Il papa con Emmanuel Macron e la consorte Brigitte.
Tocca a Pietro indicare la rotta. A Marsiglia, dopo una settimana di lavori tra vescovi e giovani, dopo i momenti di preghiera e di denuncia, l’assemblea non produce nessun testo. Solo un paio di testimonianze, Arjan Dodaj, vescovo di Tirana-Durazzo, e Mariaserana Bottazzi, una giovane della comunità Giovanni XXIII. È dunque il Papa a tirare le conclusioni dell’incontro delle Chiese del Mediterraneo, dopo avere visitato in prima mattinata la comunità delle Missionarie della Carità. Dal mare che abbraccia la città Francesco prende tre simboli per costruire la sua lunga riflessione. Dall’immagine del faro arrivano le suggestioni per proseguire il cammino. «Quali scie luminose possono orientare la rotta delle Chiese mediterranee?», si chiede. La prima “scia” che parte da Marsiglia è la proposta della nascita di una Conferenza dei Vescovi del Mediterraneo. Già a Bari e Firenze se ne era parlato, oggi è il Papa che la vede come un’opportunità «che permetta ulteriori possibilità di scambio e dia maggiore rappresentatività ecclesiale alla regione», sostenendo un lavoro proficuo sul tema delle migrazioni, «così che le Diocesi più esposte possano assicurare migliore assistenza spirituale e umana alle sorelle e ai fratelli che giungono bisognosi».
La seconda proposta è quella di uno scambio maggiore tra le università del Mediterraneo. Pensa ai giovani il papa, ai 70 che sono convenuti per questa assemblea, e a quelli che vivono a Marsiglia, sede di quattro campus universitari, con i suoi 35.000 studenti che li frequentano, dei quali 5.000 sono stranieri. «Le università mediterranee siano laboratori di sogni e cantieri di futuro, dove i giovani maturino incontrandosi…Così si abbattono i pregiudizi, si sanano le ferite e si scongiurano retoriche fondamentaliste». Una sfida educativa che coinvolge anche le Chiese, chiamate a mettere a servizio dell’educazione «le sue reti formative, animando una “creatività della fraternità”».
La terza scia luminosa viene dal manifesto presentato dai teologi il 21 settembre. Il Papa parla della sfida di «una teologia mediterranea, che sviluppi un pensiero aderente al reale, “casa” dell’umano e non solo del dato tecnico, in grado di unire le generazioni legando memoria e futuro, e di promuovere con originalità il cammino ecumenico tra i cristiani e il dialogo tra credenti di religioni diverse».
Il Papa legge il suo discorso davanti alle massime autorità politiche e religiose, della Francia e della città. Con affetto il presidente Macron lo ha accolto all’ingresso del Palais, è il terzo incontro tra i due, sostenendolo nei pochi passi che percorre, con il bastone, sul tappeto rosso. E, nel suo discorso, Francesco tocca le responsabilità che coinvolgono non solo le Chiese, ma tutti i Paesi e i governi per combattere «il vero male sociale», che «non è tanto la crescita dei problemi, ma la decrescita della cura». Usa il simbolo di un mare, il Mediterraneo, chiamato per vocazione a esprimere «un pensiero vitale, aperto e conciliante: un pensiero comunitario», del quale, dice, «abbiamo bisogno nel frangente attuale, dove nazionalismi antiquati e belligeranti vogliono far tramontare il sogno della comunità delle nazioni! Ma – ricordiamolo – con le armi si fa la guerra, non la pace, e con l’avidità di potere si torna al passato, non si costruisce il futuro».
Alla vigilia della Giornata mondiale dei migranti e rifugiati, torna sul tema che ha fatto da filo rosso di queste giornate. Da chi scappa da guerre e povertà, sale «il grido di dolore che più di tutti risuona, e che sta tramutando il mare nostrum in mare mortuum, il Mediterraneo da culla della civiltà a tomba della dignità». Usa un terzo simbolo legato al mare, il porto, che a Marsiglia è da secoli una porta spalancata sul mare, sulla Francia e sull’Europa. «Vari porti mediterranei, invece, si sono chiusi. E due parole sono risuonate, alimentando le paure della gente: “invasione” ed “emergenza”. Ma chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza». Quanto all’emergenza, ribadisce, il fenomeno «è un dato di fatto dei nostri tempi, un processo che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea in grado di fronteggiare le obiettive difficoltà. Il mare nostrum grida giustizia, con le sue sponde che da un lato trasudano opulenza, consumismo e spreco, mentre dall’altro vi sono povertà e precarietà».
Da Marsiglia Francesco invita i politici, l’Europa, a progettare l’accoglienza, non a chiudere gli occhi dicendo «basta»: «La soluzione non è respingere, ma assicurare, secondo le possibilità di ciascuno, un ampio numero di ingressi legali e regolari, sostenibili grazie a un’accoglienza equa da parte del continente europeo, nel contesto di una collaborazione con i Paesi d’origine». Non è un discorso che non tiene conto della realtà. «L’integrazione è faticosa», ma inevitabile, perché prepara «il futuro che, volenti o nolenti, sarà insieme o non sarà» e quindi va fatta secondo lo stile dell’accoglienza, perché «l’assimilazione, che non tiene conto delle differenze e resta rigida nei propri paradigmi, fa prevalere l’idea sulla realtà e compromette l’avvenire, aumentando le distanze e provocando la ghettizzazione, che fa divampare ostilità e insofferenze. Abbiamo bisogno di fraternità come del pane».
La riflessione del Papa è sostenuta dalle citazioni dei tanti compagni di viaggio che accompagnano il pensiero di Francesco: Giorgio la Pira, don Tonino Bello, don Primo Mazzolari, Charles de Foucauld, George Bernanos, Blaise Pascal, Paolo VI… Alla fine del suo intervento, durato circa 45 minuti, parte una lunga standig ovation. Accanto a Francesco, sul palco, vicino al cardinale di Marsiglia, brillano gli occhi del cardinale Gualtiero Bassetti. «Sono felicissimo», ha dichiarato prima di entrare in auditorium. È dal suo amore per Giorgio La Pira, per il sogno di un Mediterraneo di pace del santo politico italiano, che in fondo tutta la macchina è partita, nel 2020 con il primo incontro di Bari. Raccolto da Firenze e oggi da Marsiglia, non si sa a quale città toccherà il testimone futuro. Indietro non si torna. Lo ha detto con chiarezza il Papa a conclusione del suo discorso: «Andate avanti! Siate mare di bene, per far fronte alle povertà di oggi con una sinergia solidale; siate porto accogliente, per abbracciare chi cerca un futuro migliore; siate faro di pace, per fendere, attraverso la cultura dell’incontro, gli abissi tenebrosi della violenza e della guerra».