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domenica 06 ottobre 2024
 
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Unioni civili ed eutanasia, «Rinviare non serve, cattolici fate proposte alternative»

15/01/2016  Nel dibattito sui temi etici, Francesco D'Agostino, giurista e membro della Consulta nazionale di bioetica, boccia il ddl Cirinnà e auspica un cambio di strategia da parte dei parlamentari cattolici: «Non si possono rinviare all’infinito le leggi, bisogna presentare proposte alternative e farle conoscere all’opinione pubblica». E sull’eutanasia: «Si discuta sulla sedazione terminale»

«Sui temi eticamente sensibili, dall’eutanasia alle unioni civili, i cattolici presenti in Parlamento non possono lavorare per il rinvio all’infinito o per l’insabbiamento dei disegni di legge dei laici ma devono presentare una soluzione innovativa, forte e chiara da sottoporre all’opinione pubblica». Nel dibattito infuocato di questi giorni, con i partiti alle prese con il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili e il nodo della stepchild adoption e l’arrivo in Parlamento a marzo, per la prima volta nella storia italiana, di una proposta di legge per la legalizzazione dell'eutanasia, il professore Francesco D’Agostino invita i cattolici a cambiare strategia: meno barricate e più proposte concrete. D’Agostino insegna Filosofia del Diritto all’Università di Tor Vergata e fa parte del Comitato nazionale di bioetica.

Una legge sull’eutanasia e le coppie di fatto sono inevitabili anche in Italia?
«Dobbiamo smetterla di illuderci che i grandi temi etici si possano trattare rinviandoli continuamente alle calende greche. Questo è stato fatto in tante altre occasioni in passato ma non ha favorito una migliore riflessione su queste tematiche né la ricerca di soluzioni condivise».

Tattica sbagliata, quindi.
«Sì, perché è servita e serve soltanto a esacerbare gli animi e alimentare i conflitti tra e dentro i partiti. Questa strategia, dal punto di vista bio giuridico, è pericolosissima. Non a caso in tutto il mondo esistono i comitati nazionali di bioetica per depoliticizzare i temi etici e discutere nel merito dei problemi. Prendiamo la legge sulle unioni civili…».

Le piace il disegno di legge Cirinnà?
«No, è fatto malissimo. Però bisogna anche dire che una proposta alternativa, ponderata e seria non è stata avanzata. Adesso c’è qualche tentativo di proporre un’alternativa che resta abbastanza nebulosa perché frutto d’improvvisazione. Il segretario della Cei, mons. Galantino, ha detto con grande chiarezza che una legge sulle coppie di fatto ci vuole. Per anni abbiamo sempre rifiutato di entrare nel merito della questione come se entrare nel merito fosse una resa alle posizioni laiciste».

La stepchild adoption rischia concretamente di legittimare l’utero in affitto.

«In assenza di una legge fatta bene, ci sono diversi magistrati che già autorizzano la registrazione all’anagrafe dei figli nati all’estero dall’utero in affitto. Di fatto, la maternità surrogata è entrata in Italia per via giudiziaria. Quando si tratta di temi etici abbiamo, da un lato, proposte laiciste a volte anche estremiste, dall’altro, invece di prendere atto che ci sono soluzioni migliori, più sagge ed equilibrate, si fa ogni tentativo di bloccare tout court qualsiasi iniziativa e rinviare, rinviare, rinviare».

A marzo il Parlamento dovrà occuparsi della proposta di legge per legalizzare l’eutanasia.
«Su questo tema è molto chiara all’opinione pubblica qual è la proposta dei radicali, dei libertari e dei laicisti di destra e sinistra. Non è affatto chiaro quale potrebbe essere un autentica e apprezzabile alternativa che, ad esempio, contenga una dichiarazione inequivocabile della legittimità della sospensione di ogni accanimento terapeutico, tema che da anni unisce tutti i cattolici e sul quale non c’è nessuna riserva dottrinale. Sarebbe il caso che i parlamentari cattolici e chi ha a cuore questi temi si compromettesse su un progetto chiaro e fortemente antagonistico a chi chiede di legalizzare tout court l’eutanasia».

 Cosa dovrebbe contenere questo progetto?
«Anzitutto bisognerebbe tranquillizzare i medici sulla liceità etica del rifiuto dell’accanimento terapeutico, cosa che oggi molti medici hanno paura di praticare perché temono azioni giudiziarie nei loro confronti. E poi ci vorrebbe un’altra forte iniziativa da parte dei cattolici per rendere chiaro il valore bioetico della sedazione terminale, che è uno strumento poco conosciuto dall'opinione pubblica ma è capace di risolvere infinite questioni che oggi rozzamente vengono classificate come eutanasia. Il cardinale Martini, saggiamente ed eticamente, negli ultimi giorni della sua vita non chiese l’eutanasia, come qualcuno ha detto falsamente, ma una sedazione. Questo tema è oggetto di un documento del Comitato nazionale di bioetica che sarà approvato prossimamente. Il Cortile dei Gentili del cardinale Ravasi ha emanato da tempo un documento unanime sulla fine della vita umana che non ha niente a che vedere con l’eutanasia e sottolinea l’importanza del no all’accanimento terapeutico come previsto anche dal Catechismo della Chiesa cattolica».

Ci vuole più coraggio da parte dei cattolici?

«Sì. I progressi della medicina sono tali oggi da far sopravvivere per mesi e mesi pazienti in stato vegetativo e per i quali probabilmente sarebbe più opportuno rinunciare ad ogni trattamento farmacologico orientato alla mera sopravvivenza biologica. Però, non essendoci una normativa chiara in tal senso, sono i medici stessi a suggerire l’accanimento terapeutico per paura visto che la sospensione dell’accanimento li espone a possibili ritorsioni legali. C’è bisogno di una nuova legislazione sanitaria che risolva i problemi creati dalla nuova bio-medicina».

La sedazione terminale dovrebbe essere prevista per legge?

«Io la ritengo moralmente lecita, ma attenzione: in un’eventuale legge non può essere indicata nei minimi dettagli magari scrivendo quali farmaci utilizzare e quali no. Bisognerebbe scrivere nella norma che una volta accertato che il paziente non potrà riprendere coscienza, che la morte è questione di giorni e che non c’è più speranza di guarigione, la sedazione in base al giudizio prudente del medico o del comitato etico ospedaliero è eticamente lecita. Bisogna fermarsi, nello scrivere la norma, alla questione del principio sottolineando che questo non ha nulla a che fare con l’eutanasia. Mi rendo conto che siamo su un terreno minato ma ci vuole una proposta alternativa forte e chiara. Prima dell’eutanasia ci sono diverse procedure pienamente etiche, non eutanasiche ma al contempo non di accanimento, che dovrebbero essere insegnate all’università come la medicina palliativa».

Che però è poco praticata negli ospedali.

«Sì, c’è un ritardo immenso da parte dei medici. Eppure una buona medicina palliativa fa crollare la domanda di eutanasia. Certo, è rischiosa e richiede una grande preparazione. Però oggi nessuno obbliga  ad usarla e i medici preferiscono utilizzare i vecchi protocolli terapeutici nei quali la sedazione terminale non è prevista».  

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