Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
lunedì 14 ottobre 2024
 
 

L'esercito che fa il pane

15/08/2013  I militari, in Egitto, sono una potenza economica, con fabbriche e investimenti. Ecco com'è nato l'esercito imprenditore che oggi controlla il Paese.

Soldati dell'esercito egiziano (Reuters).
Soldati dell'esercito egiziano (Reuters).

I militari, sempre loro. Nulla accade in Egitto se gli uomini con le stellette non sono d’accordo. Certo, di stellette bisogna averne tante, come quelle che ingombrano l’uniforme di Abdel Fattah al-Sisi, capo dell’Esercito e ministro della Difesa, oggi l’uomo decisivo al Cairo. Ma la sostanza è sempre quella: sono i soldati, nel bene e nel male, a decidere per tutti.

Le cose vanno avanti così dal 1952, da quando il golpe dei Liberi Ufficiali portò al potere il colonnello Nasser. Poi toccò a Sadat (presidente dal 1970), che si era diplomato alla Regia accademia militare del Cairo, e infine a Mubarak (1981), che aveva fatto carriera nell’Aeronautica. Le cose, come sappiamo, non sono cambiate granché con la Primavera araba del 2011 e la cacciata di Mubarak: la transizione è stata gestita dal (nientemeno che) feldmarescialloAl Tantawi, e la parentesi durata un anno della presidenza Morsi si è chiusa pochi giorni fa con l’intervento del generale al-Sisi, duro quanto basta a dispetto del cognome dal suono gentile.

Nel frattempo, i soldati hanno pacificamente ma definitivamente invaso ogni settore della vita sociale. Per cominciare sono tanti: mezzo milione di uomini in servizio effettivo e altrettanti nella riserva. Per mantenerli, lo Stato egiziano spende il 5% del Prodotto interno lordo (cioè della ricchezza nazionale) e si fa pure dare una mano dagli Usa, che ogni anno regalano ai militari 1,7 miliardi di dollari di “aiuti”. È vero, con quei soldi gli egiziani comprano carri armati e bombardieri made in Usa. Resta però il fatto che le forze armate sono il maggior datore di lavoro dell’intero Egitto.

Non solo in virtù del numero. Fu Nasser a stabilire, nel clima socialisteggiante degli anni Cinquanta, che ogni fabbrica militare dovesse avere anche un settore dedito alla produzione civile. Concorrenza sleale, slealissima, perché queste possono impiegare gratis, e per sei mesi, i giovanotti chiamati alla leva. In più, i prodotti delle forze armate non pagano tasse. Così, oggi, i militari sono leader assoluti nell’edilizia e protagonisti nei settori dei generi alimentari, delle automobili, del cemento e della benzina. Il ministero della Produzione militare, da solo, ha più di 40 mila dipendenti.

Usando le armi, ma soprattutto distribuendo pagnotte,
 l’esercito è diventato la forza decisiva della società egiziana. E il de profundis politico del presidente islamista Morsi è arrivato non quando l’hanno arrestato ma due giorni prima: quando l’esercito ha aperto gratis le porte dei suoi supermercati alla gente che protestava in piazza Tahrir.

Multimedia
Egitto in fiamme. I cristiani copti si chiedono se c’è un futuro per loro.
Correlati
Egitto, giorni di sangue: più di 500 i morti negli scontri
Correlati
Egitto in fiamme. I cristiani copti si chiedono se c’è un futuro per loro.
Correlati
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo