Un «supplemento di riflessione» sul disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili il cui esame in senato inizia il 28 gennaio. È quanto chiede il Centro studi Rosario Livatino – il giovane giudice di Canicattì ucciso dalla mafia nel 1990 e di cui è in corso il processo di beatificazione – che martedì ha inviato al presidente del Senato Pietro Grasso e a ciascun senatore l’appello sottoscritto da oltre 500 tra giuristi, magistrati e avvocati contro il disegno di legge Cirinnà.
Nell'appello si esprimono preoccupazione e critiche al ddl e si auspica «un supplemento di riflessione da parte del Senato della Repubblica».
Fra le perplessità sollevate «la sovrapposizione, contenuta nel ddl, del regime matrimoniale a quello delle unioni civili, la cui sostanza fa parlare a pieno titolo di “matrimonio” fra persone dello stesso sesso; il danno per il bambino derivante dall'adozione same sex, con la eliminazione di una delle figure di genitore e la duplicazione dell'altra; la circostanza che si giungerebbe direttamente alla legittimazione dell'utero in affitto».
Il documento, necessariamente sintetico, elenca alcuni punti critici della legge in discussione. Secondo i giuristi, infatti, a) l’ordinamento già riconosce in modo ampio diritti individuali ai componenti di una unione omosessuale. Il ddl in questione, pur denominandosi delle unioni civili, in realtà non fa emergere in modo organico diritti ciò esistenti, ma individua un regime identico a quello del matrimonio. Questa sovrapposizione contrasta con la Costituzione, che tratta in modo specifico la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, distinguendola dalle altre formazioni sociali; b) è iniqua la possibilità - contenuta nel ddl - di adottare da parte della coppia same sex, se pure transitando dalla via della stepchild adoption: in tal modo la crescita di un minore all’interno di una coppia omosessuale viene fatta equivalere a quella in una coppia eterosessuale, e il bambino è privato dal legislatore della varietà delle figure educative derivanti dal sesso diverso dei genitori; c) è inaccettabile, quale alternativa alla stepchild adoption, il cosiddetto “affido rafforzato”, cioè la trasformazione dell’affido in una adozione rispetto alla quale il decorso del tempo può far giungere a una sistemazione definitiva nella “famiglia” di destinazione. Affido e adozione rispondono a logiche differenti, avendo avuto finora entrambi come riferimento l’interesse del minore, variabile a seconda della situazione di partenza: nell’affido è una momentanea difficoltà della famiglia originaria, nell’adozione la stato di abbandono del minore;
d) dall'approvazione del ddl si perviene alla maternità surrogata: se il regime della convivenza è parificato a quello coniugale, dal primo non resterebbe fuori qualcosa che caratterizza il secondo. E se la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha costruito un “diritto” ad avere i figli, come sarebbe ammissibile la via della adozione same sex, diventerebbe ammissibile pure quella della “gestazione per altri”.
L’appello è stato sottoscritto da presidenti o vicepresidenti emeriti della Corte Costituzionale come Riccardo Chieppa, Paolo Maria Napolitano, Paolo Maddalena e Fernando Santosuosso; docenti universitari, civilisti come Paolo Papanti Pelletier e magistrati della Corte di Cassazione, come Mario Cicala, Giacomo Rocchi e Giuseppe Marra, di magistrati ordinari con competenza specifica nel settore dei minori come Simonetta Matone, sostituto procuratore generale a Roma e Maria Cristina Rizzo, procuratore della Repubblica per i minorenni a Lecce, o da poco andati in congedo con immutato prestigio, come Alda Maria Vanoni, già presidente di sezione civile al Tribunale di Milano e Renato Samek Lodovici, già presidente di Corte di assise a Milano, o già componenti del Consiglio Superiore della Magistratura come Antonello Racanelli, Fabio Massimo Gallo e Francesco Mario Agnoli; di magistrati di altre giurisdizioni, come Claudio Zucchelli, presidente di sezione del Consiglio di Stato, e di Salvatore Sfrecola, presidente di sezione della Corte dei Conti; di avvocati con incarichi rappresentativi del mondo forense, come Carlo Testa e Carlo Ioppoli, presidente nazione. dell’Associazione Avvocati familiaristi; di notai provenienti dall’intero territorio nazionale .
In conclusione, il ddl Cirinnà, spiega il Centro Studi, «col pretesto di ampliare il novero dei “diritti”, in realtà l'approvazione del ddl moltiplicherebbe mortificazione e danni, anzitutto alle donne e ai bambini». Per questo l'appello auspica un impegno del Legislatore e delle istituzioni per un rilancio effettivo della famiglia e perché non si proceda oltre nell'approvazione di leggi, come il ddl Cirinnà, ingiuste e incostituzionali.