Matrimonio civile e adozione per le coppie gay. In Francia, dallo scorso giugno, dopo l’approvazione da parte del parlamento di una legge apposita, sono possibili. Il Paese, tuttavia, è spaccato in due, tra chi ritiene questo provvedimento un segno di maturità civile e chi lo disapprova riportando l’attenzione sulla famiglia tradizionale e i suoi valori. La tensione è tutt'oggi molto alta. E le numerose e contrapposte manifestazioni di piazza che si sono susseguite nei mesi scorsi lo hanno confermato.
E in Italia, cosa succede? A parte la proposta di legge contro l’omofobia e il recente decreto scuola 104/2013 (che prevede un riferimento diretto all’abbattimento degli stereotipi di genere), si tenta di sintonizzarsi sui cambiamenti in corso nel resto del mondo e di prepararsi a nuove svolte epocali. Esempio di questa tendenza “silenziosa” ci viene dal Comune di Milano. Il sindaco, l'assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, e altri esponenti del Pd lombardo (come Rosaria Iardino e Sara Valmaggi), all’incirca due anni fa, si sono fatti promotori di un particolare progetto educativo: distribuire gratuitamente nelle scuole dell’infanzia ed elementari un testo scritto da Francesca Pardi (Piccolo uovo) e pubblicato con la casa editrice Lo Stampatello, avente l’obiettivo di parlare ai bambini delle coppie omosessuali e delle famiglie omogenitoriali. Il tutto con un linguaggio che, a tratti, sembra suggerire la bellezza di questa esperienza, definendola una tra le tante possibili nella nostra società. E a cui i bambini, anche piccoli, possono accedere senza grandi problemi.
Il progetto, seppur molto incoraggiato, non ha preso piede (e meno male!) a causa delle proteste che numerosi genitori hanno indirizzato al sindaco del capoluogo lombardo, Giuliano Pisapia. Proteste così rumorose che la Giunta è dovuta intervenire per precisare che il suddetto testo non sarebbe stato adottato negli asili di Milano perché «la Giunta e l’Assessorato all’Educazione-Istruzione tengono molto all'educazione dei bambini, che deve essere sana, e che i piccoli milanesi non troveranno in noi un nemico, ma un sincero alleato per loro e per i loro genitori». Nonostante le promesse di alleanza, i testi sono stati comunque distribuiti nelle biblioteche rionali del comune, e nel marzo di quest'anno ai bambini tra i tre e gli otto è stata data la possibilità di partecipare (pagando 7 euro) alla trasposizione teatrale del libro (Piccolo uovo), presso il teatro Litta di Milano.
Non condivide il progetto editoriale e la filosofia sottostante la psichiatra e psicoterapeuta milanese, Federica Mormando, che precisa: «Il libretto di Francesca Pardi vuole chiarire ai bambini piccoli la realtà delle famiglie nuove, in cui due persone dello stesso sesso, o single, o di diverse etnie hanno dei bambini. Il messaggio che sembra emergere è che ognuna di queste famiglie rende felice il suo bambino, allo stesso modo. Il matrimonio gay, le inseminazioni artificiali per single e coppie gay non sono ancora diffusi in Italia, ma la loro presenza in altri luoghi e il gran parlar che se ne fa lasciano prevedere che prima o poi saranno presenti anche da noi. Opportuno o prematuro preparare i bambini a queste realtà? Urgente, per l’autrice e per il sindaco di Milano! Il libretto vuole semplificare una questione che appena sbuca alle coscienze. Presume di risolvere la questione delle famiglie “tipiche” mostrandole come ovvie, già esistenti, foriere di gioia per qualunque bambino vi si trovi». Questa presunzione rischia di trasformarsi in superficialità. I nostri bambini sono ancora impegnati nel “mettere a fuoco le famiglie separate”. «Qual è la mia famiglia?», chiedono i bambini che vedono i loro papà e le loro mamme a turno. E non riescono a risolvere la questione, anche perché non è facilmente risolvibile, se posta in questo modo. L’esperta ribadisce che «la famiglia è fatta dal papà, dalla mamma, dai figli. La separazione non crea per i bambini due famiglie. Di solito, i figli considerano famiglia quella con cui abitano, ma sono incerti riguardo a quella del genitore non convivente. Molti bambini non si sentono parte di nessuna delle due famiglie ricostruite, perché in ognuna ci sono figli di entrambi i genitori, mentre quelli del primo matrimonio hanno sempre un solo genitore e si sentono dovunque di troppo».
La questione sarà ancora più complessa riguardo alle coppie di tanti tipi: «A mio avviso», aggiunge la psichiatra, «bisognerà distinguere con diversi nomi le diverse famiglie, in modo che la chiarezza regni, nelle pari opportunità e rispetto per ogni tipo di “genitorialità”. Non dimentichiamo che un giorno i bambini potranno chiedere: “Chi è la mia mamma?”, oppure “Chi è il mio papà?”, e bisognerà essere pronti alla risposta. Il difetto del libretto della Pardi potrebbe coincidere con il semplificare superficialmente una domanda traducendola in una risposta che ancora non è completa, né, tanto meno, ben meditata. Il discorso sulle famiglie va fatto dopo quello della genitorialità biologica, e dopo l’identificazione di genere. Prima di scoprire che due uomini o due donne possono innamorarsi, i bambini devono acquisire la certezza della propria appartenenza ad un sesso, devono quindi avere 6-7 anni. Quanto alla diffusione nelle scuole dell’infanzia, è una violenza all’educazione che ogni famiglia intenda dare, oltre che ai tempi fisiologici dell’evoluzione psichica dei bambini. Saluto positivamente il fatto che la sua diffusione non sia stata permessa».
Ma allora, cosa può comportare per lo sviluppo di un bambino il fatto di vivere in una famiglia omogenitoriale? «Tra gli studiosi, c'è chi si mostra a favore e chi si oppone», sottolinea la Mormando. «Non siamo in presenza di dati sempre certi. Dal mio punto di vista, credo che la cosa più importante perché un bambino cresca forte sia la saldezza dei punti di riferimento affettivo. Ed essi devono coincidere con la mamma e il papà. Certamente, l’identificazione di genere è resa più complessa in caso di famiglie gay, in cui manca la diversità e in cui il rispetto delle leggi naturali è violato. Io credo che la confusione e il confronto con le famiglie “normali” siano svantaggiose, almeno per ancora molto tempo, e che i figli di queste famiglie subiranno una confusione notevole e anche una discriminazione sociale». Quali i possibili effetti, allora? «Al momento, preferirei che non ci si lanciasse in previsioni che escludono i dati dell’esperienza», tiene a precisare la psichiatra. E come lei farebbero bene tutti coloro che si appellano senza criterio a quelle ricerche che segnalano la non problematicità del legame di coppia gay sullo sviluppo dei bambini. Esistono anche numerosi studi che hanno raggiunto risultati opposti, dimostrando i risvolti negativi che le famiglie omogenitoriali possono avere sulla crescita dei più piccoli. In questi casi ancora incerti, la prudenza e la pacatezza si rivelano ottime compagne di viaggio. Soprattutto per tutelare il benessere dei bambini.