Papa Francesco saluta Padre Federico Lombardi e mons. Claudio Maria Celli dopo l'incontro con i giornalisti (Reuters)
Ci dovremo abituare. Anche sabato mattina, come già aveva fatto nei giorni scorsi, Papa Francesco ha parlato molto a braccio, senza seguire il testo scritto del discorso che aveva preparato. Sarà certamente una costante del pontificato.
In un’Aula Paolo VI gremita, il pontefice ha incontrato gli oltre seimila giornalisti e operatori della comunicazione presenti in Vaticano per seguire le dimissioni di Benedetto XVI e il Conclave. Prima ha ringraziato i cronisti per il «qualificato lavoro che avete svolto nei giorni scorsi» e poi, sorridendo, ha aggiunto: «Avete lavorato molto eh, vi voglio bene». Applausi. In prima fila, Padre Federico Lombardi, gesuita e direttore della Sala Stampa vaticana, annuisce e sorride.
Il conclave - Ad un certo punto Papa Francesco si interrompe, smette di leggere il testo scritto e racconta due retroscena del Conclave dei giorni scorsi. Il primo è che ha preso più voti dei 77 necessari per l’elezione. «Quando è stato raggiunto il quorum dei due terzi», ha spiegato infatti il Pontefice, «è scattato l'applauso consueto dei cardinali perché era stato eletto il Papa. Lo scrutinio, intanto, proseguiva fino a tutti i voti e io pensavo al nome». Segno che sul suo nome c’è stato un consenso molto più ampio tra i cardinali elettori rispetto alla soglia minima dei due terzi.
La scelta del nome - Bergoglio ha poi voluto spiegare come mai ha scelto il nome inedito per il papato di Francesco. Sulle prime, infatti, molti si sono chiesti se ad ispirarlo fosse stato Francesco Saverio, gesuita e patrono delle missioni, o Francesco di Sales, grande predicatore e dottore della Chiesa, ma la decisione è stata presa pensando al Poverello di Assisi. «Avevo accanto a me l'arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il Clero, Claudio Hummes, un grande amico», ha raccontato Francesco. «Quando la cosa si stava facendo un po’ pericolosa», ha detto sorridendo, «lui mi confortava, e quando i voti sono saliti a due terzi, momento in cui viene l'applauso consueto perché è stato eletto il Papa, lui mi ha abbracciato, mi ha baciato, e mi ha detto: non ti dimenticare dei poveri. Quella parola mi è entrata qui», ha detto il Pontefice toccandosi il capo, «i poveri, i poveri. Subito, in relazione ai poveri, ho pensato a Francesco d'Assisi. Poi ho pensato alle guerre. Francesco è l’uomo della Pace. E così è venuto il nome nel mio cuore: Francesco d’Assisi. L’uomo della povertà, della pace, l’uomo che custodisce il creato. Il povero ci dà questo spirito di pace».
Poi il sospiro che è quasi un programma del pontificato: «Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri».
I consigli dei cardinali - L’altro simpatico retroscena svelato da Bergoglio è che nella scelta del nome non ha seguito i “consigli” dei colleghi cardinali: «Molti mi hanno detto ti dovevi chiamare Adriano per essere un vero riformatore, oppure Clemente XV per vendicarmi di Clemente XIV che abolì la Compagnia di Gesù», ha aggiunto Francesco, spiegando appunto di aver preferito «Francesco d'Assisi, uomo della povertà e della pace».
Antonio Sanfrancesco
È amore a prima vista fra il mondo dell’informazione e Papa Francesco. I giornalisti, i fotografi e gli operatori televisivi, credenti e non credenti, provenienti da tutti i continenti, escono dall'Aula Nervi entusiasti dopo la prima udienza del Papa. Colpisce non soltanto lo stile comunicativo semplice e diretto di Francesco, che ormai stiamo imparando a conoscere, ma anche un elemento decisivo per tutti i giornalisti: Francesco ci ha dato un sacco di notizie.
È stato lui, in un discorso di poco più di dieci minuti (la brevità di omelie e discorsi sembra essere una apprezzata caratteristica del suo papato) a darci numerosi dettagli sullo svolgimento del Conclave: il "pericolo" che cresceva, i voti che salivano, l’abbraccio e le parole («non dimenticarti i poveri») del cardinale brasiliano Hummes, la scelta del nome (finalmente è chiaro per tutti che ha voluto rifarsi a San Francesco d'Assisi). Poi la frase shock che diventa il programma del suo pontificato: "Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!".
Papa Francesco ci ha detto queste cose parlando a braccio, mettendo da parte i fogli del paludato discorso scritto che evidentemente era stato preparato in Vaticano. Ha colpito tutti anche la sua benedizione finale, fatta in spagnolo, parlando dolcemente come se si rivolgesse a dei bambini, senza gesti solenni e pompose formule in latino. «Neanche mi sono accorta che ci stava benedicendo», ha esclamato una giornalista canadese pochi istanti dopo.
I commenti dei giornalisti all'uscita confermano quanto aveva già fatto notare padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana: il Papa è perfettamente a suo agio, sereno, per niente "frastornato" dalla grande responsabilità che ricade sulle sue spalle. Tra i commenti a caldo dei giornalisti che seguono regolarmente le vicende vaticane emerge un altro aspetto. Con papa Francesco non ci si potrà distrarre un attimo. I testi dei discorsi distribuiti in anticipo dalla Sala stampa saranno utili fino a un certo punto, perché le cose più interessanti le dice quando improvvisa. «Ci sarà da lavorare molto», sussurra un veterano della sala stampa, «ma sarà anche molto divertente».
Roberto Zichittella
Un'immagine dell'incontro tra il Papa e i giornalistio nell'aula Paolo VI. Foto Ansa.
Avevo notato, durante le Congregazioni generali, che Jorge Mario Bergoglio arrivava in Vaticano a piedi, uno dei pochi cardinali senza papalina rossa, e filava via discretamente. Era stato il contendente di Joseph Ratzinger nel Conclave del 2005, qualche navigato “insider” di Vaticano mi aveva fatto il suo nome. Ho provato a contattarlo. Gli ho lasciato un biglietto alla Casa internazionale del clero di via della Scrofa, dove risiedeva prima del Conclave. Non mi attendevo che mi rispondesse. E invece giovedì mattina mi squilla il cellulare e un gentile signore dall’intonazione sudamericana mi dice: “Mi scusi, ma vista la situazione preferisco non parlare…”. Quasi si scusava con il giornalista sconosciuto, l’arcivescovo di Buenos Aires.
Quando si è affacciato dal loggione di San Pietro vestito di bianco, il mercoledì sera successivo, sono rimasto esterrefatto. I 115 porporato del Conclave avevano eletto il cardinale che ti richiama al telefono. Sono rimasto altrettanto sorpreso quando il mio nome è stato estratto a sorte per prendere parte al cosiddetto “baciamano” a fine dell’udienza che papa Francesco ha concesso ai giornalisti accreditati per il Conclave. Mentre stringevo la mano al Papa, ne ho approfittato per dirgli, in un brevissimo colloquio, che ero stato contento, da giornalista, di aver seguito la sua elezione, che considero un fatto di portata storica. E che avevo molto apprezzato le parole che lui aveva appena pronunciato, invitando i giornalisti a prestare “particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza”. “Le tre cose – mi ha risposto lui – vanno insieme: la verità da sola non basta, la bontà da sola non basta, la bellezza da sola non basta”. Semplice, diretto, tranquillo. Papa Francesco.
Iacopo Scaramuzzi