La violenza agita
nei confronti delle
donne anziane,
pur risultando
una piaga sociale
ancora troppo
poco conosciuta,
sta assumendo oggi
forme e frequenze
sempre più
preoccupanti.
Una recente ricerca
dimostra l’entità
di questo fenomeno
in parte sommerso,
e prova a tracciare
linee di buone
pratiche a riguardo.
Il progetto “STOP VI.E.W” (Stop alla violenza nei
confronti delle donne anziane) è un progetto triennale
promosso da Auser regionale Lombardia e finanziato
dal Programma europeo DAPHNE (finanziamenti
contro la violenza nei confronti di donne, giovani
e bambini), per affrontare, all’interno di un gruppo
di partner europei, il fenomeno delle violenze contro
le donne anziane over 65. I partner del progetto sono:
Auser regionale Lombardia (ente capofila) e Regione
Lombardia (Direzione Famiglia, Conciliazione, Integrazione
e Solidarietà Sociale) in Italia, ANJAF in Portogallo,
UNAF in Spagna, ZDUS in Slovenia, CNIDFF
in Francia e BGRF in Bulgaria.
Per Auser regionale Lombardia l’attenzione al tema
della violenza alle donne anziane inizia nel 2010 con
un progetto a carattere nazionale che trova oggi la sua
continuità in questa opportunità che permetterà di ampliare
il campo di osservazione e di intervento. La diffusa
rete di telefonia sociale “Filo d’Argento” che Auser
organizza a livello territoriale, e la numerosità dei servizi
erogati a livello locale rappresentano un grande potenziale
per raccogliere e osservare bisogni, accogliere
richieste di ascolto e aiuto espresse dalle persone anziane,
tra cui le donne sono la gran parte.
Milioni di donne di tutte le età e classi sociali subiscono
ogni giorno abusi di tipo sessuale, fisico, psicologico
ed economico che si consumano non solo in contesti
esterni ma soprattutto in ambito domestico a opera
di partner, familiari e conoscenti. Tra queste, molte sono
donne anziane che, a causa della loro maggiore dipendenza
e fragilità individuale e sociale, sono sempre
più esposte ai rischi di maltrattamento e negligenza, ricatto
e abbandono, insicurezza e costrizione, sia in famiglia
sia nelle strutture di ricovero.
Il tema è di grande complessità e delicatezza: gli abusi
contro le donne anziane costituiscono ancora un tabù
sociale e culturale all’interno di un “colpevole silenzio”
che facilmente avvolge la violenza contro le donne, ancor
di più se anziane. Sono violenze e maltrattamenti fisici
e morali, abusi economici, truffe, raggiri: fenomeni
ancora poco indagati nonostante studi a livello internazionale
confermino la loro
significativa crescita
all’interno delle nostre società.
Gli obiettivi specifici
del progetto sono: portare
alla luce queste realtà, le
motivazioni che ne stanno
alla base e le pesanti conseguenze
che producono.
Costruire reti di solidarietà
che creino un sostegno
più adeguato alle donne
per uscire dalla solitudine,
dalla paura e dall’impotenza.
Contemporaneamente
le organizzazioni sociali e
le istituzioni saranno chiamate
ad assumere nuove
responsabilità e a mettere
in campo misure più efficaci
di tutela e protezione
che prevengano e contrastino
la violenza contro le
donne anziane.
Un recente articolo del
New York Times evidenzia
come il fenomeno della
violenza contro le donne
nei Paesi Scandinavi, generalmente
noti come Stati
egualitari, ai primi posti
nelle classifiche mondiali
sull’eguaglianza di genere,
sia diffuso e presenti le
stesse caratteristiche delle
società più squilibrate: rimane
un tabù, scarsamente
denunciato, che si nasconde
fra antichi pregiudizi
sulle prerogative maschili
e nuove consapevolezze
dell’emancipazione
femminile. Sappiamo bene,
anche per l’esperienza
del nostro Paese, come il
tema della violenza di genere
abbia trovato adeguate
attenzioni solo in tempi
recenti, sia sul piano teorico
sia su quello delle politiche
pubbliche di contrasto.
