Un discorso breve e tutto
ecumenico quello che papa Francesco pronuncia nel cortile del Palazzo
apostolico di Etchmiadzin, l’ultimo ufficiale prima della ripartenza per Roma.
Ringrazia
per l’accoglienza di questi giorni che Francesco ha trascorso ospite della
Chiesa apostolica armena e del patriarca Karekin. E poi invoca lo Spirito santo
sul cammino dell’unità, una unità che non deve essere «né sottomissione l’uno
dell’altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio
ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della
salvezza realizzato da Cristo Signore per mezzo dello Spirito Santo».
Pensa ai
giovani, che devono avere «un futuro libero dalle divisioni del passato». Cita
Gregorio di Marek perché lo Spirito «effonda in noi il tuo fuoco di amore e
unità e vengano sciolti da questo fuoco i motivi del nostro scandalo» e san
Gregorio, «che ha illuminato queste terre».
Chiede di ascoltare le voci degli
umili e dei poveri, delle tante vittime dell’odio. E si richiama agli apostoli,
nel mattino di Pasqua, che corrono insieme, nonostante i dubbi, verso il luogo
della resurrezione. Come loro Bergoglio è desideroso di accelerare il passo
verso la piena comunione e chiede a Karekin II «in nome di Dio, di benedirmi,
di benedire me e la Chiesa cattolica, di benedire questa nostra corsa verso la
piena unità».
E infine, proprio
al termine della mattinata, è arrivata la notizia che sarà firmata la dichiarazione congiunta - in un primo momento annunciata e poi invece annullata - tra Chiesa apostolica armena e Chiesa cattolica. La firma è prevista per le 14 ora italiana, prima che il Papa si rechi nel monastero di Khor Virap.