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mercoledì 25 giugno 2025
 
Emergenza casa
 

Una casa per Lilia

03/01/2014  Oltre a combattere contro la malattia, Lilia si trova a lottare anche per avere ancora un tetto. Incombe lo sfratto, il prossimo 28 gennaio. La prospettiva per ora è la strada. Un caso limite? Affatto. Sono 18 mila gli sfratti esecutivi, nella sola Milano, in attesa di esecuzione.

Lilia, 51 anni, vive con il figlio quindicenne, studente al liceo classico, alla periferia ovest di Milano. Laureata in filosofia, ha lavorato per molti anni nella formazione e nel sociale, fino a quando, per i tagli nel settore e la scoperta di un tumore, è rimasta a casa: «Fisicamente, nei mesi della chemioterapia non riuscivo certo a lavorare!».

Lilia vive con 290 euro al mese, l’affitto della casa è 750 euro ogni mese, un prezzo “normale” per il mercato immobiliare milanese. Racconta: «I primi mesi mi hanno aiutato mia zia e i miei genitori, ma poi anche loro non potevano più permetterselo. Così ho dovuto chiamare il proprietario e avvisarlo che non riuscivo più a pagare l’affitto».

A maggio del 2012, Lilia presenta la domanda di casa popolare: è una donna sola con un minore, con un’invalidità al 75% per la malattia. Nel frattempo, il proprietario, titolare di numerosi alloggi tra cui diversi sfitti, avvia le pratiche per lo sfratto, che diventa esecutivo.

Lilia, che da vent’anni gli pagava l’affitto, prova a spiegargli che è in attesa che il Comune valuti la sua situazione (a luglio 2013 ha presentato anche la domanda di casa in deroga), ma senza risultati: lo sfratto viene fissato per il 3 dicembre alle 8, proprio alla vigilia di un’operazione e di alcuni controlli oncologici importanti. Racconta Lilia: «Nei giorni prima ho spiegato la situazione all’ufficiale giudiziario, che però mi ha detto: “Inizi pure a vendere i suoi libri, tanto la sbattono fuori”.

Così, insieme al Sicet (Sindacato inquilini casa e territorio), abbiamo organizzato un presidio». Il 3 dicembre, quando l’ufficiale ha bussato alla porta, ha trovato gli attivisti del sindacato, tanti amici di Lilia, il proprietario del bar del quartiere che distribuiva il caffè ai manifestanti, persino la “Banda degli ottoni”, che protestavano contro lo sfratto. Rimandato al 28 gennaio: Natale a casa, ma poi?

Nel frattempo, il Comune ha finalmente esaminato e accolto la domanda di Lilia, ma Aler, l’azienda della Regione Lombardia che gestisce gli appartamenti, deve ancora assegnarle la casa. La situazione è sospesa, ma non risolta: il Comune ha assicurato che «tra alcune settimane» avrà le chiavi in mano, ma in questo momento sono 200 le famiglie che a Milano hanno avuto un provvedimento di assegnazione ma aspettano di essere chiamate da Aler, in alcuni casi anche da sette mesi.

Le finestre dell'appartamento di Lilia. In copertina: il presidio organizzato dal Sicet l'8 dicembre scorso.
Le finestre dell'appartamento di Lilia. In copertina: il presidio organizzato dal Sicet l'8 dicembre scorso.

La Pira: «Il tetto è una cosa sacra, un diritto primario e inalienabile»

«La storia di Lilia – spiega Veronica Pujia del Sicet – spiega bene il problema casa a Milano. Sotto sfratto finiscono non più soltanto le marginalità estreme, i più poveri, ma famiglie che per anni hanno pagato la locazione e ora per la crisi non ce la fanno più. D’altro canto, questa storia evidenzia il ritardo e l’assenza di una seria politica della casa. Nel caso degli sfratti (5 al giorno a Milano), perché il Comune non riesce a organizzare il passaggio da casa a casa? Speriamo che Lilia non debba passare dalla strada, ma lei ha ottenuto la casa secondo il bando ordinario. Le domande di emergenza delle famiglie sfrattate vengono invece esaminate solo quando la famiglia è per strada. Oggi nella nostra città sono 140 le famiglie con sfratto già eseguito per strada. Non si possono valutare prima le loro situazioni?».

I numeri sono drammatici. A Milano sono 18 mila, in costante crescita, gli sfratti con richiesta di esecuzione: «Tra questi», aggiunge Veronica Pujia, «molti sono per “morosità incolpevole”, cioè persone che perdono il lavoro e non ce la fanno più a pagare. Nel decidere quali sfratti eseguire, la forza pubblica non tiene conto di questi fattori».

Nel 2012, in Lombardia sono state 5 mila le famiglie sfrattate. Nel capoluogo, sono oltre 22 mila quelle in graduatoria in attesa dell’assegnazione della casa popolare; nei primi nove mesi del 2013, il Comune ha effettuato 791 assegnazioni, di cui 380 in deroga per emergenza sociale. Ma ci sono altri numeri che fanno impallidire: a Milano, 5 mila sono gli alloggi pubblici sfitti di proprietà del Comune o di Aler e 80 mila quelli sfitti dei privati.

«Sicuramente un problema», spiega Pujia, «è anche che con la legge 431 del 1998 il mercato immobiliare non è più regolamentato e i prezzi sono drasticamente lievitati. In assenza di affitti a canone calmierato, per molte famiglie milanesi l’affitto incide per il 60% sul bilancio familiare: ecco da dove nascono molti degli sfratti per “morosità incolpevole”. Poi certo, anche sull’edilizia pubblica si deve fare di più».

Anche qui i numeri sono significativi: in Italia il 4% del patrimonio abitativo è di edilizia sociale, mentre in Olanda è il 34,6%, in Svezia e nel Regno Unito il 21%, in Danimarca il 20%, in Francia il 17,2% e in Austria il 14,3%. In Europa, condividono percentuali così basse con l’Italia, solo la Spagna 0,9%, il Portogallo il 3,3% e la Grecia, con meno del 5%.

Eppure, la casa è un tema che gli enti locali e il Governo non possono eludere. Lo spiega bene Lilia: «Abitare è la condizione che ci permette di vivere. Se non so dove abitare, come posso ricominciare, cercare un nuovo lavoro e lottare contro il tumore?». Sembra faccia eco a quello che, nella stagione in cui le città iniziavano a investire per dare la casa ai più deboli, diceva il sindaco di Firenze Giorgio La Pira: «Il tetto è una cosa sacra, un diritto primario e inalienabile».

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