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sabato 26 aprile 2025
 
medio oriente
 

Un’inchiesta rivela pestaggi e torture sui palestinesi detenuti in Israele

06/08/2024  "Quando siamo scesi dall'autobus, un soldato ci ha detto: Benvenuti all’inferno": è una delle testimonianze contenute nel report dell'ong B’Tselem, che ha intervistato ex detenuti palestinesi e racconta di come la situazione sia molto peggiorata nel trattamento dei detenuti dopo gli attacchi del 7 ottobre. E tra loro ci sono anche minori.

Emblematico: “Welcome to Hell”, benvenuti all’inferno. È questo il titolo scelto per il report dall'ong B’Tselem, che ha parlato con 55 persone detenute dopo lo scorso 7 ottobre, nella quasi totalità dei casi senza accuse e senza processo, nelle carceri israeliane. Strutture definite «campi di tortura», per via degli abusi subiti in modo sistematico dai prigionieri palestinesi. «Dopo il 7 ottobre 2023, [...] l'amministrazione carceraria ci ha punito collettivamente su base regolare. La prima cosa che hanno fatto è stata aumentare il numero di prigionieri in ogni cella: da sei a 14. Ciò ha comportato una privacy ridotta e un'attesa molto più lunga per usare il bagno. Inoltre, i nuovi detenuti che arrivavano in cella dovevano dormire sul pavimento, perché c'erano solo tre letti a castello!, testimonia S.B., che prima di essere arrestato senza accuse e detenuto senza processo per mesi abitava a Gerusalemme Est.

L’ong B’Tselem arriva a conclusioni che non sono così sorprendenti, dato che già negli scorsi mesi erano state pubblicate inchieste sulle condizioni dei detenuti palestinesi in alcune carceri israeliane: forniscono comunque nuovi dettagli e mostrano la sistematicità degli abusi. Una di queste è stato condotta dal Washington Post: il rapporto, basato su resoconti di testimoni oculari e prove mediche, descrive le strazianti morti di diversi detenuti, tra cui uno che ha subito la rottura della milza e delle costole dopo essere stato picchiato dalle guardie carcerarie israeliane. Ma è la stessa associazione Medici per i diritti umani Israele (PHRI) ad aver documentato la morte di 13 prigionieri palestinesi della Cisgiordania - territori palestinesi occupati da Israele nel 1948 -, dal 7 ottobre. In totale il numero di vittime tra i prigionieri resta imprecisato. Le autopsie, a cui hanno partecipato i medici del PHRI e che sono state condivise con le famiglie, rivelano la morte per stenti e torture, e corroborano le testimonianze oculari di brutalità e della negligenza medica.

A rinforzare le testimonianze raccolte dall’Ong e dall’inchiesta giornalistica è anche un resoconto delle Nazioni Unite che descrive diffusi abusi sui detenuti palestinesi nei centri di detenzione israeliani, tra cui percosse, attacchi con i cani, uso prolungato di posizioni stressanti e aggressioni sessuali. Secondo il documento, da dicembre 2023 a marzo 2024 sono stati rilasciati poco più di 1000 detenuti, ma si stima che più di 4000 uomini, donne e bambini siano stati rastrellati a Gaza dall’inizio dell’attuale conflitto. Israele nega le accuse di abusi, ma il rapporto afferma che anche alcuni dipendenti palestinesi delle Nazioni Unite sono stati arrestati senza indagini o condanne, molti mentre svolgevano attività umanitarie, sottoposti ad abusi e messi sotto pressione per diffamare l’agenzia.

Un quadro rafforzato dai dati pubblicati dell’organizzazione umanitaria HaMoked, che segnale che al 1° di agosto 2024 nelle carceri israeliane c’erano 9.881 detenuti palestinesi, con un sovraffollamento che va dal 200% in su. In alcuni casi, inoltre, i detenuti sono costretti a dormire per terra senza materassi né coperte e con la mancanza di acqua potabile, di luce naturale, le confische degli oggetti personali e le frequenti perquisizioni delle celle. In questi casi i detenuti vengono obbligati a posizionarsi con la faccia contro il muro, la testa abbassata e le mani intrecciate dietro la schiena e a pestaggi. Come conferma, Ashraf al Muhtaseb, un uomo di 53 anni di Hebron, in Cisgiordania, arrestato l’8 ottobre del 2023 e detenuto nelle prigioni di Etzion, Ofer e Negev, uno degli ex detenuti intervistati dall’organizzazione non governativa: «Mi sono accasciato contro il muro. Avevo le costole rotte ed ero ferito alla spalla destra, al pollice e a un altro dito della mano destra. Non sono riuscito a muovermi o a respirare per mezz’ora». «Vivevamo nella paura e nel panico», ha detto invece Khaled Abu ‘Ara, detenuto nella prigione di Negev. 

A fronte della pubblicazione di questa ennesima inchiesta, il Sistema carcerario israeliano ha negato le accuse: «Non siamo a conoscenza delle accuse che avete descritto e, per quanto ne sappiamo, non sono successe cose simili sotto la nostra responsabilità».

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