L’amore per la vita Marina
Casini l’ha respirato
in casa, nella sua numerosa
famiglia creata
dalla madre Maria e dal
padre, l’onorevole Carlo
Casini, fondatore del
Movimento per la vita,
e dai loro quattro amatissimi figli. La
primogenita Marina, 49 anni, ha preso
il testimone e oggi oltre che moglie
di Michele e mamma del diciannovenne
Giovanni è una stimata giurista
e ricercatrice di bioetica, che con
estrema semplicità dall’altezza dei
suoi studi affronta temi fondamentali
nel volume La famiglia accoglie la
vita.
Cercando di capire, innanzitutto,
perché molte persone preferiscono
non pensare all’aborto come alla soppressione
della vita umana: «I figli
non si sopprimono. Si accolgono».
Per praticare e propagandare l’aborto,
invece, è preferibile non porsi la
questione e rimuovere la verità che si
tratta di un figlio.
«Cultura della morte», diceva Giovanni
Paolo II. «Cultura dello scarto»,
ha aggiunto papa Francesco: «Per
invertire la rotta bisogna superare il
male con la forza persuasiva del bene».
Come fanno i Centri di aiuto alla vita,
testimoniando che le difficoltà si superano
affrontandole e non sopprimendo chi sta per venire al mondo.
Nel cuore di Marina Casini è ancora
viva l’iniziativa chiamata “Uno di
noi”, sottoscritta da quasi 2 milioni
di cittadini europei per chiedere
all’Ue di porre fine al finanziamento di
attività che presuppongono la distruzione
di embrioni umani.
La giurista
ne ricorda il significato: «Con questa
richiesta si è voluto affermare che
l’uomo è sempre uomo, anche quando
è piccolo, malato, disabile, incapace di
parlare e di farsi sentire o appena concepito.
Perché la dignità umana non
dipende dalla salute, dall’intelligenza,
dalla posizione sociale, dall’apparire,
dal fare, dall’avere».
Concetto molto lontano in una società
in cui prevale l’idea che il figlio sia un diritto o un prodotto e non un
dono: «Si ignora, così, la differenza sostanziale
che passa tra il mondo delle
cose e il mondo delle persone: le cose
si possiedono, le persone mai. I figli
non esistono in funzione dei “bisogni”
dei genitori o degli aspiranti tali,
non sono mezzi per compensare vuoti
affettivi, né oggetti da selezionare in
base a standard di salute o altre caratteristiche.
Purtroppo la fecondazione in provetta rinforza questo atteggiamento
». Ovviamente il desiderio di
avere un figlio è lodevole e comprensibile.
«Tuttavia», spiega la docente,
«la sua realizzazione “ad ogni costo” si
basa sulla logica del “diritto ad avere”,
opposta a quella della gratuità».
Ma chi affronta la dolorosa esperienza
di non riuscire ad avere figli,
pur desiderandoli moltissimo, può
comunque accogliere la vita: «Con
l’adozione e l’affido di minori. Due
istituti nati da esigenze di solidarietà
e accoglienza nei confronti di bambini
abbandonati o le cui famiglie non
possono occuparsene». Una scelta che
può coinvolgere qualunque famiglia
o coppia dotata, come spiega Marina
Casini, «di equilibrio psicologico, armonia
familiare, stabilità affettiva,
maturità umana, capacità di amare,
generosità e capacità educativa. Non
si cerca la perfezione ma che vi siano i
presupposti in questo senso».
I paladini delle pratiche di fecondazione
assistita difendendo l’eterologa,
la paragonano proprio all’adozione,
poiché in entrambi i casi i genitori
non sono quelli biologici. «Ma si tratta
di situazioni opposte», spiega Marina
Casini. «Il fine dell’adozione non è la
soddisfazione dei desideri degli adulti,
ma il bene del figlio. Si rimedia a un
abbandono e al centro vi è il diritto del
minore ad avere una famiglia. Con la
fecondazione eterologa avviene il contrario:
si predilige il desiderio degli
adulti, provocando in modo programmato
e concordato l’abbandono da
parte dei genitori biologici». Accogliere
un figlio è ben altra cosa.