Una unione civile celebrata a Milano dal sindaco Sala. In alto: un'unione civile celebrata a Torino dal sindaco Appendino.
MILANO E TORINO "CELEBRANO" LE PRIME UNIONI CIVILI Nei Comuni di Milano e Torino le prime unioni civili. E Sindaci in prima linea, per rivendicare una grande “conquista di civiltà”. A Milano segnalando anche la presenza di buona parte della giunta. E del dovuto corredo di mass media, perché “è una conquista di civiltà”.
Si applica una legge, in fondo, né più né meno. Però, quanta retorica…
E quanta approssimazione giuridica, quando il Sindaco Sala dice “è il primo matrimonio che celebro!”. In realtà non si tratta di matrimonio, in nessun caso. Il Paese ha passato mesi a discutere, ma su questo punto tutto era chiaro, all’approvazione della legge sulle unioni civili. E tutti erano d’accordo: questi non sono matrimoni.
Perché manca a queste coppie una delle qualità fondamentali, affermate dalla Carta costituzionale e ribadite a più riprese anche dalla corte Costituzionale.
Il matrimonio in Italia si celebra solo tra un uomo e una donna. Perché sull’unione tra l’uomo e la donna si fonda il patto tra società e famiglia: quello dell’art. 29 e 31, per intenderci. Approssimazione, nelle parole di Sala, anche quando si usa la parola “celebrare”, esplicitamente esclusa nel testo della legge. Dal punto di vista istituzionale, giuridico, le unioni civili si “registrano”, non si celebrano. Che lo dicano gli amici delle coppie in unione civile, che lo dicano le stesse coppie, è comprensibile. Ma che un rappresentante delle istituzioni non sappia – o non voglia – vedere la differenza, è francamente deludente e inappropriato. Sempre se le leggi sono da rispettare, o da ignorare “a corrente alternata”: se ci piacciono si devono rispettare (e quindi no ai sindaci obiettori!), se non ci piacciono, allora si forzano con atti amministrativi o con iniziative pubbliche, per cambiarle.
MA IL MATRIMONIO E' UN'ALTRA COSA
I volti delle coppie che si sono presentate in comune sono sorridenti, e le persone attorno a loro anche. In fondo è uno dei paradossi più drammatici del nostro Paese: i giovani uomini e le giovani donne in Italia si sposano sempre meno, perché vogliono impegnare la propria vita privata sempre meno nella sfera pubblica. A che ci serve questo pezzo di carta, che è il matrimonio?
Invece, per le persone omosessuali l’unione civile è fortemente voluta, appare una conquista. Forse perché si tratta soprattutto di rivendicare la legittimità di una scelta di vita personale anche in tema di orientamento sessuale. Insomma, l’accento è più sulla soggettività di omosessuale che sul progetto familiare. E la famiglia viene usata come strumento per rivendicare il cosiddetto gay pride. Alle persone che sottoscrivono un’unione civile va il rispetto, e l’augurio – perché no - che questo passo sia funzionale al loro progetto di vita, e non come sostegno ad una battaglia ideologica. Ma il matrimonio – e la sua celebrazione – permettetemi di dirlo, rimangono tutta un’altra cosa: anche nella nostra legge. E chi deve far rispettare la legge deve conoscere la differenza.
Francesco Belletti, Direttore Cisf