Padre Bartolomeo Sorge (25 ottobre 1929-2 ottobre 2020) con papa Francesco, oggi 83 anni, e (dietro, con padre Antonio Spadaro, il 9 febbraio 2017, durante un’udienza concessa a La Civiltà Cattolica.
Profetico. Sollecitato a scegliere un aggettivo per definire padre Bartolomeo Sorge, gesuita come lui e come lui direttore della prestigiosa rivista La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro sceglie il termine che rievoca figure forti come Isaia o Giona, e la cui origine, in greco, indica colui che parla in nome di Dio. «Lo ricordo come un uomo nutrito di preghiera, appassionato alfiere del Concilio Vaticano II, impegnato a tradurre il Vangelo nelle dinamiche socio-politiche del suo tempo, sincero, diretto, cordiale, arguto».
Quando vi siete conosciuti?
«L’ho visto da studente, a un convegno presso Roma. Ma il primo incontro approfondito fu a Messina durante un corso di esercizi spirituali (ne predicava tanti). Sarà stato il 1991 o forse il 1992, comunque prima delle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Era scortato. Uno dei suoi “angeli custodi” fu Agostino Catalano, un agente ucciso con il giudice Paolo Borsellino».
Padre Sorge a un congresso della Dc, tra Ciriaco De Mita (oggi 92 anni, primo a destra) e Leoluca Orlando, 73, a sinistra,
L’ultima volta?
«Nel dicembre scorso, a Civiltà Cattolica. Rimase con noi un paio di giorni. Parlammo a lungo, poi siamo rimasti in contatto telefonico». Sorge era siciliano come lei. «Nato il 25 ottobre del 1929 a Rio Marina, nell’isola d’Elba, ha sempre ricordato con fierezza le sue radici siciliane per parte di padre e venete per parte di madre».
E come lei gesuita...
«Entrò a 17 anni nella Compagnia di Gesù. Fu ordinato sacerdote nel 1958. Nel 1966 venne destinato a La Civiltà Cattolica, allora diretta dal padre Roberto Tucci, poi cardinale». Di La Civiltà Cattolica fu anche direttore. «Lo diventò nel 1973. Si dimise nel 1985». Un periodo appassionante e difficile. «Erano gli anni immediatamente seguenti al Vaticano II, densi di tensioni, entusiasmo e ansia di rinnovamento. Con i suoi scritti (collaborò a lungo anche con Famiglia Cristiana), le sue conferenze e la sua partecipazione ai dibattiti, sempre con il sorriso e con una cordialità inscalfibile, è riuscito a essere una voce profetica». Tra il 30 ottobre e il 4 novembre 1976 si svolse il primo convegno ecclesiale nazionale Evangelizzazione e promozione umana, di cui Sorge fu anima e voce. «Il convegno doveva aiutare la Chiesa italiana ad “aggiornarsi” come chiesto dal Vaticano II, sia instaurando un dialogo fraterno fra le sue componenti, a partire da un coinvolgimento maggiore dei credenti laici, sia proponendo forme diverse di missionarietà, sollecitate dai tempi nuovi (industrializzazione, secolarizzazione, multiculturalismo). Il risultato fu straordinario, anche se Sorge, che tenne la relazione conclusiva riscuotendo vasti consensi, ha poi lamentato che quel cammino si interruppe. Ha sperato che stimolata dall’Evangelii gaudium (2013) e dall’intervento di papa Francesco al convegno di Firenze, il 10 novembre 2015, la Chiesa italiana si rimettesse in moto, scegliendo uno stile sinodale capace davvero di “camminare insieme”. Patì l’ennesima delusione».
Seguiva la politica italiana.
«Voleva che recuperasse un’anima. Dopo la sua uscita da La Civiltà Cattolica, il suo impegno è proseguito a Palermo (1986-96), dove ha diretto l’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe e poi a Milano, come direttore della rivista Aggiornamenti Sociali, fino al 2009». Sdoganò la collaborazione con il Partito comunista.
«Si impegnò a favore della solidarietà nazionale, della ricomposizione delle forze che avevano scritto la Costituzione. Era convinto che dopo la fine delle ideologie del Novecento, tutte smentite dalla storia, i “liberi e forti” ai quali il popolarismo si rivolge siano tutti coloro, credenti e non, che si riconoscono in un programma riformista di cose da fare, ispirato ai valori di un umanesimo trascendente, ma mediato in scelte laiche».
Cosa pensava oggi?
«Era sbigottito dagli attacchi contro il Papa, fatti spesso da uomini di Chiesa che dovrebbero difendere Pietro. Ed era sgomento di fronte ai populismi: “Che cosa dire e che cosa fare di fronte a chi estorce il consenso dei cittadini con la paura e con l’odio, nascondendosi dietro la maschera di una falsa religiosità?”, scrisse su La Civiltà Cattolica il 21 settembre 2019. “Quale intervento autorevole la Chiesa italiana potrà pronunciare, alla luce del Vangelo e del magistero, sul fatto che milioni di fedeli, non esclusi sacerdoti e consacrati, condividano, o quanto meno appoggino, concezioni antropologiche e politiche inconciliabili con la visione evangelica dell’uomo e della società?”».