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lunedì 28 aprile 2025
 
Enfant prodige
 

"Vi racconto come sono diventata la Mozart del flauto a 9 anni"

11/12/2023  Intervista alla giovane flautista olandese Lucie Horsch, 24 anni, che ha comncioniato a esibirsi in pubblico da bambina e che oltre al flauto suona il pianoforte e canta. Suonerà domani 12 dicembre alla Società del Quartetto di Milano

La definiscono una “stella nascente” del concertismo mondiale: ma in realtà i successi che riscuote in tutto il mondo hanno fatto di lei un’artista dalle esibizioni imperdibili e, per molti versi, originalissime. Lucie Horsch, a soli 24 anni è la testimone che il famoso titolo del libro di Leonard Berstein La gioia della musica può essere una realtà. Ne hanno conferma coloro che acquistano i suoi cd, la ammirano in video e l’avranno gli spettatori della Società del Quartetto di Milano  (dove si esibirà in trio con Emmy Storms, violino, e Raphaël Feuillâtre, chitarra, il 12 dicembre). Definirla solo flautista è riduttivo, anche se ha riportato nelle grandi sale da concerto il flauto a becco, quello di legno, di antica storia.

Ma come è nata in lei la passione per questo strumento?
«Come per la maggior parte dei bambini io ho iniziato la pratica della musica a scuola, a 5 anni, da noi in Olanda era obbligatorio. Ho scelto il flauto, come molti altri. E i miei, entrambi musicisti di strumenti ad arco, non si aspettavano questa scelta. Non ne ricordo le ragioni, ma ricordo che immediatamente sentivo il flauto come se fosse la mia stessa voce, come un mio modo di esprimermi». 


E a 9 anni lei era già famosissima!

«Già prima di quell’età avevo fatto le mie esperienze davanti a un pubblico. A 7 anni infatti ho vinto il mio primo concorso scolastico (ne sono arrivate poi molti altri di riconoscimenti, ndr). Ma poi un concerto a 9 anni ha cambiato la mia vita: si è svolto sulla riva del Prinsengracht, un canale di Amsterdam, la mia città, e venne trasmesso dalla televisione. Il pubblico presente mi ascoltava dalle barche. E ricordo l’emozione che ho provato quando è esploso un grande applauso dopo la fine della Danza ungherese di Brahms che avevo eseguito».

Il suo è uno strumento arcaico.
«Certo, il mio è considerato uno strumento barocco, e in effetti si tratta di uno strumento legato soprattutto alla musica barocca, e costruito in quel periodo. Ma io amo tutta la musica, senza distinzione di periodi e nemmeno di generi: anche i miei ascolti spaziano sul pop, o sul jazz, o sulla musica folkloristica. Posso dire che non amo molto la musica elettronica, non mi appassiona». 


Tutto questo si riflette nei programmi di Lucie, che alternano autori, titoli e generi fra i più vari e che comprendo trascrizioni, pezzi originali, pagine jazz.
«Sì, mi piace molto studiare lo sviluppo della musica, epoca dopo epoca. Perché è un modo per arricchire le nostre conoscenze. Per guardare al futuro, ma anche per tornare indietro: e, per esempio, riscoprire e comprendere meglio un Beethoven». 


Ma la sua musicalità non si esaurisce col flauto.

«Io suono anche il pianoforte e tutti gli strumenti a tastiera. Ma sono anche cantante e 4 anni fa ho preso un diploma. Perché sin da bambina mi è sempre piaciuto cantare. Cantavo tutto il giorno, e lo facevo anche nel Coro Nazionale infantile del mio Paese». 
Quindi canta anche durante i suoi concerti?

«Sì, purché sia coerente col programma che propongo. Non per stupire insomma, ma per proporre la musica che amo, nel modo che amo». 
Ma ci saranno dei compositori che predilige.

«Difficile rispondere. Ma forse i compositori per me fondamentali e che mi ispirano sono Bach, per la musica barocca e Schumann e Brahms per il repertorio per piano. Mi piace molto anche il barocco francese, che non è il favorito dal pubblico, ma che io amo suonare».
Lei sembra trasmettere “la gioia della musica”, ne è consapevole?

«Cerco di farlo. È ciò che mi ispira sempre. Perché la vita di un musicista è anche impegnativa, a volte stressante. Ma poi quando sono sul palco cerco anche di divertirmi e divertire. E penso sia stupido criticare la gente perché si diverte ad un concerto. Il divertimento e la gioia devono fare parte della nostra vita e della nostra missione». 

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