Che una svolta fosse nell’aria al Sinodo dei vescovi su divorziati risposati, unioni di fatto e anche sulla questione degli omosessuali lo si era capito tra mercoledì e giovedì scorso, quando oltre 85 interventi di padri sinodali tra programmati e liberi hanno affrontato a fondo questi temi. Poi sono state la parole del cardinale Francesco Coccopalmerio in conferenza stampa a confermare che si stava approfondendo la linea del “caso per caso” e che quella rappresentata dai “rigoristi” era finita in minoranza.
Coccopalmerio aveva precisato che “non ci potrà mai essere una norma generale, ma casi singoli esaminati dal vescovo, a cui demandare una soluzione”. E poi aveva aggiunto: “Se il Sinodo comincia a pensare a questo, ottiene un grande risultato”. Coccopalmerio presiede la Pontificia commissione per l’interpretazione dei testi legislativi. Ma è uno che, per esperienza e per studio, ha sempre sostenuto la tesi della complementarietà tra norme giuridiche canoniche, riflessione teologica e prassi pastorale.
I rigoristi sono stati contestati proprio sulla base di questo argomento nell’aula del Sinodo. Il Papa non ha preso mai posizione e cioè non è intervenuto né per confermare, né per correggere alcuna posizione confermando il metodo che aveva chiesto all’inizio dei lavori e cioè dibattito franco, senza che nulla non possa essere discusso.
Poi domenica nell’omelia per la messa dei santi canadesi ha ribadito, con una metafora, che il Regno di Dio e quindi verità e misericordia non possono essere costretti entro angusti confini della nostra “chiesetta”. Il riferimento al dibattito del Sinodo è apparso chiaro a tutti.
Negli ultimi giorni di discussione generale è cresciuta tale consapevolezza. Il cardinale belga Danneels ha addirittura pubblicato integralmente la sua relazione su un sito cattolico in inglese. E’stato lui a invitare a ragionare sulla benedizione di secondo nozze, dopo un serio cammino penitenziale”. E il cuore del suo intervento è stato ripreso dall’Osservatore Romano, senza citarne la fonte. Il quotidiano della Santa Sede aveva sottolineato l’importanza a questo proposito di una sorta di “catecumenato” o di “ordo penitentium”. E sempre Coccopalmerio confermava che “pur essendo questa una via difficile per la Chiesa latina” era argomento da “studiare”, poiché può “derivare qualcosa di importante”.
Qui sta il punto, che era tuttavia chiaro all’inizio del Sinodo. C’è sicuramente stato un tentativo di condizionarne subito i lavori, per evitare che arrivasse a qualcosa di nuovo. Ma l'idea di un muro contro muro, messa in atto dai rigoristi prima che iniziasse il Sinodo, è stata una trappola nella quale il Sinodo non è caduto. Nessuno ha ridotto il dibattito al tutto o niente, al prendere o lasciare e ad uno scontro. Il metodo seguito è stato invece quello che ha permesso al Concilio di arrivare in porto e cioè quello di ragionare su due concetti-chiave: analogia e gradualità. Sono le categorie teologiche che sono alla base delle scelte di apertura pastorale della seconda relazione del cardinale Peter Erdo. Significa che le decisioni non vengono prese solo sulla base dell’esperienza, ma sono frutto di elaborazione teologica, perché decine e decine di esperienze non fanno mai una teoria.
L’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin lo aveva confermato sabato parlando con i giornalisti: “Il Sinodo non può limitarsi a ripetere quanto è stato detto nel dibattito teologico negli ultimi vent’anni e dunque possiamo aspettarci uno sviluppo della dottrina”. La stessa cosa l’aveva anticipata il cardinale di Monaco di Baviera Reinhard Marx addirittura il primo giorno del Sinodo. Alla sera parlando con un gruppo di giornalisti tedeschi Marx aveva detto che “su tematiche che toccano questioni dottrinali non possiamo fare appello solo all’esperienza, ma dobbiamo procedere con l’elaborazione teologica. Ciò non significa che va cambiata la dottrina, ma la sua narrazione, la sua spiegazione, la sua interpretazione. Esattamente come è avvenuto al Concilio”.
Il fatto che ci sono state opposizioni non deve scandalizzare, perché anche al Concilio ce ne furono e di molto forti. Adesso la svolta è certificata dalla relazione di mezzo del cardinale Erdo. Significa che i padri sinodali si sono posti un problema e stanno cercando di arrivare ad una risposta. Non sarà un percorso breve e se ne discuterà ancora nel Sinodo del prossimo anno. Ma la strada è tracciata. Ed è quella della comprensione e del discernimento di cosa vuole Dio per queste situazioni. E quasi nessuno ha scelto di dire che Dio non ha una soluzione. E lo si è fatto sulla base dell’utilizzo di categorie già sperimentate come esatte e condivise, in quale modo certificate, dal dibattito conciliare.
E la natura del Concilio Vaticano II è stata insieme dogmatica e pastorale.
In pratica gradualità significa che c’è un cammino attraverso cui i credenti cristiani si avvicinano a quello che è l’ideale della famiglia cristiana e del matrimonio cristiano nella presentazione del Magistero della Chiesa. Mentre la categoria dell’analogia serve per spiegare, come ha fatto il Concilio, che la Chiesa sussiste in pienezza nella Chiesa cattolica, ma che ci sono pure degli elementi preziosi e importanti per la santificazione anche al di fuori della Chiesa cattolica. Così, per analogia, si può ragionare sul fatto che c’è una visione piena, ideale del matrimonio e della famiglia cristiana, ma ci sono elementi assolutamente validi e importanti, anche di santificazione in altri tipi di unione.