Hanno gestito 11.459 casi critici
tra il 2003 e il 2012: sono gli operatori del Telefono Azzurro dedicati al
servizio 114 Emergenza infanzia che quotidianamente, 24 ore su 24 per 365
giorni all'anno, si mettono letteralmente in ascolto delle più disparate richieste
di aiuto provenienti da ogni angolo d'Italia, segno inequivocabile di come la
onlus sia ormai in Italia un punto di riferimento solido per bambini e
adolescenti. Un impegno e, insieme, un carico di responsabilità straordinari,
corrisposti e ripagati però da una fiducia incondizionata di chi decide di
chiamare sapendo di trovare dall'altra parte la soluzione ai propri problemi.
Problemi per affrontare i quali servono lucidità e presenza di spirito nel
contestualizzare e dare il giusto peso alle singole richieste d'aiuto. Già,
perché una delle difficoltà maggiori in questo genere di servizio è proprio
l'aspetto della valutazione non potendosi prevedere a priori tutti i casi. Dai
dati diffusi emergono alcune indicazioni interessanti: per esempio, le percentuali
delle chiamate provenienti dal Nord Italia (42,8%) sono decisamente sono quasi
il doppio rispetto a quelle effettuate dal Centro (23,4%) e dal Sud Italia
(23,8%), con alcuni picchi che vengono toccati, ovviamente, nelle regioni più
popolose come Lombardia, capofila di questa "speciale classifica" con
il 15%, seguita a ruota da Lazio (14,5%), Campania (12,6%), Sicilia (7,9%),
Piemonte (7,7%), Veneto (7,7%) ed Emilia Romagna (7,1%). Chiudono il gruppo,
Basilicata (0,5%), Molise (0,3%) e Valle d'Aosta (0,1%).
Ha un significato
"politico" che meriterebbe analisi approfondite a livello di
amministrazioni locali la distribuzione dei casi gestiti a seconda delle fasce
orarie e dei giorni della settimana: è lampante come il 114 viene contattato in
modo massiccio durante gli orari di chiusura di altri servizi-istituzioni. Più
di una chiamata su tre avviene nella fascia serale-notturna, tra le 18 e 9 del
mattino, più di una su cinque perviene sabato e domenica. C'è invece una
spiegazione decisamente credibile per quello che concerne la
"tipologia" del chiamante: il fatto che siano gli adulti ad alzare la
cornetta per chiedere aiuto, e solo nell'11,1% dei casi siano i
bambini/adolescenti coinvolti nell'emergenza, significa anche e soprattutto che
proprio questi ultimi fanno più fatica a interpretare una situazione di
imminente pericolo per la propria incolumità. Considerando che la maggior parte
delle violenze denunciate a danno dei minori si consumano all'interno delle
mura domestiche (63,1%), e sono da addebitare dunque a persone della cerchia
familiare, più difficili da individuare come colpevoli, i numeri trovano una
dimensione più logica.
Le richieste di intervento hanno
interessato nel 64,2% dei casi bambini fino a 10 anni di età, nel 20,6% minori
tra gli 11 ai 14 e nel 15,2% tra i 15 e i 18. Relativa, invece, la differenza
tra maschi e femmine per i quali è stato chiesto l'intervento: 51,6% contro
48,4%: nella diversità di genere sono invece degni di nota i dati relativi al
tipo di richiesta di aiuto. Nel caso di bambine/adolescenti, la casistica
dipinge un quadro in cui prevalgono problemi relazionali con i genitori,
bisogno di conversare, abuso sessuale; per i bambini/adolescenti le difficoltà
denunciate si inseriscono più facilmente nel canale dell'incomprensione e della
scarsa comunicazione con i coetanei e con insegnanti ed educatori. In crescita
il numero dei minori stranieri per i quali si chiama il 114: oggi, siamo quasi
a quota 20%: di questi, il 36% sono nati in Italia, mentre il 33,8% si inseriscono
in contesti di profughi e rifugiati. E se i bambini per cui è necessario un
intervento di emergenza vivono nel 50% dei casi nella stessa con entrambi i
genitori, non si può non rilevare come nel 33,1% i minori vivono solo con la
madre: in questo caso lo scarto con coloro che vivono solo con il padre è
evidentissimo (4,7%).
