In due giorni questa mia riflessione su una pubblicità ha suscitato diverse reazioni, ma quello che mi ha colpito è che pochissimi sono d’accordo con me. Con motivazioni peraltro molto eterogenee – e anche molto interessanti, sinceramente. Rispondo quindi, con un paio di brevi riflessioni non sistematiche, soprattutto per rispetto a chi ha dedicato qualche minuto del suo tempo per interagire con me sul sito di Famiglia Cristiana, confermando qui la mia intenzione: non voglio convincere nessuno.
1) Valeva la pena di parlarne. Resto di questa idea. La pubblicità è uno spazio comunicativo molto importante, che troppo spesso guardiamo distrattamente, ma che ci resta in mente, soprattutto “musica, suoni e immagini”. Perché non parlarne, allora?
2) Qualcuno ha detto: “Occupiamoci di cose più serie”! Questo mi ha un po’ sconfortato: anche solo su questo sito, troverete una lunga lista di miei interventi su temi di bioetica, sulle politiche familiari, sui compiti educativi delle famiglie… Stavolta il tema sembrava “leggero”, ma anche questo mini dibattito on line conferma che non lo era poi così tanto. E poi, siamo sicuri che la pubblicità sia così irrilevante nel costruire il nostro immaginario e i nostri giudizi sulla realtà? Io per anni sono stato sveglio tutta la notte a guardare in TV “La notte dei pubblivori”, dove passavano gli spot di tutti i Paesi (e ho visto di molto peggio, in effetti!). Molto istruttivo, credetemi!
3) Il senso dell’ironia: giustissimo, facciamoci su una risata. Ma dopo la risata? Se ti resta in mente un’idea, un retrogusto di amaro, qualcosa che non capisci e che ti disturba? Dobbiamo censurarci perché alla comicità tutto è permesso? Io certe barzellette razziste non le racconterei mai, anche se fanno ridere! E poi, fanno ridere davvero? Ne possiamo parlare, almeno?
4) Politicamente corretto? No grazie! Chi ha avuto la pazienza di leggere il mio testo fino in fondo avrà capito che il mio commento è stato suscitato dalle affermazioni di chi ha fatto la pubblicità, secondo cui solo chi ha approvato la pubblicità è “pubblico pensante”, mentre chi non l’ha apprezzata era un “hater”, un odiatore. Questo non mi è andato giù, questo confermo che non condivido. Il “politicamente corretto” esige che uno sorrida e dica: “Bello!”, a prescindere. Io non ci sto. Per questo sono intervenuto.
Ringrazio ancora, di cuore, chi ha voluto reagire a questa mia riflessione, soprattutto per chi, dissentendo, mi ha suscitato nuovi pensieri, oltre alla mia prima reazione “di pancia”. Però, anche dopo averci ripensato, non posso che confermarvi la mia convinzione: questo spot non mi piace.