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lunedì 09 settembre 2024
 
nobel per l'economia
 

«Un Paese che non investe sulle donne è un Paese che non cresce»

10/10/2023  All’indomani dal Nobel per l’economia alla statunitense Claudia Goldin, una vita dedicata alle differenze di genere, Paola Profeta, prorettrice per la diversità e l’inclusione in Bocconi a Milano, commenta la situazione italiana dove «solo una donna su due lavora»

Classe 1946, è andato alla statunitense Claudia Goldin, economista, docente ad Harvard, il premio Nobel 2023 per l'Economia per i suoi studi sul gender gap. Il riconoscimento alla storica economista americana è stato assegnato "per aver migliorato la nostra comprensione dei risultati del mercato del lavoro femminile”. In che modo? Lo chiediamo a Paola Profeta, docente di Scienza delle Finanze in Bocconi a Milano e prorettrice per la diversità e l’inclusione. «Goldin è un’economista del lavoro e una storica; per prima ha studiato il tema delle differenze di genere dedicandovi tutta la vita e ricostruendolo nei 200 anni di storia degli Stati Uniti. Tra cause e fattori determinanti per andare al cuore del problema: in termini di occupazione e di retribuzione».

Qual è stata la rivoluzione di Goldin?
«Avere messo per prima la disparità di genere al centro della teoria economica non solo in termini di parità, ma anche di efficenza del sistema economico stesso. Che tanto più è partitario tanto più è efficiente. Goldin ha ricostruito la fase preindustriale e quella successiva, sottolineando come le donne prima lavorassero di più, mentre con la rivoluzione industriale è stato più difficile conciliare lavoro e famiglia. Poi un nuovo rialzo con l’espansione dei servizi e la possibilità per le donne di programmare le gravidanze a cui ha dedicato paper interi. Una rivoluzione silenziosa partita dagli investimenti nel mondo dell’istruzione, all’inizio di breve periodo (le donne studiavano, ma comunque lasciavano il lavoro con il matrimonio), che poi ha cambiato le aspettative. Il titolo di studio è diventato lo strumento per poter tornare al lavoro  dopo avere avuto figli».

È stata contenta di questo riconoscimento?
«Molto perché da tempo in Bocconi studiamo questo campo dell’economia di genere. Il nobel dice dell’importanza di questi studi per il sistema economico nel suo complesso. Abbiamo addirittura un laboratorio dedicato».

Paola Profeta
Paola Profeta

Anche in Italia come dice Goldin “le donne vengono trattate peggio e pagate meno sul lavoro”?
«Sì. Abbiamo il problema fondamentale della scarsa occupazione femminile: solo una donna su due lavora. È una fase incompiuta della rivoluzione di genere pur avendo, per esempio, noi più laureate che laureati. Sicuramente l’Italia è indietro ed ecco perché serve una riflessione seria».

Che nesso c’è tra gender gap e denatalità?
«È ormai chiaro che nei paesi in cui le donne lavorano di più fanno più figli perché aumenta il reddito, l’indipendenza e si riduce l’incertezza. Tra lavoro e figli c’è una relazione positiva. È pur vero, però, che i Paesi con elevato tasso di occupazione femminile e di fecondità sono quelli che hanno investito sulle politiche di genere, sulle politiche familiari e dove anche le aziende hanno messo in atto comportamenti e interventi a favore di un tema considerato strategico e meritevole di risorse».

Dall’osservatorio della Bocconi che soluzioni intravedete?
«Ne parliamo da anni e riscontriamo ancora tanta fatica. Ma cominciamo a vedere un miglioramento sul fronte dell’istruzione e dell’empowerment; le donne sono rappresentate in contesti dove prima era impensabile vederle (i vertici delle istituzioni). È un processo molto lento, sono cambiamenti epocali che vanno seguiti passo passo perché prima di leggerli nei dati e nei risultati, li vediamo nelle scelte degli individui e delle famiglie».

 
 
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