E ra il 1985 quando don Oreste Benzi, il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, si rende conto che per aiutare chi è in difficoltà bastano 10 mila lire al mese. Per gli stili di vita di allora una cifra simbolica. Oggi quelle 10 mila lire al mese corrispondono a circa 15 euro, quel poco che basta per dare da mangiare a una famiglia nei Paesi più poveri del mondo come, ad esempio, il Burundi, dove se tutto va bene si riesce a mangiare una volta ogni tre giorni e dove la fame è ancora oggi una delle cause maggiori di mortalità infantile. L’iniziativa “Un pasto al giorno” nasce proprio nel 1985 da quell’intuizione del prete con la tonaca lisa e servo di Dio, per cui per aiutare basta davvero poco.
La campagna è arrivata alla sua diciassettesima edizione e riesce, attraverso l’impegno dei donatori, ad assicurare 7 milioni e mezzo di pasti alle migliaia di persone con cui la Comunità Papa Giovanni XIII siede a tavola ogni giorno, in Italia e in altri quaranta Paesi del mondo.
«Purtroppo quando offriamo un pasto a chi ha bisogno di aiuto ci rendiamo conto che non è mai abbastanza», spiega Matteo Fadda, il nuovo responsabile generale che è succeduto a Giovanni Ramonda e a don Oreste. In Italia le fasce di povertà a seguito della pandemia non cessano di allargarsi sempre di più. «La strada continua a essere un dormitorio a cielo aperto. Alle persone che vivono in strada, italiani e immigrati, si aggiunge una fetta di povertà costituita da famiglie o singoli individui a cui portiamo la spesa a casa», racconta Fadda, che fa l’esempio di Torino: «Dalla pandemia a oggi in strada siamo passati da circa 60 persone a 100, più i nuclei familiari che invece una casa ce l’hanno. Le famiglie italiane hanno difficoltà proprio a fare la spesa, non riescono a fronteggiare il costo delle utenze, non hanno più il reddito di cittadinanza e ciò che abbiamo maggiormente riscontrato è che a mancare è la disponibilità economica per poter iscrivere i propri figli all’università».
La Comunità Papa Giovanni XXIII festeggia quest’anno i 50 anni delle case famiglia e in questi giorni il pensiero è rivolto alla Natività: Giuseppe e Maria che accolgono Gesù.
Con “Un pasto al giorno” si cerca di non lasciare indietro nessuno e di dare voce a chi non ne ha. Dall’Italia al Kenya, alla Colombia. Proprio nel Paese africano, in un villaggio di Nairobi, si è riusciti ad attivare una mensa per 200 bambini di tre villaggi. Con il progetto il numero dei bambini è arrivato a 500. O ancora, in Colombia, ad Apartadó, si è potuto supportare una mensa di una realtà rurale già avviata dai contadini del luogo.
Pacchi alimentari, mense, spesa porta a porta. Di buono c’è «che la generosità dei nostri donatori non è mai diminuita, la soddisfazione più grande è, poi, quando ci accorgiamo che sono i poveri a voler aiutare altri poveri», aggiunge Fadda. Tra le piaghe della povertà diffusa nel nostro Paese c’è oggi più che negli altri anni quella dei migranti per cui la Comunità Papa Giovanni XXIII è in prima linea con progetti di integrazione e accoglienza, avendo anche due case per minori in Calabria e in Sicilia. «La nostra società può fare tanto, perché spesso loro, se ben indirizzati, vogliono fare quei lavori che gli italiani si rifiutano di fare, come ad esempio il lavapiatti», conclude Fadda, che durante l’atmosfera che precede il Natale pensa alla frase più ricorrente ripetuta da don Oreste: «Diceva a tutti noi operatori: “Che il Signore vi tormenti!”». Riprendendo così i passi del Vangelo quando Gesù dice: «Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete accolto. Ero nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Per saperne di più: www.unpastoalgiorno.apg23.org I canali social sono: @unpastoalgiorno.apg23 per Facebook; @ apg23 per Instagram; @ apg23.org per Twitter.