Se da un lato numerose
ricerche, finanziate anche
da organismi comunitari
e piani nazionali, ci
consentono oggi di fare
chiarezza sui soggetti coinvolti,
le responsabilità dei
contesti sociali, politici e
culturali in cui identità, relazioni
e ruoli maschili e
femminili si definiscono
lungo linee di reciprocità
ma su un terreno di squilibri
e diseguaglianze,
dall’altro, i processi di modernizzazione
delle nostre
società modificano lo scenario
entro cui le relazioni
di genere si definiscono.
Il processo di invecchiamento
sociale è uno degli
aspetti che stanno trasformando
il nostro Paese, con
caratteristiche che hanno
ripercussioni molto diverse
fra i generi ed entro lo
stesso genere, fra coorti di
età e fasi della vita: aumento
della popolazione anziana
e prolungamento della
dipendenza, riduzione
dell’ampiezza e della forza
delle reti familiari e scarso
sostegno pubblico. In linea
con la letteratura mondiale
che guarda alla vecchiaia
come a un processo
che dura tutta la vita, non
meccanicamente determinata
da fattori biologici o
da cause esogene, ma soprattutto
come una scelta,
l’Istituto di Statistica italiano
ha dedicato uno studio
specifico all’analisi delle
donne anziane, dato che
lo spostamento in avanti
dei tempi di vita ha riguardato
soprattutto loro.
Dei circa 10 milioni e
600 mila individui con più
di 65 anni (censimento
2001) le donne ne rappresentano
più della metà (6
milioni e 85 mila), e tale
proporzione cresce all’aumentare
dell’età fino a raggiungere
il 67% tra le persone
di 80 e più anni. Nel
nostro Paese, gli anziani e
le anziane vivono fondamentalmente
in famiglia.
La maggioranza delle
donne di 65-69 anni che vive
in famiglia, è coniugata
convivente con il marito
(63%), mentre dopo i 70
anni è la quota di vedove
quella maggioritaria: fra
70 e 75 anni, il 55% delle
donne è vedova, dopo gli
80 anni il 77%. La maggiore
speranza di vita femminile
e un’età al matrimonio
mediamente più bassa
rende le probabilità di vedovanza
più alte per le
donne: nell’età anziana vivono
più spesso da sole (oltre
2 milioni contro i 600
mila degli uomini), in famiglie
senza nuclei (con
sorelle o fratelli), o come
membri aggregati a un’altra
famiglia (del figlio o
della figlia, per esempio);
al contrario, gli uomini vivono
più frequentemente
in coppia con e senza figli.
Seppur molte anziane vivano
da sole, sono al centro
di reti familiari, e l’inti
mità a distanza fra loro e i
figli caratterizza la vita delle
donne nell’ultima fase
della vita: rapporti quasi
quotidiani con i figli e le figlie
(il 54% vede i figli tutti
i giorni), contatti frequenti
con fratelli e sorelle
(il 45% vede i fratelli almeno
una volta alla settimana),
e un ruolo fondamentale
di cura dei nipoti
(il 71% delle anziane è
nonna di circa 4,3 nipoti).
La maggioranza delle
donne anziane in Italia ha
conseguito al massimo la licenza
elementare, con valori
crescenti in relazione alla
classe di età: il 70% delle
donne fra i 65 e i 69 anni, il
75% fra quelle fra i 70 e i
74 anni, l’83% di coloro
che sono over 80. La situazione
sta comunque migliorando
e la dinamica proseguirà
nei prossimi decenni
quando diventeranno anziane
le donne del baby
boom, protagoniste dell’accesso
di massa all’istruzione
secondaria. La generazione
che ha oggi fra i 45 e
i 49 anni e sarà anziana fra
20 anni, ha un diploma o
la laurea nel 44% dei casi.
Le donne oggi anziane
sono un mondo molto variegato
e differenziato:
donne che hanno trascorso
la loro esistenza orientate
da modelli di una società
patriarcale e pratiche di
innovazione conseguenti
alla rivoluzione femminista.
Il loro processo di invecchiamento
le espone a
una sorta di doppia vulnerabilità
in cui il fattore età
e il genere agiscono da amplificatori
di fattori di debolezza
e da catalizzatori
di forme di violenza sia
simbolica sia reale.
