Capisco bene la sua preoccupazione,
gentile signora, che ben
rispecchia il brivido che ha percorso
l’Italia in questi mesi. La
cronaca spesso ci fa risentire improvvisamente
la pericolosità, la vulnerabilità,
l’imponderabilità, ma anche il rischio di
errori umani, potenzialmente presenti
nell’ombra di ogni gravidanza e di ogni
parto. Una tragedia, per la donna, per
il suo bambino, spesso coinvolto nella
morte della mamma, e per la famiglia.
Perché si rischia ancora partorendo?
La causa più frequente e drammatica
di morte da parto è l’emorragia massiva:
la donna può arrivare a perdere sei litri
di sangue, entrare in shock emorragico,
e ricevere dieci sacche o più di sangue
in pochi minuti. L’emorragia può dipendere
da fattori diversi, tra cui patologie
della coagulazione ma, soprattutto, anomalie
della placenta, che è il grande polmone
e la fonte di nutrimento del piccolo.
Vediamo i protagonisti del problema.
* Le patologie della placenta
Le anomalie pericolose della placenta
hanno tre caratteristiche principali: problemi
di annidamento in utero, di sede di
impianto e di tempo errato (“intempestivo”)
di distacco.
Nel primo caso, la placenta si “annida”,
si radica troppo all’interno della
parete dell’utero (placenta “accreta”,
“increta”, “percreta”, a seconda di quanto
si approfondisce: maggiore la profondità,
peggiori le conseguenze). Dopo il
parto, nel momento del “secondamento”,
in cui cioè la placenta dovrebbe essere
espulsa “per seconda”, dopo il bambino,
questo non succede perché i villi,
le “radici” della placenta che servono a
“pescare” nel sangue materno per nutrire
il bambino, non si staccano perché
troppo radicati. A quel punto l’utero non
può contrarsi, stringendo i vasi sanguigni
che irrorano l’utero, così da bloccare la
perdita di sangue. Ed ecco l’atonia dell’utero
mentre il sangue esce a FIotti: se la
donna è già in ambiente medico di eccellenza
(il cosiddetto “terzo livello”) trasfusioni
massive, ossitocina e altri farmaci
per fermare l’emorragia e, se non basta,
chirurghi velocissimi a eseguire l’isterectomia
(asportazione dell’utero) d’urgenza,
mentre gli anestesisti sono impegnati
sul fronte della rianimazione, più difficile
quando lo shock emorragico è avanzato,
possono riuscire a salvare la donna. Non
sempre. L’ultimo studio, pubblicato da
Green e collaboratori sul British journal
of obstetrics and ynecoloy del 23 dicembre 2015 e condotto nei centri di eccellenza
del Regno Unito su 181 donne con
emorragia massiva dopo il parto, riporta:
due donne morte, mentre il 45 per cento
ha avuto l’isterectomia d’urgenza, l’82
per cento il ricovero in unità di cura intensiva
e ben il 28 per cento ha riportato
esiti gravi a lungo termine. Non basta restare
vive, ma come? Shock emorragico
e trasfusioni a raffica possono creare lesioni
permanenti e irreversibili causando
insufficienza renale grave, danni epatici,
polmonari e cerebrali, problemi immunitari
e cardiovascolari. Un bilancio pesante
anche in centri egregi. Il 3 per cento
delle donne studiate non aveva alcun
fattore di rischio e aveva avuto parti normali
per via vaginale. Dopo, il disastro.
Dati inquietanti, pronti a ricordarci che
le gravidanze vengono definite: ad alto,
medio o basso rischio. Attenzione: Non
esiste la gravidanza senza rischi, come
non avremo mai il rischio zero! Non siamo
onnipotenti né immortali, anche se
dobbiamo impegnarci per eliminare tutti
i fattori modificabili di rischio (tra cui il
fumo, la carenza di acido folico, l’eccesso
di tagli cesarei…).
La seconda causa di emorragie dipende
dalla posizione della placenta: che dà
luogo a sanguinamenti pericolosi quando
è posta “previa”, ossia nella parte interna
del collo dell’utero, davanti alla
vagina. Nel momento in cui iniziano il
travaglio e la dilatazione del collo, quando
la placenta si stacca prematuramente
(perché il bimbo è ancora in utero), partono sia l’emorragia sia la sofferenza fetale
(perché la placenta è il polmone del
bambino finché questi non è nato e respira
autonomamente). Qual è il punto? La
placenta previa si diagnostica bene con
l’ecografia: il segnale di allarme scatta
quando il bordo è posto a meno di due
centimetri dal centro del collo, detto orifizio uterino interno. In tal caso si fa il taglio
cesareo “di elezione”, prima che parta
il travaglio, meglio se in un centro di
eccellenza, e il problema è prevenuto. La
placenta accreta è di più difficile diagnosi.
Ci si riesce in circa il 50 per cento dei
casi: ecco un punto da migliorare, con
ecografie sempre più accurate.
La terza causa pericolosissima è il distacco
“intempestivo” di placenta, durante
la gravidanza. Il feto va in sofferenza
da asfissia: non riceve più ossigeno. Il
sangue si accumula tra la placenta e l’utero
e ne causa un infarto, che richiede
un’isterectomia d’urgenza. Se si crea
una “coagulazione intravascolare disseminata”
la donna muore per emorragia
massiva e inarrestabile. Bisogna trovarsi
in sala parto in queste situazioni, che, a
volte, esplodono senza alcun fattore di
rischio evidente. Un dramma per tutti.
Ma altri fattori di rischio sono in agguato.
* Le infezioni in gravidanza
Perché la donna è più vulnerabile a infezioni
fatali anche da germi “banali” come
lo streptococco o il virus influenzale?
