Il Parlamento europeo. In copertina: lavorazione del coltan in Congo.
Dovranno essere “diligenti” le 800 mila aziende europee ‒ per lo più di piccole e medie dimensioni ‒ che commerciano, o utilizzano nella loro produzione, minerali (stagno, tungsteno, tantalio, coltan, oro) provenienti da zone di conflitto. Il Parlamento europeo, in seduta plenaria (400 voti a favore, 285 contro e 7 astensioni), ha approvato ieri l'obbligo della tracciabilità, non solo per le raffinerie, bensì per tutta la filiera produttiva.
Tali imprese dovranno informare su tutte le misure prese per identificare e risolvere i rischi connessi alla loro catena di approvvigionamento. L'emendamento rafforza la proposta di regolamento della Commissione europea, e la successiva legge votata dalla Commissione per il commercio internazionale (Inta) il 14 aprile scorso. Una legge che era stata considerata “debole”, dall'impatto poco significativo, perché limitata a una piccola frazione delle industrie coinvolte nel commercio dei minerali suddetti. Ma stagno, tantalio, tungsteno, coltan e oro sono utilizzati in larga scala in Europa, nell'industria automobilistica, nell'elettronica, nell'industria aerospaziale, dell'imballaggio, delle costruzioni, dell'illuminazione, dei macchinari industriali, nella gioielleria.
L'eurodeputato Gianni Pittella, capogruppo dei Socialisti e Democratici.
Tracciabilità obbligatoria
«È stata una delle più belle battaglie della mia vita parlamentare. Ringrazio i gruppi che l’hanno condivisa, mi rammarico per chi non l'ha fatto»: così l'europarlamentare Gianni Pittella, capogruppo dei Socialisti e Democratici. «Un voto che mi ha emozionato, perché è anche etico, rivoluzionario: la maggior parte dei conflitti viene alimentata dalla produzione dei mineral conflicts, con le organizzazioni criminali che sfruttano le popolazioni. Se eliminiamo questi interessi, eliminiamo questi conflitti, o almeno aiutiamo a eliminarli».
Adesso tocca agli Stati membri, che saranno chiamati a esprimersi sull'emendamento, per poi avviare i negoziati con i 28 Paesi. «La posizione del Parlamento è chiara: tracciabilità obbligatoria. Questo è il solco su cui si faranno i negoziati», riprende Pittella. «Se riemerge l'anima cristiana, etica e morale, rispetto a quella del business, c'è la possibilità che l'Europa faccia un grande passo. Anche perché non sarà solo la produzione europea a essere regolamentata, ma anche le importazioni. Imprese cinesi o americane, che usano materiali come il coltan, quando porteranno in Europa i loro prodotti, dovranno dichiararne la provenienza. Certo, il rischio che nei negoziati con i singoli Stati si cerchi di vanificare il voto c'è, ma faccio appello ai capi di governo perché si rendano conto della posta in gioco: potremo avere pc, tablet e telefonini macchiati di sangue, oppure tracciati, e liberi dalla criminalità».
L'on. Alessia Mosca, del gruppo Socialisti e Democratici.
L'Europa faro nella tutela dei diritti umani nel mondo
Le norme del “Dovere di diligenza dell'UE nella catena di approvvigionamento” saranno basate sulle specifiche linee guida dell'Ocse, progettate per aiutare le aziende a evitare di contribuire all'insorgere di conflitti e alle violazioni di diritti umani attraverso i loro acquisti di materiali provenienti da zone ad alto rischio. Per questo, i deputati chiedono alla Commissione anche di concedere un supporto finanziario alle imprese che desiderano ottenere la certificazione.
«Serviva un segnale forte e noi l'abbiamo dato», aggiunge Alessia Mosca, anche lei europarlamentare di S&D, e membro dell'Inta. «Come Gruppo, abbiamo lavorato a lungo su questo dossier, per cercare di far coesistere lo scopo principale di questo provvedimento con l'esigenza di tutelare le nostre imprese medie e piccole da richieste amministrative eccessivamente gravose per le loro reali possibilità di adempimento. Esigenze produttive e assunzione di responsabilità possono andare insieme, e per noi è necessario che questo accada. Su un tema come quello dei mineral conflicts, che impatta sulla vita delle persone, l'Europa dev'essere all'altezza di quel ruolo di guida nell'ambito della tutela dei diritti umani nel mondo, che l'Unione europea ha sempre affermato di voler assumere».
Il progetto di legge copre tutte le “aree affette da conflitto e ad alto rischio”, ovvero dove sia in atto un conflitto armato, con violenza diffusa e collasso delle infrastrutture civili, ma anche le aree fragili post-conflitto e quelle con governi e sicurezza deboli o inesistenti, caratterizzate da “violazioni diffuse e sistematiche dei diritti umani”; tra gli esempi più evidenti ci sono la Repubblica Democratica del Congo e la regione dei Grandi Laghi.