È quanto sta emergendo
in numerose ricerche a
livello internazionale, come
quella dell’Organizzazione
mondiale della Sanità,
e da specifici progetti
dei Programmi DAPHNE
dell’Unione europea, che
vogliono richiamare l’attenzione
di tutti gli Stati
sui rischi di abusi, maltrattamenti
e violenze connessi
al processo d’invecchiamento
e alle conseguenze
specifiche per donne e uomini
in relazione ai differenti
ruoli che hanno avuto
nel corso della loro vita.
La definizione di abuso
e maltrattamento, proposta
dall’OMS (2002) è la seguente:
«Un’azione singola
o ripetuta o mancanza di
cure appropriate che avvengono
in una relazione
nella quale vi è un’aspettativa
di fiducia e che causa
ferite, sofferenze e stress
nella persona anziana. Può
assumere varie forme: abusi
fisici, mentali, psicologici,
sessuali, economici e finanziari
». Secondo i dati
disponibili, le vittime di
abusi psicologici sono in
Europa circa 20 milioni di
persone anziane, di abusi
di carattere economico-finanziario
circa 6 milioni,
di abusi fisici 4 milioni, di
abusi sessuali un milione.
I rischi di maltrattamento
sono molto alti per le
persone anziane e le donne
nello specifico: sono il
risultato di una complessa
interazione fra aspetti individuali,
relazionali, sociali,
culturali e ambientali. Tuttavia,
l’esatta entità del fenomeno
è ancora largamente
occulta e con scarsa
eco nel dibattito sociale.
Per diversi aspetti le
donne italiane, anche
molto anziane risultano
attive nella rete familiare,
centrali nei flussi di scambio
fra le generazioni, presenti
nelle attività di volontariato,
tratteggiando i
contorni di un’età anziana
più disponibile a fornire
piuttosto che a ricevere
aiuto; altre si trovano a
fronteggiare una scarsità
di offerte di cura quando
ne hanno bisogno.
Sono mediamente poco
scolarizzate, caratteristica
che non sarà prevalente in
coloro che saranno in
quelle classi di età fra
vent’anni; hanno aspettative
di vita maggiori ma anche
più anni di vita afflitti
da disabilità rispetto agli
uomini (5 anni con gravi
disabilità rispetto ai 2 degli
uomini). Presentano un
reddito molto più basso di
quello degli uomini; inoltre,
le abitazioni delle donne
anziane italiane sono
molto modeste e spesso
più insoddisfacenti di quelle
degli uomini anziani.
Perché, come scrivono
Sgritta e Deriu, in una indagine
su un campione
rappresentativo della popolazione
italiana, «non si
riesce a venire a capo delle
violenze rivolte alle persone
anziane?». Essenzialmente
perché si tratta di
aspetti legati alla vita quotidiana,
a situazioni ordinarie,
in famiglia e quindi
rientrano in quella sfera
del privato che solo la ricerca
delle donne ha saputo
svelare come non estraneo
alle regole sociali.
In Italia non disponiamo
ancora di un quadro
preciso del fenomeno della
violenza contro le persone
anziane e le donne nello
specifico: solo l’ultima
indagine Istat rompe la
consuetudine di legare rischiosità
a giovane età con
un’estensione del campione
a donne fino a 70 anni,
nell’indagine del 2006
(che andrebbe ulteriormente
ampliato). Tuttavia
vi sono diverse fonti indirette,
di natura istituzionale
e provenienti dal patrimonio
dell’associazionismo
femminile (centri anti
violenza e Casa delle
donne), che delineano il
fenomeno come diffuso e
in continua espansione
(condotte attive ma anche
omissive) in relazione a diverse
cause e variabili. Limitazioni,
maltrattamenti
e forme di esclusione nelle
condizioni di vita femminile
anziana trovano
molti silenzi e reticenze
nella rappresentazione sociale
e nelle culture professionali
ancora intrise di
stereotipi di genere, di
pregiudizi sulla vecchiaia
e, data la scarsità di risorse
pubbliche, di forti obbligazioni
familiari. In conclusione,
riportiamo le riflessioni
e le raccomandazioni
emerse dall’indagine realizzata
nel progetto che ha
molti elementi in comune
con i risultati emersi dalle
ricerche condotte negli altri
cinque Paesi europei
partner di progetto.