La ragione è precisa: la gravidanza è
caratterizzata da una parziale “immunodepressione”,
ossia da una riduzione
controllata dell’efficienza del sistema
immunitario, affinché la mamma possa
accettare l’embrione, che porta metà
del patrimonio genetico del papà. Si dice
infatti che il feto è un “allotrapianto”:
dal punto di vista immunitario, si comporta
come un trapianto geneticamente
diverso. Il rovescio della medaglia è
che la mamma si difende meno dalle infezioni:
ecco perché alcune infezioni da
gemi banali come lo streptococco possono
salire dalla vagina, infettare il sacco
e il liquido amniotico, causare morte fetale
ma anche setticemie fatali. O, ancora,
perché il virus influenzale possa dare
forme sistemiche fatali.
Consiglio pratico: vaccinarsi sempre
contro il virus influenzale, soprattutto se
si programma una gravidanza. E non sottovalutare
le infezioni, anche apparentemente
poco aggressive.
I fattori di rischio
* Maternità: l’età superiore ai 35 anni
triplica il rischio; bassa istruzione e
basso reddito lo duplicano, perché comportano
minore accesso a cure mediche
qualificate e minori conoscenze. Malattie
preesistenti alla gravidanza, come
diabete e ipertensione, ma anche condizioni
come l’obesità aumentano nettamente
il rischio. Il non aver fatto esami
preconcezionali, ma anche il non aver
assunto l’acido folico, accrescono il rischio
di malformazioni di testa e colonna
(del tubo neurale), cardiache e urogenitali,
ma anche di anomalie della
placenta. Pregressi tagli cesarei aumentano
il rischio di anomalie di inserzione
della placenta, in particolare la “placenta
accreta” con rischio di emorragie così
gravi da richiedere l’asportazione dell’utero
(isterectomia) e trasfusioni massive
con rischi a lungo termine da shock
emorragico. Vanno aboliti il fumo, che
aumenta i rischi cardiovascolari e l’alcol,
che aumenta il rischio di malformazioni
e insufficienza placentare.
Attenzione all’anemia in gravidanza,
che accresce la vulnerabilità alle emorragie
durante il parto, ma anche a depressioni
gravi post-partum, oltre a conseguenze
sulla salute e sulla capacità di
apprendimento del bambino.
* Medico-ospedalieri: inesperienza o
inadeguatezza della struttura nell’affrontare
situazioni drammatiche come l’emorragia
massiva improvvisa, negligenza
nel trascurare segnali minimi (“non
mi sento bene”) senza attivarsi, imperizia
o imprudenza (per esempio, nel non
inviare subito a un centro di eccellenza
una donna con anche dubbie anomalie
placentari, prima del parto), possono aumentare
la vulnerabilità ai rischi gravi.
* La prevenzione materna
Prima della gravidanza: il 48 per cento
delle gravidanze inizia ancor oggi “per
caso” o “se capita siamo contenti”. La
gravidanza è un viaggio che dura tutta la
vita. Partiremmo per un viaggio lungo e
potenzialmente insidioso senza alcuna
preparazione?
Indispensabili: visita preconcezionale,
polivitaminico con acido folico (0,4
milligrammi al dì), esami per escludere
malattie infettive, diabete , ipertensione.
Partire normopeso, o mettersi a dieta.
Fare un’ora di passeggiata veloce al giorno.
Eliminare alcol, fumo, droghe. Attenzione
ai tattoo: il piombo, contenuto nei
coloranti di bassa qualità, è malformativo
quando supera i livelli di sicurezza. Si
accumula nell’osso e può manifestare la
tossicità anche a distanza di anni.
Durante la gravidanza: se si parte normopeso,
aumentare di circa un chilo al
mese nel primo trimestre, 1.200 grammi
al mese nel secondo, 1.500 grammi
al mese nel terzo. Preferire amidi, cereali
e legumi alla sera, per ottimizzare la
glicemia e la nutrizione del piccolo nelle
ore notturne, con proteine a pranzo.
Integrare alimentazione con ferro, acido
folico, vitamina D, magnesio, Omega3 e
Omega6.
Tolleranza zero per alcol, fumo, droghe.
Scegliere un ginecologo esperto.
Per il parto: yoga, esercizi di respirazione,
e di rilassamento dei muscoli del
pavimento pelvico ottimizzano la preparazione.
Un’ostetrica esperta è di ottimo
aiuto in parto, gravidanza e post-partum
fisiologici, per far sì che restino tali.
Scelta di ginecologi-ostetrici esperti e
ospedali con elevato numero di parti aumentano
la probabilità di assistenza eccellente
dal punto di vista medico, anche
nella gestione delle emergenze.
* La prevenzione medica: aggiornamento
continuo, formazione specifica
con protocolli rigorosi per la gestione
delle emergenze ostetriche, attenzione
alla visita sempre accuratissima. Mai abbassare
la guardia: anche la gravidanza
più normale può volgere in tragedia in
pochi minuti, in assenza di fattori di rischio
e per eventi imponderabili e non
prevedibili.
Giustissima l’iniziativa del ministero
della Salute di accorpare i centri nascita,
idealmente con ospedali dai 1.000 parti in
su. Solo la presenza in reparto, 24 ore su
24 per 365 giorni all’anno, di ginecologo
e anestesista competenti anche nella gestione
dello shock emorragico può evitare
la tragedia o danni permanenti. La “reperibilità”
non consente di arrivare in tempo!
La sfida: migliorare l’umanità nell’assistenza
al parto anche quando i numeri
di nascite sono elevati. Bisogna monitorare
tutte le Regioni italiane (al momento solo
otto lo sono). Ridurre la mortalità e la
morbilità per gravidanza e parto è un dovere
morale ed etico, otre che sanitario.
Ma richiede la piena responsabilità e collaborazione
da parte di tutti.