saranno
sempre più privilegiati. E gli “ultimi”
resteranno tali. Ai margini della società.
A riguardo della situazione italiana, il Censis
ha scritto: «La disabilità è ancora una questione
invisibile nell’agenda istituzionale,
mentre i problemi gravano drammaticamente
sulle famiglie, spesso lasciate sole nei compiti
di cura». C’è un crescente disimpegno pubblico
nei servizi socio-sanitari. Sia a livello nazionale,
che regionale e locale. Lo stesso è per
le disparità territoriali. Inaccettabili in un progetto
di piena cittadinanza sociale, che dia pari
opportunità a tutti gli italiani.
In alcuni territori, Regioni e Comuni tentano
di mantenere quote adeguate di risorse e
servizi per disabili, anziani fragili, persone
marginali, famiglie in povertà e disagio sociale.
In altri contesti (già alle prese con la disoccupazione
e l’inefficienza della pubblica
amministrazione), i servizi socio-sanitari
peggiorano. Lasciando intere aree d’Italia
senza assistenza per disabili e anziani.
Anche il mancato finanziamento a livello
nazionale del Fondo per la non autosufficienza,
chiesto invano da sindacati e associazioni
familiari al precedente Governo Berlusconi
già dalla Conferenza sulla famiglia di Milano
del novembre 2010, ma non rinnovato nemmeno
dall’attuale Governo Monti, è un gravissimo
segnale di mancata attenzione, che
le famiglie e la nostra società non possono
più sopportare.
È tempo di mettere le persone più fragili
al centro dell’attenzione del Paese. I disabili
non sono un “fardello economico”. Sostenere
i compiti di cura delle famiglie non è solo
un doveroso atto di giustizia e di solidarietà,
ma costituisce anche uno strumento di rilancio
della speranza, del progetto e dello sviluppo
del “sistema Paese”. Così si potranno liberare
le energie e l’impegno di tanti uomini e
donne adulte. Cioè di quella “generazione
sandwich” che cura giovani e anziani. Quei
padri e quelle madri alle prese con figli adolescenti
o con giovani adulti disoccupati o
precari. E che, al tempo stesso, devono farsi
carico della cura e della custodia dei propri
genitori anziani e delle persone fragili e disabili
presenti in famiglia.
Un Paese che crede e investe nei suoi cittadini,
anche nel sostegno a quelli più fragili,
sarà capace di rilanciare l’occupazione e l’economia.
Dove prendere i soldi? Basterebbe
abbattere la scure sulle spese militari e “tagliare
le ali alle armi”, rinunciando agli F35.
O sospendere i generosi finanziamenti ai
partiti, per rispetto alla volontà popolare. E
visti anche i cattivi usi che ne fanno.
Con le liberalizzazioni delle attività commerciali,
liberiamo anche le energie delle famiglie.
E sosteniamole nel compito di cura.
Rifinanziare un nuovo Piano per la non autosufficienza,
già presente in molte nazioni europee,
ci farà stare nell’Unione europea a testa
alta. Un’Europa non solo del commercio
e delle monete, ma soprattutto solidale.
Un’Europa ancora da costruire, ma che ci interessa
davvero. Molto di più di quella delle
banche e della finanza.