L'ecumenismo del sangue, il martirio che unisce. Papa Francesco, nell'omelia dei vespri che concludono la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani ricorda i martiri perseguitati per la loro fede. Martiri cristiani ai quali il persecutore non chiede l'appartenenza a una confessione o a un'altra. «Sono perseguitati perché cristiani, questo è l'ecumenismo del sangue», dice Bergoglio. Insieme con lui, nella basilica di San Paolo fuori le mura il metropolita Gennadios, in rappresentanza del patriarca Bartolomeo, il cardinale Kurth Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, Sua Grazia David Moxon, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo
di Canterbury, e tanti altri rappresentanti delle diverse Chiese e
Comunità ecclesiali venuti per pregare insieme.
A tutti il Papa ricorda l'importanza di questi incontri, la necessità di camminare insieme: «L'unità si fa nel cammino», dice, «mai è ferma. L'unità si fa camminando». E poi spiega il brano della Samaritana e sottolinea che Gesù «non ha difficoltà ad incontrare i samaritani giudicati eretici, scismatici, separati dai giudei. Il suo atteggiamento ci dice che il confronto con chi è differente da noi può farci crescere. Gesù, stanco per il viaggio, non esita a chiedere da bere alla donna samaritana. La sua sete, però, va ben oltre quella fisica: essa è anche sete di incontro, desiderio di aprire un dialogo con quella donna, offrendole così la possibilità di un cammino di conversione interiore».
Il modello del dialogo è quello che ci testimonia Gesù: «paziente, rispetta la persona che gli sta davanti, si rivela a lei progressivamente. Il suo esempio incoraggia a cercare un confronto sereno con l’altro. Per capirsi e crescere nella carità e nella verità, occorre fermarsi, accogliersi e ascoltarsi. In tal modo, si comincia già a sperimentare l’unità».
E quando la donna interroga Gesù sul vero luogo dell’adorazione di Dio «Gesù non si schiera a favore del monte o del tempio, ma va all’essenziale abbattendo ogni muro di separazione. Egli rimanda alla verità dell’adorazione: "Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità". Tante controversie tra cristiani, ereditate dal passato, si possono superare mettendo da parte ogni atteggiamento polemico o apologetico e cercando insieme di cogliere in profondità ciò che ci unisce, e cioè la chiamata a partecipare al mistero di amore del Padre rivelato a noi dal Figlio per mezzo dello Spirito Santo. L’unità dei cristiani non sarà il frutto di raffinate discussioni teoriche nelle quali ciascuno tenterà di convincere l’altro della fondatezza delle proprie opinioni. Quando Gesù tornenrà ci troverà ancora a discutere», aggiunge a braccio. Invece, «per giungere alla profondità del mistero di Dio abbiamo bisogno gli uni degli altri, di incontrarci e di confrontarci sotto la guida dello Spirito Santo, che armonizza le diversità e supera i conflitti. Gradualmente, la donna samaritana comprende che Colui che le ha chiesto da bere è in grado di dissetarla. Gesù si presenta a lei come la sorgente da cui scaturisce l’acqua viva che estingue per sempre la sua sete. L’esistenza umana rivela aspirazioni sconfinate: ricerca di verità, sete di amore, di giustizia e di libertà. Sono desideri appagati solo in parte, perché dal profondo del suo essere l’uomo si muove verso un “di più”, un assoluto capace di soddisfare la sua sete in modo definitivo».
Il mistero d’amore «è la ragione più profonda dell’unità che lega tutti i cristiani e che è molto più grande delle divisioni avvenute nel corso della storia. Per questo motivo, nella misura in cui ci avviciniamo con umiltà al Signore Gesù Cristo, ci avviciniamo anche tra di noi».
E poi aggiunge che l'incontro con la samaritana fa di quest'ultima una missionaria. Avendo ricevuto la gioia e il senso della vita corre ad annunciarlo agli altri. «Oggi», è la considerazione del Papa, «esiste una moltitudine di uomini e donne stanchi e assetati, che chiedono a noi cristiani di dare loro da bere. È una richiesta alla quale non ci si può sottrarre. Nella chiamata ad essere evangelizzatori, tutte le Chiese e Comunità ecclesiali trovano un ambito essenziale per una più stretta collaborazione. Per poter svolgere efficacemente tale compito, occorre evitare di chiudersi nei propri particolarismi ed esclusivismi, come pure di imporre uniformità secondo piani meramente umani. Il comune impegno ad annunciare il Vangelo permette di superare ogni forma di proselitismo e la tentazione di competizione. Siamo tutti al servizio dell’unico e medesimo Vangelo!».