Diavolo di un Tito Boeri, presidente dell’Inps. Quella che poteva sembrare una semplice operazione all’insegna della trasparenza nella pubblica amministrazione rischia di trasformarsi in un terremoto politico. Stiamo parlando delle buste arancioni, le ormai famose simulazioni della pensione che l’Inps sta inviando a sette milioni di cittadini. Le prime buste sono già arrivate e hanno già guastato la festa ai destinatari: perché un conto è pensare alla propria pensione distrattamente, in un futuro vago e indistinto, un conto (salato) vedersi recapitato dall’Inps nero su bianco che la propria rendita sarà inferiore alle aspettative, come pare stia succedendo nella stragrande maggior parte dei casi, soprattutto per i più giovani. Apri la busta è ci trovi il tuo (misero) futuro.
Le conseguenze sul morale, sull’economia domestica, sui propri risparmi, sulla propria identità sociale e alla fine sulle proprie idee politiche non sono di poco conto. I giovani, in particolare, si sono scontrati con una realtà a muso duro: chi ha meno di 35 anni andrà in pensione a 70 anni con in media 800-1000 euro nette. E ci pensano. "Penso che cambierà il mio voto, la prossima volta", diceva al Corriere una signora dopo aver aperto la busta. Insomma: più che informazioni, le buste arancioni rischiano di diventare delle mine sotto il tavolo del Governo.