Tra l’arrivo e la partenza di un treno, anche il passeggero più trafelato e distratto avrà notato, nei giorni scorsi, una folla di persone radunarsi al binario 1 della Stazione Termini. Ognuno stringeva nella mano un fiore colorato, gesto simbolico che racchiudeva in sé l’essenza del dono e dell’antidoto all’indifferenza, quel male così diffuso nelle grandi città che emargina sino ad uccidere. Il popolo che ogni anno, da 34 anni, in pieno inverno si dà appuntamento è composto dagli amici di Modesta Valenti, la 71enne senza fissa dimora deceduta per il mancato soccorso dell’equipaggio dell’ambulanza, che si rifiutò di prenderla a bordo a causa delle sue scarse condizioni igieniche.
Modesta morì dopo ore di agonia, in attesa che qualcuno decidesse di prestarle soccorso. “Quella di Modesta è la memoria di una donna divenuta cara a tanti romani, a tutti noi” ha detto il presidente di Sant'Egidio Marco Impagliazzo “E' quello che ci chiedono tante persone vulnerabili, di essere ricordati, amati, accompagnati, di fermarci accanto a loro. E’ questa la domanda che sale dalla storia di Modesta e dalla vita di tante persone vulnerabili in questa città". Dal ricordo di Modesta Valenti e di chi, come lei, ha perso la vita per le strade delle città italiane sale un appello, lanciato dallo stesso Marco Impagliazzo durante la commemorazione alla Stazione Termini: "Chiediamo alla nostra città e a tutti i cittadini di diventare sempre più sensibili alla domanda di tanti che vivono in situazione di sofferenza e vulnerabilità nelle città".
La sua morte viene commemorata dalla Comunità di Sant’Egidio che, nell’anniversario della sua scomparsa, la ricorderà nella liturgia di domenica 5 febbraio a Santa Maria in Trastevere dedicata a tutti gli “amici per la strada” che hanno perso la vita, ricordando ciascuno per nome. Analoghe celebrazioni sono previste a Milano (sempre domenica 5 febbraio, alle 11, nella chiesa di San Bernardino di via Lanzone 13) e ad Aversa (sabato 18 febbraio, alle 11, nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, in via Roma 249).
Le temperature ostili dei giorni scorsi sono difficili da affrontare per chi non ha una casa, come Paola e Amantina, le due donne senza dimora della capitale uccise dal freddo. Sono morti che suscitano sentimenti di pietà e compassione verso chi è povero e chiedono che si risponda in anticipo alla richiesta di centri di accoglienza per i senza tetto durante i mesi invernali. “Abbiamo chiesto con forza l’apertura delle sale d’attesa nelle stazioni ferroviarie, perché sono luoghi veramente riscaldati dove tradizionalmente i poveri trovano riparo, ma per il momento questa possibilità ci è stata negata. Non è nostra abitudine lamentarci, ma per questa emergenza si poteva fare un’eccezione.” A parlare è Carlo Santoro, volontario della Comunità di Sant’Egidio “Le metro sono aperte da mezzanotte alle cinque del mattino e i poveri non ci vanno perché sono fredde. Per fortuna si stanno attivando altre congregazioni e associazioni”. Tra questi i Padri Giuseppini del Murialdo, che dal 16 gennaio hanno messo a disposizione il Pontificio Oratorio di San Paolo.
Inoltre, da sabato 7 gennaio i volontari della Comunità di Sant’Egidio offrono riparo al gelo a chi vive in strada nella casa dove papa Calisto I si ritirava a pregare. In questo luogo di spiritualità di origini antiche, la chiesa e i locali sono in zona extraterritoriale, proprietà della Santa Sede. L’attuale edificio è del XVII secolo ed è una Rettoria connessa alla Parrocchia di Santa Maria In Trastevere, affidata alla Comunità di Sant’Egidio che vi svolge attività di culto e di catechesi, particolarmente per gli anziani e le persone con disabilità. All’ingresso i volontari accolgono gli ospiti, trenta persone in tutto fra italiani e stranieri, e li assistono in tutte le loro necessità . “Qui mi sento bene, al sicuro” dice Nunzio, mentre inizia a raccontare la sua storia. Romano, 37 anni, vive in strada da quattro. Aveva un’attività in proprio ben avviata prima che il virus del gioco lo contagiasse sino a fargli perdere tutto. “Al pranzo d’Epifania organizzato dalla Comunità, ho saputo che qui avrei trovato un letto in cui dormire e un ambiente riscaldato. Quando il freddo finirà voglio darmi da fare per trovare un lavoro” conclude Nunzio “e spero di tornare a condurre una vita normale”.