Va bene sapere l'inglese, ma perché dire "deadline" per "scadenza" o "graduation day" per "festa dei laureati?". Gli studiosi dell'Accademia della Crusca, attraverso il gruppo Incipit costituito da vari linguisti tra cui il collaboratore di Famiglia Cristiana Claudio Marazzini e la pubblicitaria Annamaria Testa, hanno osservato che "nel sistema universitario italiano è presente una forte disponibilità a impiegare termini ed espressioni provenienti dal mondo economico-aziendale per designare o descrivere momenti della valutazione relativi alla didattica e alla ricerca, o per indicare fasi burocratico-organizzative previste nella vita ordinaria dell’istituzione". I linguisti hanno preparato un elenco che di questi termini con i vari equivalenti italiani perfettamente adeguati, i quali eviterebbero di accentuare quell'immagine aziendalistica dell'università che sembra oggi imperante, ma che in realtà non riscuote consensi incondizionati".
Nell'elenco dei termini inglesi da evitare compaiono: "student (o client) satisfaction" (soddisfazione dello studente o dell'utente), "debriefing" (resoconto), "abstract"o "executive summary" (sintesi), "feedback" per "riscontro", "distance learning" (apprendimento a distanza), "peer review" (revisione tra pari), "public engagement" (impegno pubblico), "valutazione della performance" (valutazione dei risultati). Per non parlare di "analisi on desk" (può essere sostituito facilmente in italiano con "analisi preliminare o analisi a tavolino"), "benchmark" (parametro di riferimento), "benchmarking" (confronto sistematico o analisi comparativa) e "tool" (strumento).
L'Accademia della Crusca "invita a riflettere sul rischio che questa fitta terminologia aziendale anglicizzante venga applicata in maniera forzosa e sia esibita per trasmettere un’immagine pretestuosamente moderna dell’istituzione universitaria, lasciando credere agli utenti e agli operatori professionali che i termini tecnici inglesi siano privi di equivalenti nella lingua italiana, cosa che appare falsa".