«La maggior parte delle richieste
- si legge nel rapporto - riguarda situazioni di abuso e violenza (32,3%): tale
categoria include sia le forme di violenza di cui il bambino è vittima diretta
(abuso fisico 10,8%; abuso psicologico, 7,5%; abuso sessuale, 3,6%; patologia
della cura 4,8%), sia situazioni di violenza/conflittualità tra componenti del
nucleo familiare di cui il bambino/adolescente è testimone (5,6%). E’ rilevante
anche la percentuale di segnalazioni di situazioni caratterizzate dalla
presenza dei cosiddetti “fattori di rischio” a livello familiare (19,5%),
ovvero da condizioni potenzialmente pregiudizievoli presenti nel contesto
familiare, che nella maggior parte dei casi necessitano di un monitoraggio e/o
di una presa in carico. Il disagio conseguente alla separazione tra i genitori
rappresenta una motivazione frequente con cui viene contattato il Servizio 114
(8,1%): queste situazioni possono rappresentare eventi molto stressanti se
caratterizzate da dispute per la custodia, conflittualità, rivendicazioni tra i
genitori e tentativi di strumentalizzazione del bambino/adolescente coinvolto.
I dati evidenziano anche la presenza di un malessere psicologico del
bambino/adolescente, nelle sue diverse manifestazioni (che viene riportato
nell’ 8,5% dei casi), oltre a difficoltà relazionali, che rappresentano il 6,9%
dei casi. Se è vero che alcune difficoltà relazionali o forme di disagio
psicologico possono caratterizzare, in modo fisiologico, alcune tappe
evolutive, lo è altrettanto che alcune situazioni possono contribuire ad
accentuarle: ci riferiamo in particolare a dinamiche di violenza familiare o
tra coetanei, che sempre più spesso trovano modalità di espressione attraverso
Internet».
Anche la variabile dell'età ha il
suo peso: gli under 10 anni, infatti, sono i soggetti maggiormente coinvolti in
situazioni di crisi familiare (per difficoltà economiche o dovute alla
separazione/conflittualità tra componenti del nucleo familiare o
all'inadeguatezza genitoriale); per gli 11-14enni, in piena fase
pre-adolescenziale, emergono in modo preponderante le difficoltà scolastiche, i
disagi emotivo-psicologici e infine malesseri dovuti a relazioni complicate per
lo più con i genitori, un dato quest'ultimo comune anche ai 15/17enni che
chiamano per comportamenti a rischio, maltrattamenti fisici e situazioni di
fuga da casa. Alla luce di quanto detto finora, e per quello che è stato
raccolto dagli operatori del Telefono Azzurro in questi di ascolto al 114, si
evince con chiarezza che i genitori sono, comunque la si voglia girare, il
primo "problema": le persone indicate dal chiamante come presunti
responsabili della situazione di emergenza sono il papà (33,5%) o la mamma
(44,8%) nel 78,3% dei casi: una ulteriore conferma del fatto che le minacce che
vengono dall'esterno, i cosiddetti "stranger danger", sono una
rarità. «A fronte di una situazione di emergenza - si legge ancora - il 114
coinvolge i servizi e le agenzie del territorio nella gestione dei casi
pervenuti: nel periodo 2006-2012 (31 agosto), nel 57% dei casi è stata
necessaria un’attivazione dei servizi del territorio, per un totale di 7.833
agenzie attivate. Nella maggior parte delle situazioni, la gestione
dell‘emergenza ha richiesto il coinvolgimento dei Servizi Sociali (42,9%) e
delle Forze dell’Ordine (43.1%)».
«L’Autorità Giudiziaria competente (Procura presso il
Tribunale per i Minorenni, Procura presso il Tribunale Ordinario, ecc.) è stata
coinvolta nel 6,3% dei casi, ogniqualvolta si sia configurata un’ipotesi di
reato o sia emersa una condizione di grave pregiudizio. E’ bene
ricordare comunque che, nella maggior parte dei casi, la
gestione di una singola situazione ha richiesto il contatto contestuale di più
servizi: all’attivazione di un’agenzia di emergenza, ad esempio, è seguita in
un numero significativo di casi quella dei Servizi Sociali, della Procura
presso il Tribunale per i Minorenni, o di entrambi. Il modello di intervento
del 114 prevede, per la gestione di uno stesso caso, il coinvolgimento di
diverse istituzioni/servizi del territorio, con l’obiettivo non solo di fornire
al minore coinvolto una risoluzione immediata dell’emergenza (intervento a
breve termine), ma anche di facilitare la costruzione di un progetto a medio-lungo
termine, che permetta di seguire nel tempo il bambino, o il suo nucleo
familiare, sostenendolo e garantendo la presa in carico efficace del caso. Solo
in questo modo è possibile prevenire il ripetersi della situazione di
emergenza, la cronicizzazione del disagio e gli
esiti negativi per la crescita dei bambini e degli adolescenti coinvolti».