ROBERTO G. - Come si può giustificare un attacco militare per combattere il peccato?
La predicazione del Patriarca di una grande Chiesa, quale quella russa, merita rispetto e attenzione, nel tentativo di comprenderne i contenuti. Ma, nel caso del sermone tenuto dal patriarca Kirill al termine della divina liturgia celebrata nella Domenica del Perdono (6 marzo), più mi sforzo di capirlo, meno lo trovo condivisibile, al di là delle semplificazioni giornalistiche.
I vescovi europei giorni orsono avevano denunciato il “desolante silenzio” del Patriarca di tutte le Russie ed ecco la sua risposta, che avremmo preferito non ascoltare, dalla quale si evince una visione dell’Occidente permissivista e corrotto, con riferimento al gay pride (oltre che alla situazione di quello che chiama lo “sterminio” nel Donbass filorusso), per cui la guerra sarebbe giusta e necessaria. Il Patriarca giunge ad affermare: «Tutto questo dimostra che siamo impegnati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico». Lo spirito russo è sempre e comunque mistico e metafisico e così si comprende la prospettiva di Putin e di Kirill, ma evidentemente la loro metafisica non coincide certamente con quella del popolo russo e in particolare di quanti, intellettuali e non, rischiano la galera per manifestare il loro dissenso, e ovviamente non è né può essere la nostra metafisica.
Rispetto al giudizio moralistico sulla cultura occidentale, non posso non rilevare una sintomatica coincidenza su quanto esprimono, anche in forma violenta, i fondamentalisti religiosi. Quanto a noi, non solo non possiamo non dissentire da questa visione della cultura occidentale e della libertà di cui è portatrice, ma soprattutto dobbiamo rilevare una palese contraddizione nelle parole di Kirill. Egli, infatti, proprio prendendo spunto dal fatto che ha appena celebrato la “Domenica del Perdono”, sembrerebbe distinguere il peccato dal peccatore, con un passaggio decisamente condivisibile: «È oggi, nella Domenica del Perdono, che dobbiamo compiere questa impresa di abnegazione dai nostri peccati e dalle nostre ingiustizie, l’impresa di abbandonarci nelle mani di Dio e l’impresa più importantedi perdonare coloro che ci hanno fatto del male».
Ma se questa fondamentale distinzione fra peccato da denunciare e condannare e peccatore da perdonare regge, ecco che ogni imposizione violenta e ogni guerra in nome della giustizia e della verità è da condannarsi, perché uccide i presunti peccatori, sulla cui fede solo Dio può giudicare. La guerra uccide le persone, non il peccato, e per questo è sempre e comunque da condannare e respingere. Se si fosse coerenti con la necessità di intraprendere azioni belliche contro i peccatori, poiché siamo un popolo di peccatori sia a Oriente che a Occidente, il Signore dovrebbe annientarci o dovremmo scannarci fra noi, invece ci accoglie e ci perdona. Un perdono che auguriamo anche al Patriarca russo, al quale ci unisce il Battesimo, che ci ha donato piena libertà,in nome della quale dissentiamo profondamente da quanto questo fratello nella fede ha detto, confondendo e non guidando evangelicamente il suo popolo.