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venerdì 11 ottobre 2024
 
 

Una rivoluzione nel nome del Vangelo

21/06/2013  Bilancio dei primi cento giorni di papa Francesco. Jorge Mario Bergoglio ha dato una scossa salutare alla Chiesa, ma nella continuità del Concilio e del magistero dei suoi predecessori. La sua prima scossa è già nel nome che si è scelto.

In cento giorni il Papa ha cambiato la Chiesa. È questa la percezione, almeno scorrendo i media di buona parte del mondo. Un giornale argentino lo ha chiamato “El Che Bergoglio”, suscitando un’ondata di protesta tra i lettori, perché lui non ha avviato alcuna rivoluzione, semplicemente ha messo in pratica il Vangelo nella sua radicalità. Con la semplicità dei suoi gesti e delle sue parole, papa Francesco fa felici giornalisti e televisioni, che lo riprendono continuamente, ma sconcerta l’istituzione.
C’è chi si chiede per quanto riuscirà a tenere un ritmo così frenetico. I giornalisti de La Vie l’hanno definito: «Francesco, il defibrillatore».
Per un bilancio dei primi cento giorni è naturale riconoscere che Jorge Mario Bergoglio ha dato una “scossa salutare” alla Chiesa, ma nella continuità del Concilio e del magistero dei suoi predecessori. Qui sta il nodo. Altrimenti, si mette in moto la solita operazione di contrapporre il nuovo papa al suo predecessore. Anche Ratzinger ha dato le sue “sferzate”, a cominciare dalla famosa analisi sulle “sporcizie” nella Chiesa, il Venerdì santo del 2005, quand’era ancora cardinale.

E il suo pontificato si è caratterizzato per potenza di parole contro divisioni, carrierismo e lotte di potere. Alla fine, è stato Benedetto XVI a imporre la pulizia generale: con la rinuncia al pontificato. Ecco la scossa. Bergoglio ha trovato il defibrillatore già acceso. E l’ha usato, come gli hanno chiesto gli stessi cardinali al Conclave. La Chiesa è sempre la stessa, il Vangelo pure. La sua prima scossa è stata il nome che si è scelto: Francesco. Poi sono venute tutte le altre scosse nello stile e nelle parole.
Scosse contro lo scandalo della povertà, la paura dei cristiani, la mentalità autoreferenziale, il carrierismo, i cristiani da salotto o part-time, la coscienza che dorme, la fede come una fiaba, il clericalismo, la porta chiusa davanti alle sorprese di Dio…
La parola che più piace a Bergoglio è «uscire». E un giorno si è anche lamentato che per lui è difficile uscire dal Vaticano. Papa Francesco riempie piazza San Pietro come non si vedeva da tempo. I sondaggi lo danno in cima al gradimento degli italiani con percentuale impressionante: 85 per cento, secondo Demopolis. Certo, ha contribuito a cambiare l’immagine della Chiesa, a spazzar via gli scandali. Ora c’è attesa per le riforme della Curia romana e dello Ior, ma questi non sono il cuore della Chiesa.
Se non funzionano secondo i princìpi del Vangelo, vanno riformati. Ha chiesto a otto cardinali del mondo di aiutarlo nel rinnovamento.
Per lo Ior sta facendo ancor di più. E per vederci chiaro ha convocato anche gli economi delle maggiori congregazioni religiose. Intanto, ha ricordato (due volte in cento giorni) che san Pietro non aveva una banca. Ingenuo pauperista francescano, che come Francesco si spogliò nudo rinunciando alle vesti di broccato? A qualcuno l’analisi potrebbe piacere, per depotenziare anche questo Papa.

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