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sabato 26 aprile 2025
 
Solidarietà
 

Una storia di solidarietà. E nonna Emma ospitò Bakary in casa sua

23/03/2016  L’anziana donna di Mestre ha accolto per un anno in casa sua un profugo trentenne, sfidando i pregiudizi

Il 15 gennaio scorso, alla festa che la parrocchia di San Lorenzo Giustiniani le aveva preparato per i suoi 90 anni, c’erano davvero tutti: i tre Žfigli, i nipoti, amiche e amici e pure i fiŽgli degli amici. Tutti venuti ad abbracciare nonna Emma. Tra di loro c’era pure un giovanotto africano, giubbotto sportivo e sguardo gentile, con una bottiglia di champagne in mano, da stappare in onore della festeggiata.
In effetti Bakary Bamba, 38 anni, originario della Costa d’Avorio, un motivo per augurarle buon compleanno ce l’aveva. La nonna, come l’ha sempre chiamata, l’ha ospitato in casa per quasi un anno, dal 2014 Žfino all’estate scorsa, quando s’è trasferito in un appartamento tutto suo, in un Comune a una decina di chilometri dalla Cipressina, il quartiere alla periferia di Mestre dove vive Emma Brusò. Una storia di solidarietà, uno tra i tanti sconosciuti esempi d’accoglienza che sfuggono ai rifl“ettori dei media e ai radar delle statistiche.
«Tutto nacque da una nostra idea», racconta il fiŽglio maggiore Fabio: «Conoscevamo Bakary da un paio d’anni e sapevamo della sua necessità di trovare in fretta un alloggio temporaneo».
Il giovane migrante, arrivato in Italia dalla Libia nel 2011, dopo esser stato rapito, segregato in un campo di prigionia e imbarcato per Lampedusa, era approdato in Veneto quasi subito in qualità di richiedente asilo e viveva in una condizione di precarietà, senza alloggio e senza lavoro. «Da pochi mesi ero uscito dall’inferno in cui mi avevano relegato assieme a tante decine di immigrati, costretti in uno squallido appartamento di Mestre, in condizioni d’affollamento così disumane da indurre le autorità a chiudere quel ghetto», racconta il giovane, che in Libia lavorava come autista per l’ambasciata ivoriana.

CHIEDIAMOLO A MAMMA. Un po’ meno peggio si sarebbe rivelata la sistemazione successiva, in una stanza d’albergo di Dolo, sulla riviera del Brenta, lontana dalla località dove l’immigrato prestava servizio presso un’associazione di volontariato. Una situazione poco sostenibile a lungo andare, anche da chi era disposto a fare i salti mortali pur di rimanere in questo Paese.
«Perché, allora, non chiedere a nostra madre di ospitarlo nella sua casa, dove vive ormai da sola da qualche tempo?», spiega Fabio. Ma l’anziana signora avrebbe accettato di portarsi in casa uno sconosciuto? Un giovane africano con una vedova avanti negli anni e per di più sola? E che avrebbero mormorato i vicini di casa? La risposta di Emma arrivò immediata: «Qual è il problema? La camera dei Žfigli è vuota. Se c’è bisogno si dà una mano. No?». Un ragionamento semplice, dettato da quella disponibilità che, in molte altre occasioni, l’aveva fatta conoscere nel quartiere. Per tanti anni, in parrocchia, Emma s’era impegnata come volontaria: prima come catechista, poi come aderente alla San Vincenzo, per aiutare chi non arrivava alla fine del mese. La differenza è solo che i poveri qualche decennio fa, in quel quartiere-dormitorio della terraferma veneziana, non parlavano lingue straniere, ma i dialetti delle regioni del Sud.
Così Bakary si trasferisce nell’abitazione della Brusò. Ma cerca di farlo in punta di piedi: «La mia intenzione era quella di disturbare il meno possibile. Anzi, pensai di rendermi utile, di agevolare un po’ la vita a chi mi stava generosamente aiutando», spiega Bakary. Non sapeva però con chi avrebbe avuto a che fare. «Come avrei potuto permettere a un ospite di fare le pulizie di casa? O di uscire per le spese?», spiega con disarmante convinzione nonna Emma. «A me restava solo il compito di ritrovare gli occhiali che “nonna” ogni tanto smarriva per casa, o di spegnere i fornelli sbadatamente lasciati accesi», racconta sorridendo. Glissa, però, sul fatto che un brutto giorno, se non ci fosse stato lui a soccorrerla dopo una brutta caduta, chissà come sarebbe andata a Žfinire.
«Le devo molto», conclude Bakary. «Se oggi vedo il mio futuro in Italia e non altrove è grazie alla generosità di persone come lei, o come Paolo e Marina, una coppia di sposi di Asseggiano che mi hanno accolto come un Žfiglio», ammette il giovane. Nonna Emma lo ascolta in silenzio, e prima di salire in bicicletta per andare a fare le spese ribatte laconica: «Se tu avessi bisogno di tornare qui, la luce in corridoio a sera tardi te la farei trovare ancora accesa».

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