Attraverso la prospettiva
di genere si mette in evidenza
che la violenza nei
confronti delle donne avviene
per la semplice ragione
di essere donne. Nell’essere
considerate dai loro
aggressori con minimi o
nessun diritto alla libertà,
al rispetto e all’autonomia
decisionale. Pertanto le
donne anziane sono un
gruppo vulnerabile perché
hanno più difficoltà
nel difendersi, nel chiedere
aiuto, meno consapevoli
dei loro diritti e spesso
molto spaventate da progettare
una vita lontane da
chi le aggredisce frequentemente.
Sono anche poco
consapevoli di che cosa
sia la violenza, dal momento
che hanno spesso considerato
il maltrattamento
dei familiari come una modalità
relazionale, proprio
in quanto donne.
Ci sono tre importanti
trend che dovrebbero essere
considerati:
La violenza di genere
ha ricevuto adeguate attenzioni
solo recentemente,
sia sul piano teorico sia su
quello delle politiche pubbliche
volte a comprenderne
la diffusione e il significato
delle ripercussioni sociali,
economiche e di salute.
Mancano ancora sufficienti
informazioni per cogliere
le sofferenze personali
che procura e le misure
più adeguate a contrastare
la discriminazione
uomo-donna che causano
e spesso legittimano tale
violenza.
Il rischio che la recessione
economica e i tagli alle
politiche di Welfare aumentino
la pressione economica
sulle famiglie incrementando
il rischio della
vulnerabilità delle persone
anziane e con esso il rischio
di maltrattamento.
Le diseguaglianze sociali
possono aumentare le
discriminazioni di genere
anche tra le persone anziane
causando differenti tipi
di violenze.
Possiamo contribuire
ad aumentare la consapevolezza
sul fenomeno del
maltrattamento nei confronti
delle persone anziane
e della violenza contro
le donne in particolare
adottando due prospettive
interdipendenti:
A livello individuale
“l’approccio del corso di vita”:
esso richiama l’attenzione
sul modo in cui scelte,
decisioni e comportamenti
dei primi anni di vita
portano ripercussioni
per la salute e il benessere
anche negli anni successivi.
A livello sociale “una
prospettiva ecologica”, perché
investire in sicurezza è
una responsabilità sociale.
Risposte adeguate a contrastare
la violenza devono
coinvolgere un largo numero
di attori, connettere
la sicurezza fisica all’ambiente
sociale, declinare i
diritti in termini di giustizia
sociale e di pari opportunità.
È necessario dare visibilità
ai problemi e ai bisogni
delle donne anziane,
riconoscere le specifiche
caratteristiche delle domande
di aiuto delle donne
che soffrono di violenza,
cogliere le implicazioni
del fenomeno nei loro
comportamenti e qualificare
la capacità dei servizi
pubblici e privati di rispondere
alle loro necessità.
Le risposte alle vittime
di violenza dovrebbero essere
mirate alle caratteristiche
di età e di condizione
delle persone. I servizi
di assistenza dovrebbero
essere più personalizzati
al fine di fornire risposte
tempestive atte a prevenire
maltrattamenti e abusi.
Uno degli obiettivi delle
politiche pubbliche dovrebbe
essere la creazione
di network formali e informali
che evitino l’isolamento
della persona anziana,
che è uno dei principali
fattori di rischio per
abusi e maltrattamenti. In
questa direzione le associazioni
locali dovrebbero
rafforzare il proprio ruolo
di agenti di mediazione,
supporto e aiuto sociale.
Per prevenire le varie
forme di abuso nelle persone
anziane è quindi necessario
promuovere sforzi
coordinati e multidisciplinari
in differenti settori,
al fine di promuovere
risposte di protezione e di
resilienza dei soggetti anziani.
Coloro che si prendono
cura delle persone
anziane, sia nei servizi
pubblici sia nella sfera domestica,
dovrebbero essere
supportati, attraverso
adeguati programmi di
formazione, a evitare il rischio
di sovraccarico che
può influenzare in modo
negativo la loro relazione
con la persona assistita.
Educazione e formazione
rivolte al personale impiegato
nelle strutture riabilitative,
sono essenziali
per garantire risposte di
cura adeguate e sempre
più personalizzate. Questo
potrebbe essere ottenuto
inserendo la tematica
dell’abuso nell’età anziana
e dei modi per prevenirlo
nel Curriculum Vitae degli
operatori professionali
in ambito sanitario, educativo,
sociale e giuridico.